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La pace in marcia?

Daniele Farina è il portavoce del centro sociale milanese Leoncavallo. L’11 settembre ha rotto il fronte esprimendo solidarietà agli Usa. E ora annuncia: «Saremo alla Marcia della pace.»

di Ettore Colombo

Daniele Farina ha l?aria un po? stanca e la giornata non è ancora cominciata. Lo intervistiamo all?ingresso del nascente Milano Social Forum e lo ?storico? portavoce del Leoncavallo e neo consigliere comunale di Rifondazione comunista già sa che cosa lo aspetta: una lunga giornata di discussioni, confronto, votazioni, tensioni all?interno del movimento no global. Farina già a qualche giornale ha anticipato la novità che gli attentati negli Usa comportano per tutti, anche per il movimento che, ha detto, «ha bisogno di un ripensamento e che deve fare i conti con questa tragedia. Bisogna manifestare contro il terrorismo come contro i venti di guerra che spirano». A Farina (che oggi in molti individuano come uno dei nuovi possibili portavoce delle ?tute bianche? ) abbiamo chiesto un surplus di riflessione sul tema. In previsione di alcuni appuntamenti importanti e ora tutti molto difficili: dal vertice Nato a quello Fao passando per la Perugia-Assisi.
Vita: Farina, che cosa hai provato (tu personalmente, intendo) di fronte agli attentati negli Usa? E che cosa credi che dovrebbe fare il movimento no global, oggi, di fronte a questa tragedia?
Farina: Cosa vuoi che abbia provato in quei momenti? Incredulità, sgomento e immediato timore di una escalation rapida e possibile, non certo futuribile, come le notizie di queste ore ci dicono. Collettivamente, invece, ti rispondono che mai come in questo momento bisogna rafforzare l?idea e la speranza che, davvero, «un altro mondo è possibile». Con un però: che bisogna saper dare una risposta maggiore e diversa da quella data fino ad oggi, incamminandoci su un percorso diverso dal passato e lontano dalla follia di tutti gli integralismi e di tutti i nazionalismi. Invece di rispondere con le logiche di potenza, bisognerebbe scavare nelle cause e nei meccanismi strutturali che hanno condotto i popoli della Terra in questa spirale di violenza all?interno della quale nessuno di noi (popoli, governi e cittadini, intendo) è innocente. Io credo che bisognerà tornare in piazza, anche se oggi è molto difficile manifestare la propria contrarietà a dei patti militari che la gente comune percepisce come una necessità difensiva di fronte a minacce così terribili e imprevedibili, ma invece è sempre più importante cercare di far capire che le risorse crescenti destinate al settore bellico sono tra le cause principali di una sofferenza generalizzata dei popoli e dei Paesi della terra.
Vita: E dunque, quali scenari si aprono, per il movimento, e quali secondo te le prossime tappe?
Farina: Il movimento, che ha fatto la sua comparsa a Genova, deve proseguire per la sua strada, avendo la capacità di rallentare il passo, fermarsi e riflettere, quando serve come ora. L?importante è capire che non bisogna inseguire una cronaca che diventa storia più velocemente di qualsiasi iniziativa si voglia prendere. L?appuntamento previsto per il 9 e 10 novembre a Roma, in concomitanza con il vertice Fao, è fondamentale. Poi c?è un altro aspetto delle nostre mobilitazioni, quello che ci vedrà in piazza il 26 e 27 settembre a Napoli, in concomitanza con la riunione della Nato, ma l?importante, in questo caso, è far capire (con le forme che decideremo insieme) che le spese militari sono un?offesa sproporzionata rispetto alle risorse e ai risultati ottenuti dalle nazioni nella lotta alla fame. Ecco perché, come movimento, andremo anche alla Marcia per la pace, alla Perugia-Assisi, con le nostre modalità di espressione e di manifestazione. Il che non vuol dire con caschi, scudi e altri strumenti di protezione, ma vuol dire con le nostre specificità e caratteristiche, senza voler imporre niente a nessuno, naturalmente. Però credo che anche chi organizza quella marcia deve capire e riflettere sul fatto che le forme di lotta per la pace e a favore di un nuovo modello di sviluppo non possono restare fisse e immutabili nel tempo. Tutti possono e debbono cambiare prospettiva: questo movimento chiede un confronto reciproco (storico, politico e ideale) con le forze che si raccolgono nel cosiddetto Tavolo della pace. Spero che queste forze raccolgano la nostra richiesta.
Vita: Il movimento e le ragioni di chi è sceso in piazza a Genova rischiano oggi di finire oscurate?
Farina: Genova ha cambiato molto, in tanti, rispetto al percorso che avevamo seguito sin lì e tutto il movimento è diverso da come era prima di Genova. La tragedia negli Usa e i venti di guerra che si preparano lo stanno cambiando ulteriormente. Noi saremo in piazza contro il terrorismo così come lo siamo stati quando gli Usa attaccarono l?Iraq e lo saremo se faranno una nuova guerra. Perché siamo contro tutte le guerre condotte da qualunque Stato. Siamo contro la guerra in se stessa.

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