Tre anni di guerra
La pace giusta di Tatyana, la pacificatrice
A tre anni dallo scoppio del conflitto abbiamo incontrato Tetyana Shyshnyak, ucraina di Donetsk riparata a Benevento, dove è coordinatrice e mediatrice culturale del movimento Mean e presidente dell’associazione «OrbiSophia». Il giorno dopo l'invasione russa andò in piazza col vestito da sposa della bisnonna. E dice: «In questi tre anni non ho mai smesso di contribuire, in qualsiasi modo, per aiutare la mia terra sofferente»
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Nel terzo anniversario dell’attacco della Russia all’Ucraina indipendente si susseguono le dichiarazioni quotidiane e contraddittorie da parte di tre figure della scena politica: Trump, Zelensky e Putin.
Lo scambio di posizioni negoziali tra le delegazioni russa e statunitense ha dato agli osservatori la possibilità di costruire una realtà futura quasi in tempo reale. E in effetti tutte le parti coinvolte nel processo negoziale fanno sperare che il conflitto, almeno nella sua fase calda, cessi nel prossimo futuro.
Uno degli errori principali, a mio avviso, è che gli osservatori attribuiscono ai personaggi politici le proprie idee su di loro. Ad esempio, tutti paragonano Zelensky e Trump, Trump e Putin, loro stessi danno adito a questi paragoni e la parola dittatore viene spesso rilanciata dai media. Ma chi ha di fatto compiuto azioni che hanno portato ad una dittatura? Zelensky? Trump? Ovviamente no.
Solo Putin
Solo Putin. Parlando con il mio amico, il filosofo ucraino Alexander Filonenko, abbiamo scoperto che, nonostante le somiglianze tra i tre, Putin presenta una differenza importante: è estremamente cinico. E questo cinismo è facilmente traducibile dai media perché spesso essi, invece di dare un quadro dei fatti, tendono a interpretarli in modo cinico: i fatti restano, ma l’angolo da cui li si guarda cambia.
Credo che in questi tempi drammatici valga la pena di rivolgersi ad attori e testimoni reali per comprendere meglio gli eventi.
Quell’inizio di tre anni fa
Per tornare all’inizio di questa tragedia, al 24 febbraio 2022, abbiamo chiesto a Tetyana Shyshnyak, coordinatrice e mediatrice culturale del movimento Mean e presidente dell’associazione «OrbiSophia», di raccontarci le sue emozioni e l’esperienza umana positiva nata in risposta alla distruzione e alla morte portate da questa guerra.
Tetyana racconta: «Non dimenticherò mai la mattina del 24 febbraio 2022. Quasi all’alba, mio fratello e una mia amica mi hanno inviato un messaggio: “È successo!” (Sluchilos!). Ho capito subito. Noi di Donetsk fin dal 2014 avevamo imparato a conoscere la forza distruttiva del “Russkij Mir” (il mondo russo). Quasi tutti i membri della mia famiglia sono profughi. Ma non dal 2022, bensì dal 2014!»
Prosegue Tatyana: «Quella mattina, il 24 febbraio, il mio cuore è quasi esploso e ho capito il gravissimo errore che avevo commesso io stessa: il silenzio. Sono stata in silenzio dal 2014 fino al 24 febbraio 2022, nella mia amata città italiana, Benevento, dove vivo da ormai 20 anni. Non avrei dovuto tacere, nonostante nel 2014 nessuno mi credesse e gli orribili fatti accaduti nel Donbass venissero coperti da un agghiacciante silenzio mediatico. Questo vuoto attorno a me, questa totale indifferenza da parte di chi mi circondava, mi hanno ferito profondamente. Sono una cantante, e mi sono aggrappata all’arte, fondando l’associazione culturale “OrbiSophia”, che promuove le antiche preghiere del VII secolo del Sud Italia come messaggi di pace e costruzione di ponti tra i popoli».
In piazza con l’abito da sposa della bisnonna
Sempre su quel 24 febbraio, il suo racconto prosegue: «Lo stesso giorno ho chiesto ed ottenuto tutte le autorizzazioni per poter scendere in piazza a manifestare il giorno dopo», rammenta, «ho indossato l’abito nuziale ucraino “Vyshyvanka” della mia bisnonna Ulyanna per unirmi agli altri ucraini e ai cittadini di Benevento in un unico grido di dolore. Quella giornata segnò la fine del mio silenzio. Ho capito che non dovevo aspettare una “voce più grande” che reclamasse giustizia e verità. La mia voce, anche se piccola e insignificante, poteva dare il suo contributo nella lotta contro l’aggressione e la violenza di un paese assassino che fino a quel momento avevo considerato fraterno».
