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La parola Benedetto

Dietro al nome scelto da Ratzinger si nasconde la vera identità di un personaggio abituato a dire-bene soprattutto dietro le quinte

di Alter Ego

Benedetto, cioè bene-detto. Il nome scelto da Ratzinger per il pontificato s?addice a quest?uomo dal profilo rigoroso che quando parla ama sempre dire-bene. E dire bene non significa dire cose condivise, ma dire cose che siano chiare a tutti, che non si prestino a troppe interpretazioni. Disse bene, il suo predecessore Benedetto XV quando definì la guerra «Un?inutile strage». Ratzinger, che lo si ami o no, ha questo di peculiare: è chiaro nei suoi pensieri. Non lascia il posto agli effetti speciali della retorica. Si preoccupa di dire bene quel che pensa e di far sì che questo dire bene costringa tutti a dar chiarezza alle proprie ragioni. Benedetto XVI sarà un realista. Per lui dire bene è già un fare bene. Ai piedi della statua del suo predecessore, vissuto all?inizio del secolo scorso, una statua che i turchi gli eressero a Istanbul (altro che guerre di civiltà?), sta scritto: «Benefattore dei popoli senza distinzione di nazionalità, re o religione». Bella scommessa questa di radicare il bene nel bene-dire: dove il bene non è categoria morale, ma è una categoria della ragione.
Comincia una nuova stagione. Ci saranno meno applausi, meno folle. Benedetto non sarà un Papa che dirà bene sulle piazze, ma starà attento a dire bene soprattutto dietro le quinte. Vorrà mettere a posto la macchina un po? ingrippata della Chiesa: quella che trionfa sui media e che implode invece sotto le navate. Forse aggiusterà anche le insopportabili prediche della domenica.
Imparare a dire bene quelle quattro parole è una fortuna benedetta per tutti.

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