Mondo

La pace? Una storia diversa

Riscrivere i libri delle scuole arabe e israeliane liberandoli da pregiudizi e propaganda. Ci provano una prof ebrea e un collega palestinese e 200 studenti. Un esperimento utile a tutti?

di Paolo Giovannelli

Raccontateci pure le vostre storie. Ma, sappiate, che non le berremo fino in fondo. Peseremo ciò che scriverete e, soprattutto, i vostri silenzi; le vostre omissioni. E non riuscirete a convincerci che siamo nemici.

Questo è il messaggio che circa 200 giovani israeliani e palestinesi, inseriti nel progetto di ricerca comparata e revisione dei testi scolastici di storia e di educazione civica, promosso dalle facoltà di pedagogia di Gerusalemme e Betlemme, (intitolato ?Imparare a vivere insieme? e sponsorizzato in Italia dal comitato nazionale dell?Unicef), lanciano un appello ai propri governanti. «Tradizionalmente», scrivono gli ideatori dell?iniziativa «l?istruzione in Medio Oriente è stata usata come strumento di propaganda di precise prospettive ideologiche, religiose e nazionaliste che, negli anni, hanno alimentato l?odio e la diffidenza fra i due popoli». I 200 studenti di ?Imparare a vivere insieme? (il programma prenderà il via il prossimo settembre e durerà quattro anni) frequentano la scuola secondaria. Di diversa estrazione sociale, hanno un?età compresa fra i 12 e i 15 anni.

Ai docenti universitari, coordinatori del progetto, spetta l?analisi dei programmi scolastici e della qualità dei libri di testo, di storia e di educazione civica, adottati nelle scuole israeliane e palestinesi. L?obbiettivo, come spiegano i professori Ruth Firer (israeliana) e Sami Adwan (palestinese) nell?intervista che segue, è di esaltare negli studi i valori liberali e di fornire delle raccomandazioni ai rispettivi governi per cambiare sia i materiali educativi che i manuali, al fine di favorire una coesistenza pacifica fra palestinesi ed israeliani fondata sulla reciproca conoscenza e comprensione.
Pertanto, non più promossi e ?bocciati? fra gli studenti, bensì tra i libri di storia nazionale e mondiale e di educazione civica adottati, negli ultimi cinque anni, nelle scuole israeliane e palestinesi.

Professoressa Firer, i giovani israeliani e palestinesi hanno oggi una loro identità. Che, fra l?altro, li vuole nemici. Come azzerare tutto questo?
«Non vogliamo certo cancellare l?identità nazionale di palestinesi e israeliani. Ognuno di noi ha il bisogno di appartenere, perché questo è il nostro orgoglio e, inoltre, il senso nazionale è molto radicato nella nostra terra. Il nostro obbiettivo è duplice: rafforzare il senso nazionale e sviluppare la tolleranza, la capacità dei giovani di provare simpatia e stima reciproca. Il concetto di pluralismo che insegniamo ai nostri allievi è basato sulla diversità dei gruppi. Da sempre».

Professor Adwan, il negoziato israeliano-palestinese è praticamente bloccato da circa tre mesi. Come reagiscono i suoi studenti?
«Reagirono molto positivamente agli accordi di pace, felici di vedere come il processo di pace stava maturando. Purtroppo, dopo gli ultimi incidenti, è vero che si stanno scoraggiando».

Professoressa Firer, i racconti di passate o recenti violenze non aiutano quel percorso culturale di pace che voi vorreste indicare ai giovani. Alimentano invece l?odio, nel tempo: molte le motivazioni per dividersi, poche quelle per stare insieme…
«Tutti noi amiamo il Mediterraneo, il mare nostrum, come i vostri antenati latini lo chiamavano. Il Mediterraneo è lo spazio naturale di cristiani, musulmani ed ebrei. Siamo tutti figli e figlie di Abramo, con il compito di fare delle rive del Mediterraneo delle sponde di pace. Nell?evidenziare le nostre radici culturali comuni, la famiglia può giocare un ruolo sicuramente decisivo. I nostri bambini e giovani imparano, direi naturalmente, ad amare la patria: allo stesso modo devono imparare che anche ?l?altra parte? ama la propria patria. Per meglio trasmettere queste idee, il professor Adwan ed io siamo venuti in Italia dopo aver tanto udito sul lavoro svolto dalla sezione italiana dell?Unicef, che riteniamo essere fra i gruppi Unicef più attivi del Mediterraneo e sull?attività del pacifismo italiano. Vogliamo infatti apprendere tutto ciò che voi italiani avete elaborato sulla cultura della pace».

Professor Adwan, si può riscrivere la Storia?
«Il nostro obbiettivo non è quello di riscrivere la Storia, ma di comparare le varie storie e insegnare ai giovani a comprenderle. Quindi, giusto per iniziare, vorrei immaginare che non esista una sola storia, bensì tante storie per quanti sono i popoli. Avremmo così superato l?ingiustizia di una sola ?storia giusta?. Per costruire una concezione della storia del proprio popolo, la più realistica possibile, occorre che i giovani maturino anche la consapevolezza dei propri limiti, nel rispetto degli altri e dell?ambiente. Per guardare al futuro nel modo più positivo possibile. Per capire che i veri obbiettivi sono il cibo, l?acqua, la tutela della salute e l?istruzione per quanti possibile, specie per i bambini e, appunto, un?ambiente più vivibile».

Professoressa Firer, avete contatti con altre esperienze analoghe alla vostra?
«Sì. E aumenteranno. Speriamo di poter presto incontrare i nostri colleghi che lavorano a Cipro nel tentativo di riconciliare turchi e greci. So anche di esperienze-pilota in Francia, Giappone, Stati Uniti. Alcuni miei colleghi, nel Maryland, comparano testi statunitensi e giapponesi che forniscono opposte visioni della storia».

I due docenti

Ruth Firer insegna alla Scuola di pedagogia di Gerusalemme. Ricercatrice universitaria all?Istituto per la promozione della pace ?Harry S. Truman? e co-presidente del progetto ?Imparare a vivere insieme?, è inoltre esperta di socializzazione politica.

Sami Adwan è assistente alla cattedra di pedagogia dell?università di Betlemme e co-presidente del progetto ?Imparare a vivere insieme?. Collabora con il Centro palestinese per l?avanzamento della pace ed è membro della Commissione nazionale palestinese per l?istruzione.

L?opinione

Per lungo tempo, anche noi italiani abbiamo avuto un?immagine distorta dell?Austria-Ungheria, poi riprodotta nei manuali di storia. Operazioni culturali ?di riconciliazione?, come questa immaginata dai docenti israeliani e palestinesi, sono senz?altro utili: l?educazione alla pace non si può costruire sulle bugie o sulle grossolanità così come, del resto, ogni analisi storica. Nel caso specifico, bisognerebbe leggere i libri di testo di storia e di educazione civica adottati nelle scuole medie palestinesi ed israeliane, partendo dalla consapevolezza di fondo che, comunque, sarà sempre il Paese con il più alto tasso di democrazia ad attuare la minore manipolazione degli eventi storici.

di Ernesto Galli della Loggia
docente di Storia dei partiti e dei movimenti politici,
Università di Perugia

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