Welfare
La parola H e la sfida dell’accessibilità
«Il Festival lascia un buon sapore grazie alla presenza sul palco di Paolo Palumbo e Ivan Cottini con quell'idea di inclusione che ha che fare con l’accessibilità di tutto a tutti». Il commento di Elvira Zaccagnino, direttrice edizioni La Meridiana
A pochi giorni dalla fine del Festival di Sanremo, al di là delle polemiche di rito, rimane un buon sapore e un risultato oggettivo. Il Festival, infatti, ha quest’anno consentito in un format televisivo nazional popolare che espressioni artistiche – la musica e la danza – fossero diversamente portate in scena secondo le possibilità fisiche dei protagonisti.
Paolo Palumbo, malato di Sla, ha cantato nel solo modo in cui oggi può farlo e Ivan Cottini, malato di Sclerosi Multipla, ha ballato usando la sedia a rotelle. Sono stati momenti forti, educativi e anche politici. Perché è azione politica dare spazio a ognuno consentendogli di fare e essere la persona che è, in uno spazio che è di tutti e non in uno spazio dedicato. C’è una idea di inclusione che ha che fare con l’accessibilità di tutto a tutti. Un’idea non scontata, almeno nel nostro Paese. Fino ad ora e troppo spesso abbiamo legato l’accessibilità alla fruibilità dei luoghi e degli spazi. C’è, invece, una scommessa e una sfida culturale all’accessibilità, necessaria da agire con costanza e convinzione in questo tempo di paure, restrizioni ma anche di squarci che, quando si aprono, ci dicono che il tempo è maturo per accoglierla e portarla fino in fondo. Anche perché la vera sfida è ineludibile, più che mai obbligatoria. E riguarda il diritto/dovere di cittadinanza di tutti.
Come casa editrice, stiamo provando a fare la nostra parte, con la collana di libri di AccaParlante, una collana che si occuperà di accessibilità non solo fisica, ma anche acecssibilità alla comunicazione, alla conoscenza, alla cultura, al fare e saper fare, alla relazione con la diversità. La collana è naturale evoluzione della rivista "HP-Accaparlante" del Centro Documentazione Handicap di Bologna. Propone approfondimenti di taglio divulgativo ed esperienziale, ed è uno strumento necessario per educatori, operatori sociali e insegnanti, politici. Per chi ha che fare direttamente o indirettamente con la disabilità, ma anche per chi pensa di non averne bisogno. Perché il lavoro culturale da fare è convincerci insieme che la disabilità non riguarda solo una categoria di cittadini, ma è una questione che riguarda tutta la comunità. C’è una intuizione di Claudio Imprudente racchiusa in una espressione che è stata motore di tutto il lavoro del Centro Documentazione handicap ed è bussola per la collana. L’intuizione è che bisogna lavorare sul contesto di fiducia che è quello per cui se tu puoi, di tutto il tuo corpo, muovere solo un dito, chi è vicino e intorno a te ti aiuterà a credere e a fare il possibile perché tu con quel dito possa muovere il mondo. Questo significa lavorare ribaltando totalmente l’idea che ogni diversità che si esplicita in una disabilità renda la persona oggetto e non soggetto di politiche di cittadinanza.
La collana è uscita con tre titoli di lancio: il primo è il racconto/esperienza di un viaggio accessibile. Parte da una domanda: Può una persona disabile andare a Capo Nord? Può, in generale, viaggiare? Certo che può. Anzi: deve. Tuttavia per arrivare ad avere un po’ di autonomia personale, che spinga una persona con una qualche disabilità a desiderare un viaggio e che le consenta di progettarlo, occorre anche un’autonomia di contesto di vita, di educazione, di crescita che permetta l’uscita da casa. Il secondo libro parte dall’idea che la funzione che attribuiamo alla scuola e ai servizi educativi è una cartina al tornasole che evidenzia qual è la nostra idea del rapporto fra gli adulti e i più giovani. Impegnarsi per rendere l’apprendimento il più possibile accessibile a tutti gli studenti è l’aspetto concreto di una visione sociale in cui la scuola si fa realmente inclusiva, capace di offrire percorsi calibrati sulla consapevolezza che l’eterogeneità è il fondamento del gruppo classe. Tutti gli alunni sono diversi e a tutti deve essere possibile arrivare all’espressione delle proprie capacità e potenzialità, di qualunque grado e misura esse siano. E la lezione come cambia in una scuola inclusiva e accessibile?
Il terzo invece è un vero manuale di scrittura semplificata. Perché chi scrive deve adeguare la sua scrittura immaginando che ci siano lettori non in grado di leggere testi complessi ma che hanno lo stesso diritto di altri di leggere e capire. Perché l’acca non è una lettera muta ma quella con maggiori sfumature perché si adatta al linguaggio diverso di ognuno, anche quando non è fatto di suoni.
*Elvira Zaccagnino, direttrice edizioni La Meridiana
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