Ricorda Tatyana che «in questi tre anni non ho mai smesso di contribuire, in qualsiasi modo, per aiutare la mia terra sofferente. Ma spesso mi è sembrato di non fare abbastanza, che ci fosse bisogno di più, e mi sentivo poco utile per l’Ucraina mentre vivevo in una Benevento serena e bellissim».
Le chiediamo di raccontarci delle iniziative di pace di Mean e degli amici italiani che sono già state realizzate in Ucraina. E di quale sia stato il feedback dell’Ucraina su queste iniziative.
«Nella primavera del 2022, ho conosciuto il movimento Mean. Le parole dei portavoce, di Sclavi riguardo alla nascita di un’Europa più attiva e forte, e di Moretti, che ci esortava a portare i nostri corpi nel cuore della terra massacrata, mi hanno fatto sentire finalmente non più sola nella mia piccola lotta, ma parte di una grande famiglia».
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La forza pacifica del Mean
In tre anni, grazie a un eccezionale lavoro di squadra da parte di persone come Angelo Moretti, Marianella Sclavi, Riccardo Bonacina, Marco Bentivogli, Paolo Bergamaschi, Anna Barbara e molti altri attivisti, il Mean ha realizzato importanti progetti di sostegno all’Ucraina, come aiuti umanitari, la riabilitazione di famiglie in Italia (centinaia di famiglie ucraine sono state ospitate in Italia per un mese), e la creazione di un Peace Village, realizzato dall’architetto Mario Cucinella, come punto di resilienza a Brovary, vicino a Kiev. Lì, ormai, decine di bambini e adulti si rifugiano nei mesi invernali, quando mancano luce e riscaldamento.
«Abbiamo portato centinaia di fratelli italiani nel cuore dell’Ucraina e costruito una forte rete di amicizia con la società civile ucraina, come “Act4ua”, “Free Spirit of Ukraine” e il “Congress of Self-Government of Ukraine”. Grazie al sostegno del Nunzio Apostolico, Visvaldas Kubolkas, oltre ad altri progetti umanitari, sono state celebrate due preghiere universali in piazza Santa Sofia a Kiev, coinvolgendo le diverse confessioni religiose presenti in Ucraina, decine di italiani in presenza a Kiev e centinaia di cittadini nelle piazze europee, che hanno partecipato da remoto».
Corpi civili di pace e appuntamento a Kharkiv
«Oggi il Mean», rammenta, «è promotore di due iniziative importanti non solo per i fratelli ucraini, ma per tutti gli europei: chiedere al Parlamento di istituire al più presto un Corpo Civile di Pace per l’interposizione in Ucraina e organizzare una grande manifestazione europea civile, artistica e religiosa a Kharkiv, il 28 agosto 2025».
Come vediamo nel racconto di Tetyana Shyshnyak, l’umanità è in grado di superare la tempesta delle costruzioni ideologiche sugli eventi e di attenersi ai fatti che noi, persone moderne, tendiamo a dimenticare, sia per stanchezza che per il continuo susseguirsi di informazioni.
Pace allora e pace oggi
A volte siamo così esausti che, come ha osservato acutamente il noto musicista russo Vasya Oblomov, cadiamo in un paradosso ideologico: «Se nel febbraio 2022 dicevi ‘Fermate la guerra, sedetevi a negoziare’, significava che eri contro Putin. Se nel febbraio 2025 dici ‘Fermate la guerra, sedetevi a negoziare’, sembra che tu sia a favore di Putin». Se al centro delle reazioni di una persona c’è solo una costruzione ideologica, allora non c’è più alcuna posizione umana. Ovviamente, è fondamentale fermare il prima possibile la distruzione e la morte portate dalla guerra in Ucraina, ma non bisogna dimenticare il prezzo che il popolo ucraino ha pagato per questo atto di aggressione da parte della Russia.
L’ultima domanda a Tetyana Shyshnyak, prima da accomiatarci, è la più delicata: «Quale sarebbe, per te, la pace giusta in Ucraina?», le chiediamo.
«La mia risposta è molto semplice: cessate il fuoco, ritiro delle forze nemiche da tutti i territori occupati, ritorno dell’Ucraina nei suoi confini pre-2014 e condanna dell’aggressore per tutti i crimini contro l’umanità commessi sulla mia terra».
Nella foto di apertura, dell’Ufficio stampa Mean, Tetyana Shyshnyak in una delle missioni Mean. Alla sua destra anche Riccardo Bonacina e Angelo Moretti.
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