Telecom si lancia come gestore di cloud computing. Lo spot è banale (i creativi della pubblicità ormai lo sono solo di nome) e lascia un pò perplessi il fatto che debba esistere una “nuvola italiana” di applicazioni software e hardware accessibili in remoto da persone, enti pubblici e imprese. Ma pare si possa contare su “incredibili asset” di Telecom Italia, per cui staremo a vedere se il progetto reggerà il confronto con i signori delle cloud su scala globale (da google in avanti). Una partita che non si giocherà solo su contenuti, supporti e connettività. C’è (o meglio ci sarebbe) anche il fronte della governance. Un aspetto essenziale, e in gran parte irrisolto, che è strettamente legato alle risorse disponibili nelle cloud e alle modalità per accedervi. Quelli che potrebbero sembrare supporti, banali o rilevanti che siano, a sostegno e prolungamento di attività e relazioni sociali, sono in realtà interfacce che determino in modo rilevante e invasivo queste stesse attività e relazioni. Estremizzando: il profilo su facebook non è il tuo. E quindi tu, persona, rischi, per dirla con Jaron Lanier, di diventare un gadget di facebook adattandoti all’interfaccia. La questione accomuna gli opposti: i modelli verticali e accentrati che nel dominio delle cloud vedono un’area di business e i modelli orizzontali e open (come wikipedia). Per tutti c’è un problema di governance che riguarda le modalità e le strutture attraverso le quali si raccolgono e si trattano informazioni ed esperienze che da puntiformi si condensano – è proprio il caso di dire – nella nuvola computazionale. Nel caso di Telecom è forse un motivo in più per rimpiangerne la privatizzazione?
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