Welfare

La nuova vita agricola del feudo sottratto alla mafia siciliana

Riutilizzare i beni confiscai alle mafie per far rinascere un territorio e impedire così a tanti giovani di scappare all’estero per trovare un lavoro. Ecco come undici giovani di talento hanno fondato la cooperativa Verbumcaudo sui terreni che furono del boss di Cosa Nostra Michele Greco, confiscati nel 1987 da Giovanni Falcone

di Alessandro Puglia

Quando incontri Totò, una delle 11 anime della cooperativa sociale Verbumcaudo, impegnato a mettere in trazione i fili di ferro per legare al meglio una delle 35 specie autoctone di vite siciliana, capisci che tutto questo è possibile: «Questo luogo rappresenta la mia casa e la cooperativa è l’opportunità per rimanerci». Quei vigneti che si estendono su cinque ettari di terreno all’interno di un feudo ben più vasto (di 150 ettari) appartengono a una terra fertile, martoriata dalla mafia. Alle spalle di Totò tra un biviere ed una zona in parte sterrata si racconta che qui atterravano negli anni 80 gli elicotteri su cui viaggiavano noti boss mafiosi. Quel feudo non apparteneva a un criminale qualunque, ma a Michele Greco, soprannominato “il papa” della cupola siciliana di Cosa Nostra che qui allestiva i suoi summit. «In queste stanze si decideva chi doveva morire e chi no, quali interessi spostare nelle campagne o in città», racconta Vincenzo Liarda, presidente del Consorzio Madonita Legalità e Sviluppo, tra i protagonisti della storia di riscatto del feudo Verbumcaudo e che per questo bene si è battuto, subendo intimidazioni e vivendo per un periodo sotto scorta: «La sofferenza individuale è secondaria rispetto alla gioia del risultato collettivo», dice Liarda che ricorda tra i vari passaggi legati alla storia del feudo l’assegno firmato dal boss della Camorra Antonio Bardellino che prestò i soldi a Michele Greco per acquistare il bene. A scoprire quell’assegno e a confiscare il bene nel 1987 fu Giovanni Falcone.

Il feudo Verbumcaudo si trova nel cuore delle Madonie, uno dei luoghi più belli e remoti dell’intera Sicilia, e cade nel comune palermitano di Polizzi Generosa, ma è più vicino a Villalba e a Villalonga, in provincia di Caltanissetta, in quello che qui è conosciuto come il Vallone Nisseno.

Gli anni dell’abbandono
Oggi finalmente dopo tanti anni, tantissimi, troppi, con «fasi di non utilizzo del bene, di abbandono e non propriamente legali», il feudo è rinato grazie alle battaglie del Consorzio Madonita Legalità e Sviluppo che attraverso un bando di evidenza pubblica concede il bene sequestrato al “papa della mafia siciliana” a una cooperativa di giovani di talento del territorio che — nonostante da queste parti si conoscono tutti — fino a quel momento non si erano mai incontrati. Insieme si ritrovano a frequentare un percorso di formazione curato dall’ente Cresm con il supporto di Confcooperative. L’obiettivo è restituire alla comunità un bene confiscato alla mafia che per quei luoghi ha rappresentato una ferita, ma che oggi crea lavoro e dà speranza a un territorio.

La società cooperativa sociale Verbumcaudo, dal nome dell’omonimo feudo, si costituisce il 21 gennaio 2019, mentre il passaggio di consegne da parte del Consorzio per la legalità avviene il 28 febbraio 2019. Ne fanno parte giovani del luogo: un agronomo, un laureato in scienze forestali, due commercialisti, un ingegnere, due guide naturalistiche, due addetti alle lavorazioni agricole qualificati, un project manager e un animatore sociale.

La cooperativa Verbumcaudo presente al centenario di Confcooperative ha ricevuto insieme ai tanti presenti gli auguri del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ed ora, dopo aver affrontato una massiccia fase burocratica, si sta preparando a rivoluzionare quello che un tempo era il feudo del boss. A spiegarlo è Giuseppe Correnti, presidente della cooperativa sociale Verbumcaudo: «La cooperativa si occuperà di gestire il fondo che avrà principalmente una vocazione agricola: abbiamo ereditato un progetto dell’Irvo per la conservazione del germoplasma vitivinicolo siciliano, abbiamo infatti cinque ettari di vigneti, tre e mezzo sono di catarratto che è una specie caratteristica del nostro territorio, mentre la restante parte di circa un ettaro e mezzo sarà dedicata alla conservazione di una quarantina di varietà estinte o comunque molto rare. Stiamo quindi cercando di costruire una serie di contatti con alcuni presidi Slow Food per produrre essenze che stanno scomparendo e puntiamo a creare una rete con il territorio per la produzione di legumi, pasta, pomodoro e olio. Le aziende che ci circondano hanno colto lo spirito della nostra iniziativa e ci stanno seguendo».

La cooperativa Verbumcaudo farà quindi della sua forte vocazione agricola il suo “cavallo di battaglia”, come ama dire Correnti, ma sta già creando partnership con le scuole dei territori limitrofi e mira a promuovere il territorio dal punto di vista turistico.

Alcuni soci della coop con Vincenzo Liarda, presidente del Consorzio Madonita Legalità e Sviluppo (il secondo da sx). Alla sua sinistra Giuseppe Correnti, presidente della cooperativa


Un lavoro pulito
Le segrete stanze del feudo verranno quindi rivoluzionate. «Con locali tecnici per i nostri mezzi, uno spazio per poter fare il confezionamento dei nostri prodotti e soprattutto un’area multifunzionale in cui poter fare attività didattica e culturale. E uno dei locali diventerà un segnaposto per la memoria su Verbumcaudo» spiega il presidente della cooperativa.

Nel frattempo, le primissime attività — dal corso di potatura dell’albero di ulivo al trekking — sono già iniziate e il feudo rappresenta già un simbolo di riscatto per la Sicilia, dando l’opportunità a tanti giovani di talento di non lasciare la propria terra: «Alcuni ragazzi che prima si trasferivano al Nord Italia sono restati qui per lavorare in questa realtà, saranno loro il volano di un progetto per far sì che in questa terra possa esserci occupazione», conclude Correnti.

Una sfida che ricalca un periodo felice prima dell’avvento della mafia di Cosa Nostra: «In passato il feudo dava da lavorare a tanti valledolmesi e le storie raccontate dai miei nonni e dei miei zii sono per me ancora vive. Ma d’un tratto, per un lungo tempo, il feudo è scomparso. Oggi rappresenta la possibilità di avere un lavoro, di poter pensare ad avere una famiglia e spero tanto che un giorno i miei gli si potranno riappropriare di quei ricordi felici che appartenevano ai nostri antenati», conclude Viviana Valastro, 28 anni, laureata in Economia all’Università di Palermo e ora protagonista di questo ambizioso progetto di riscatto di un intero territorio che, così come recita l’invito per il corso di potatura dell’albero ulivo, dà definitivamente un taglio alla mafia.

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