Welfare
La partecipazione? Non si misura solo al seggio
«Quella elettorale non è l’unica forma di attivismo civico, c’è molto altro». Parla Giovanni Moro, presidente della Fondazione per la Cittadinanza attiva e consigliere scientifico del Festival della Partecipauzione che fino al 9 luglio sarà a L'Aquila per la sua seconda edizione
di Redazione
«L’Aquila rappresenta il luogo giusto per sperimentare; è da qui che parte un messaggio a tutto il Paese, una chiamata all’Italia per trasformare la protesta in proposta». Con queste parole lo scorso anno il segretario generale di ActionAid Marco De Ponte, salutava le 30mila persone intervenute in occasione della prima edizione del festival della Partecipazione. «Queste giornate hanno rappresentato linfa vitale e danno conferma alla voglia di partecipare delle persone e rafforzano la legittimità del nostro lavoro», aveva chiosato De Ponte. Una linfa che, ActionAid, Cittadinanzattiva e Slow Food Italia (riuniti sotto il cappello dell’alleanza “Italia, Sveglia!”) riaccendono anche quest’anno in occasione della seconda edizione del Festival sempre ospitato nella città del terremoto del 2009. Tutti gli eventi (conferenze, dibattiti, laboratori, workshop, concerti, visite guidate) sono a ingresso libero. All’Aquila l’8 luglio arriva anche la Lunga Marcia nelle Terre del Sisma, il trekking solidale organizzato da Movimento Tellurico, Ape Roma e FederTrek, in collaborazione con la Regione Lazio. Il cammino, lungo dieci giorni ha percorso oltre 200 chilometri, lungo le quattro regioni ferite dal sisma del Centro Italia — Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo — con l’obiettivo di incontrare e dar voce ai protagonisti della ricostruzione, ai progetti e all’impegno di chi si sforza per resistere e ricostruire una nuova prospettiva di vita. Diversi gli scopi dell’iniziativa. Innanzitutto manifestare solidarietà a chi ha avuto la vita sconvolta. In secondo luogo, continuare a tenere accesa l’attenzione sulla ricostruzione. Da Amatrice all’Aquila il Festival riannoda i fili della partecipazione civica, a pochi giorni dal secondo turno dell’ultima tornata elettorale che ha confermato il boom dei tassi di astensione. La chiacchierata con il presidente della Fondazione Fondaca e consigliere scientifico del Festival Giovanni Moro parte da qui.
Sempre meno gente si reca alle urne, non un bel viatico per un Festival intitolato alla partecipazione, non trova?
Lei parla di partecipazione elettorale, ma è solo un aspetto della partecipazione. Ci sono altre forme, che in questo momento godono di maggiore salute e che non devono passare in sordina, solo perché sono mediaticamente meno visibili. Per comprenderla, la realtà va vista nel suo insieme.
Ci può fare qualche esempio?
L’elenco potrebbe essere lungo, oltre alla partecipazione elettorale io potrei aggiungere: partecipazione alla vita dei partiti, partecipazione alle iniziative di democrazia diretta (referendum e leggi di iniziativa popolare), partecipa- zione alle politiche pubbliche attraverso organizzazioni come quelle che hanno promosso il Festival, partecipazione come presenza nei luoghi pubblici per presentare una proposta o rappresentare una protesta, partecipazione alla vita pubblica nella dimensione digitale, partecipazione alle consultazioni pubbliche da parte delle amministrazioni lo- cali. E potrei continuare.
Veniamo al titolo dell’edizione di quest’anno: “Cittadini di serie A”. Da dove nasce questa scelta?
Dal mio punto di vista è un forte richiamo alle diseguaglianze — economi- che, territoriali, ma anche sociali e culturali — che mettono a rischio l’essenza stessa della cittadinanza. Le faccio un esempio concreto: quando manca l’accesso ai servizi sanitari di base, non può esserci cittadinanza. E questo in alcune parti del Paese accade. Essere cittadini di serie A significa anche battersi per- ché siano assicurate a tutti condizioni di uguaglianza. La partecipazione ser- ve anche a questo.
Come avete scritto il programma?
È stato un lungo processo partecipato. Noi abbiamo scritto le Linee Guida, poi sono state una call interna alle organizzazioni, una call esterna e alcune iniziative locali che hanno generato proposte, che a loro volta sono state selezionate e modulate in coerenza con la scaletta del Festival.
Un’ultima domanda. Nella sua analisi sociologica qual è una forma innovativa di partecipazione civile che l’ha maggiormente interessata in questi ultimi anni?
A mio parere uno degli esempi migliori di sussidiarietà nella sua chiave di collaborazione civica allargata è rappresentata dagli empori solidali. In queste realtà Comune, aziende private, associazioni e donatori fanno ognuno la loro parte. Non solo: l’amministrazione pubblica non “cede” a terzi la sua responsabilità, ma al contempo i beneficiari oltre a fruire di beni materiali hanno accesso al sistema delle relazioni e dei servi- zi sociali. Per esempio grazie alle associazioni apprendono nozioni su come gestire il bilancio familiare. Agli utenti stessi poi viene richiesto di partecipa- re alla gestione dell’emporio nelle vesti di volontari. Ben intesto: in tutto questo non girano soldi. A riprova che i sol- di non sono necessariamente la condizione necessaria all’implementazione di interventi sociali efficaci.
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