Meeting di Rimini 2024

La pace? Bisogna “metterci i corpi”. Oppure sarà escalation

Se vuoi la pace prepara la pace, diceva don Primo Mazzolari. Ma la pace non si fa con la cultura del disimpegno e della delega. Al Meeting di Rimini il Mean esorta alla mobilitazione

di Gabriella Debora Giorgione

Cosa si può fare per costruire la pace? «Sostenere la società civile in Ucraina, rafforzarla. E poi spiegare cosa è pace. Di fronte alle emergenze le istituzioni hanno capacità limitate, ma le persone sono più in grado di reagire in modo adeguato, rispetto alle istituzioni. Le persone non rimangono intrappolate nelle procedure, nelle regole»: lo ha detto il Nunzio apostolico a Kiev, Visvaldas Kulbokas, in collegamento da Kiev al Meeting di Rimini durante il panel “Se vuoi la pace, prepara la pace”, presenti anche Oleksandra Matvijcuk, avvocata ucraina e premio Nobel per la Pace 2022, Angelo Moretti, portavoce del Movimento europeo di azione nonviolenta-Mean (nella foto di apertura), Lali Liparteliani e Anastasia Zolotova, direttrici della Ong ucraina “Emmaus” moderati da Giuseppe Frangi, giornalista di VITA.

foto Meeting di Rimini

Democrazia e diritti umani

In Ucraina sta avvenendo uno scontro tra due sistemi: il totalitarismo e la democrazia: «La Russia vuole dimostrare che la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto sono valori vuoti e che la forza militare può imporre le proprie regole al mondo intero», ha affermato in collegamento video Matvijcuk sottolineando come l’Ucraina stia lottando non solo per la propria libertà, ma per prevenire ulteriori aggressioni da parte di regimi autoritari in altre parti del mondo. La premio Nobel ha parlato delle atrocità commesse dalle forze russe nei territori occupati, inclusi crimini di guerra e la distruzione sistematica della cultura e dell’identità ucraina. «Se smettiamo di resistere, non esisteremo più», ha dichiarato stentorea Oleksandra Matvijcuk.

La resilienza e la cura

Lali Liparteliani, co-fondatrice della Ong ucraina “Emmaus”, ha condiviso la sua esperienza personale di fuga dalla guerra con i suoi figli, descrivendo il dolore e la perdita che accompagnano la condizione di profughi: «L’esperienza di essere profughi è un dolore costante, un allontanamento da tutto ciò che si conosce e si ama», ha detto. Le ha fatto eco la collega Anastasia Zolotova, che ha descritto l’impatto devastante della guerra sulla sua città e soprattutto sui ragazzi con disabilità che la sua organizzazione assiste.

Lali Liparteliani e Anastasia Zolotova durante il dibattito | foto Meeting di Rimini

Metterci in cammino per evitare l’escalation

«L’ultima missione del Mean può essere considerata l’ennesimo atto di uno splendido fallimento», ha esordito Angelo Moretti nel suo lungo intervento (che qui sintetizziamo, ma che potete rivedere qui), in verità sbalordendo un po’ tutti con questa frase.
Moretti sostiene che con l’aggressione all’Ucraina da parte di una potenza nucleare, «siamo entrati in un’epoca ed una condizione esistenziale davvero inedita», ricordando che Norberto Bobbio parlava dell’avvento di una “coscienza atomica” planetaria perché era convinto che, dopo l’esplosione di Hiroshima e l’avvio della deterrenza nucleare, il pacifismo avrebbe smesso i panni di un movimento finalistico basato sulla volontà di affermare valori ultimi, per fare spazio ad un movimento basato più semplicemente sulla ragionevolezza umana.
«La coscienza atomica avrebbe dovuto generare un naturale movimento di auto-consapevolezza della maggioranza dell’umanità, preoccupata di salvare se stessa dall’estinzione che conseguirebbe ad una guerra nucleare totale. Con la caduta del muro di Berlino e l’apertura del neoliberismo ad Est, di Stato o meno, abbiamo invece irragionevolmente decretato la fine precoce della utilità di ogni deterrenza e finanche preconizzato “la fine della storia” (Fukuyama)», ha detto il portavoce del Mean.

