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La pace modello Casablanca
Un paese musulmano, terra di accoglienza per gli ebrei...
di Redazione

Nel centro della città ci sono la moschea Hassan II, la più grande del Marocco, la cattedrale di Notre Dame e la seconda sinagoga più grande del mondo. La città è un simbolo
di come si possa convivere in pace,
aprendo le porte di casa agli “altri”di Imane Barmaki
Non è vero che musulmani ed ebrei non possono vivere in pace. A mio parere non è vero che ciò che accade in Medio Oriente sia una guerra di religione. Posso permettermi di esprimermi in questi termini perché sono nata in un Paese in cui la convivenza secolare ha prevenuto potenziali atti di tensione e di scontro, soprattutto dopo la nascita dello Stato d’Israele nel 1948. Quell’anno i marocchini, come le popolazioni di tutti i Paesi islamici, non hanno visto con favore l’evento e le comunità ebraiche sparse per il mondo arabo e musulmano hanno vissuto momenti molto duri. Non pochi hanno abbandonato le loro case e sono emigrati verso Israele.
Il numero degli ebrei in quegli anni si è ridotto significativamente in tutto il Nord Africa, ma la comunità ebraica marocchina è rimasta quella più numerosa. In nessuna parte del Medio Oriente si è mai registrato un pacifico rapporto tra musulmani ed ebrei come in Marocco.
Malgrado tutte le tensioni, i marocchini, compresa la Casa Reale, in quei tempi hanno mostrato un forte rispetto per la comunità ebraica. Il motivo è semplice: gli ebrei marocchini erano considerati per prima cosa dei cittadini del Marocco. La cittadinanza veniva prima della confessione di appartenenza.
Il Marocco è stato anche terra d’accoglienza per migliaia di ebrei europei in fuga durante la guerra mondiale. Quando nella Francia di Vichy furono aperti “campi di transito”, il re Mohammed V non consentì che neppure un ebreo fosse deportato. Quando i francesi vollero imporre la stella gialla, lui disse di prepararne qualcuna in più, per sé e per la famiglia reale, bloccando l’iniziativa.
Il momento più duro degli ultimi anni per i marocchini di religione ebraica è stato il 2003. Il 16 maggio, a Casablanca, 14 attentatori suicidi si fecero esplodere colpendo cinque obiettivi, per lo più siti ebraici. Le esplosioni, che causarono la morte di 45 persone, avvennero al consolato belga e al vicino ristorante ebraico (forse il vero obiettivo), al circolo dell’Alleanza israelita, all’hotel Farah Maghreb e al centro culturale spagnolo. Già nel 1994 alcuni criminali avevano progettato un attentato contro la sinagoga di Casablanca, ma all’ultimo momento l’attacco era fallito per il ripensamento di un attentatore.
Malgrado tutto, Casablanca resta un simbolo di come si possa convivere in pace, aprendo le porte di casa agli “altri”, senza permettere a coloro che diffondono la cultura dell’odio di averla vinta. Nel centro della città, ci sono la moschea Hassan II, la più grande del Marocco, la cattedrale di Notre Dame e la seconda sinagoga più grande del mondo.
Dalla Mauritania all’Asia centrale, in nessun altro Paese musulmano troverete una persona di confessione ebraica che ricopra una carica governativa importante. In Marocco sì. André Azoulay, consigliere speciale del re del Marocco, è l’unico ebreo ad avere una carica simile nel mondo musulmano. Azoulay si è sempre attivato in nome della coesistenza e del dialogo tra arabi ed ebrei: ha fondato l’organizzazione Identità e dialogo il cui scopo è quello di preservare l’identità culturale degli ebrei del Nord Africa e di favorire un costante dialogo tra ebrei e arabi. Presiede il Centro internazionale per la pace in Medio Oriente ed è membro della Fondazione delle tre culture e religioni.
Ovviamente i problemi legati alla convivenza tra marocchini di fede diversa ci sono e sono anche tanti. L’importante è opporsi al concetto di scontro di civiltà e ricordare alle generazioni future la millenaria convivenza tra musulmani e ebrei. Che la storia ci sia d’aiuto.
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