Narrazioni

La parola dell’anno della comunicazione non ostile? “Netily”

Al Festival della Comunicazione non ostile di Trieste, è stato scelto un neologismo rappresentativo del futuro, che indica la "rete di supporto che si crea oltre la famiglia biologica". Da "Guscìre" a "complessanza", il vocabolario emerso dai tavoli multigenerazionali

di Veronica Rossi

È “netily” la parola del futuro, scelta da circa 400 persone nei 39 tavoli di lavoro multigenerazionali del Festival della comunicazione non ostile a Trieste organizzato da Parole O_Stili (nella foro di apertura la founder e presidente Rosy Russo). Si tratta di un neologismo, che è stato definito come «La famiglia che ti scegli, fatta di amic*, collegh*, vicin* di casa, etc». E ancora: «Rete di supporto che si crea oltre alla famiglia biologica».

Una parola che non può che ricordare la famiglia queer di cui parlava – e che viveva – Michela Murgia. «L’idea della famiglia queer è quella di fondare le sue relazioni sullo Ius Voluntatis, sul diritto della volontà», aveva detto in una delle sue ultime interviste. «Perché la volontà deve contare meno del sangue? Perché se due o tre amiche anziane rimaste sole o vedove, coi figli già andati a vivere altrove, vogliono andare a vivere insieme, condividere le spese, la casa, avere la reversibilità pensionistica, decidere l’una per l’altra se una non può più decidere».

Il neologismo vuole dare un nome a quella che è già una realtà per molte persone: i legami che uniscono non sono più solo quelli biologici. E in futuro sarà sempre più così: la scelta diventa fondamentale, anche nelle relazioni più strette.

La nuova parola del futuro è stata scelta nel corso di un processo durato una mattinata, in cui insegnanti, studenti, personalità delle istituzioni e del giornalismo, manager, Ceo e responsabili della comunicazione di grande aziende si sono riuniti assieme attorno a dei tavoli per discutere di cambiamento, di futuro, di comunità e di speranza. Il tutto, unendo under e over 30, per immaginare insieme il domani. I lavori sono stati facilitati da interventi sul palco, con relatori diversi – da Bernard Dika, giovanissimo portavoce del Presidente della Regione Toscana, al vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, il primo religioso a firmare il manifesto della comunicazione non ostile, passando per Luca Solesin, senior change manager di Ashoka Italia –, tutti accomunati da storie in cui il cambiamento, il futuro e l’ascolto dell’altro hanno avuto ruoli centrali.

Il direttore di VITA Stefano Arduini (ultimo da sx) durante una plenaria del Festival

Ogni partecipante, nel corso della mattinata, ha inventato una nuova parola per descrivere la sua visione del futuro: il risultato ha del poetico e rappresenta bene sogni, desideri, speranze e paure delle diverse generazioni. Tra le quattro parole più votate, tra cui è stata scelta anche la “parola del futuro”, oltre a “netily” c’erano “complessanza”, “frizzurioso” e “guscìre”. La prima indica “un’impresa a elevata complessità, il cui buon esito è però segnale di speranza che aiuta le persone a non mollare”, la seconda “aggettivo qualificativo proprio di persone che hanno un atteggiamento proattivo, costruttivo e al contempo leggero, frizzante e curioso”, mentre la terza “Uscire dal proprio guscio, dalla propria zona di comfort”. Ogni parola, insomma, nasconde un mondo di significati, tutti da scoprire. Altri esempi? “Quistalgia”, “polideare”, “positivaltare”, “genzizzare”. Tutti i neologismi saranno pubblicati da Parole o_stili. E chissà, potrebbero magari entrare in uso, nel futuro.

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