Angelo Moretti durante il suo intervento | foto Meeting di Rimini

Per Moretti e il Mean, dunque, il 24 febbraio 2022 siamo passati da una guerra “fredda” ad una guerra “caldissima”, che rischia di diventare bollente sotto i nostri occhi e le nostre coscienze impotenti anche se ben consapevoli.
«Ora siamo di fronte ad un nuovo tornante della storia: fine della deterrenza o nuova forma della deterrenza post-guerra fredda? Cosa possono fare uomini e donne comuni che si trovano loro malgrado a vivere nelle pieghe di questo tornante e che non si accontentano di esserne solo spettatori?», si chiede Moretti.

Kiev è a due giorni di auto da Roma siamo nell’era dei trasporti veloci e delle comunicazioni veloci, chi impedisce gli europei di raggiungere i luoghi martoriati, per dire con i nostri corpi: “ecco noi siamo qui, aggrediteci tutti”?

– Angelo Moretti, portavoce Mean

Ed ecco spiegato l’apparente fallimento del Mean: «Noi del Movimento europeo di azione nonviolenta da due anni stiamo gridando agli europei: uniamoci in una azione nonviolenta di massa contro l’invasore. Dobbiamo metterci in cammino se vogliamo evitare l’escalation nucleare, ed al tempo stesso chiediamo a voce alta che vi sia una pace giusta per il popolo ucraino. Ci siamo uniti perché condividiamo la consapevolezza che sia venuto il momento di una mobilitazione civica di massa, non soltanto metaforica, delle menti e dei cuori, anche e soprattutto delle gambe», esorta guardando il pubblico quasi ad invitarlo ad alzarsi dalle sedie seduta stante.
D’altronde Kiev è a due giorni di auto da Roma siamo nell’era dei trasporti veloci e delle comunicazioni veloci, chi impedisce gli europei di raggiungere i luoghi martoriati, per dire con i nostri corpi: “ecco noi siamo qui, aggrediteci tutti”?


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Il richiamo di Moretti è al fatto che secondo lui viviamo da troppo tempo in una «cultura della delega e del disimpegno», figli insomma di un «approccio consumistico che con la sua industria pubblicitaria ci vende modi per fare soldi senza lavorare e dimagrire senza fare sforzi dietetici con la “logica anti-dolorifica” di chi vorrebbe raggiungere la pace in Europa senza metterci il proprio impegno personale, senza mettere in moto il proprio corpo di fronte alle ingiustizie».
Per evitare l’escalation nucleare, dunque, per Moretti non possiamo più «delegare ad altri la gestione dei conflitti armati e delle tensioni regionali: l’Unione europea deve dotarsi di un proprio meccanismo di difesa se vuole avere futuro». L’Ue, insomma, deve far nascere i suoi Corpi Civili di Pace.

La sala dell’evento “Se vuoi la pace prepara la pace” | foto Meeting di Rimini

Ma i Corpi civili di pace languono e l’ultimo dibattito in sede di parlamento europeo risale a febbraio 2024, mentre nel Consiglio europeo, dove i ministri degli esteri degli Stati membri dovrebbero decidere in materia di politica estera e di difesa, tutto tace.
«Dunque, siamo andati a Kyiv per cosa?», chiosa ironico Moretti che incalza: «La pace è come quella perla per il quale vale la pena mille volte tuffarsi per cercarla. Noi sentiamo di aver fatto un ottimo tuffo inutile e che siamo ancora pronti a farne altri perché sentiamo che con la nostra presenza fisica abbiamo detto ai fratelli e sorelle ucraini molto di più di ciò che avremmo potuto dire da lontano. Se un giorno dovessero nascere davvero i Corpi Civili di Pace non saranno il frutto di una bella accademia o di un think tank di onesti intellettuali, ma il frutto di una sofferenza condivisa che è diventata un bene superiore», conclude.

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