Non profit
La parola / Coca
Nel fiume Po sono stati trovati residui di coca che fanno della pianura padana una terra di fattoni: dal ragioniere al cameriere, dal proletario allattore
di Alter Ego
Sembra quasi di sentirli, i moralizzatori in servizio permanente effettivo. Ecco la verità della moda, ecco il vero volto delle icone della bellezza postmoderna, le filiformi muse che campeggiano su ogni rivista a indicare il nostro grado di civilizzazione. Ecco dove spendono i contratti miliardari le varie Kate Moss, in ?piste? di coca lunghe dieci centimetri, in backstage di rammolliti musicisti e stilisti, che guadagneranno anche milioni di euro al mese, che saranno anche idoli dei teenager, che proporranno anche l?altra faccia del perbenismo dei nostri governi (di centrodestra o di centrosinistra, poco importa) però restano sempre dei drogati, dei tossicodipendenti, dei fattoni che alla fine non sono comandati dalla ragione o dall?impulso sessuale ma dalla chimica di una polvere per cui fanno tutto e il contrario di tutto. Una versione, questa, rafforzata dalle recenti overdose di coca nostrane, dove si scopre che uno dei sex symbol all?amatriciana, mascella volitiva e sguardo da sparviero, in realtà è un fattone di coca che organizza coca party dove, a volte, ci si lascia la vita.
Attenzione, perché il pericolo più grande è non accorgersi che la coca, «metafora di una società in decadenza che necessita di essere superata» (Nietzsche) non riguarda solo categorie a rischio e determinati settori. Basta andare a vedere le analisi del Po per capire che la coca è ormai l?unico fenomeno trasversale, credo nazionale condiviso. Tutti uniti nel nome della coca, il vero oppio dei popoli che ci riscatterà dalle fatiche terrene. Almeno finché il portafoglio regge.
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