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La nuova strategia in Afghanistan e la cooperazione allo sviluppo

Vita pubblica un interessante approfondimento del Solint, il Forum che raggruppa Movimondo, Intersos, Coopi, Cisp e Cosv

di Paolo Manzo

1.C?è ampia condivisione nella maggioranza di governo e in parte dell?opposizione sulla necessità di ribaltare la strategia adottata dalla comunità internazionale in Afghanistan, pena un clamoroso fallimento, con gravi conseguenze che non rimarrebbero limitate al solo territorio afgano. Si è data infatti priorità alla componente militare rispetto a quella politica e non si è tenuto sufficientemente conto della realtà afgana, dei bisogni e aspettative della popolazione e delle attese per la ricostruzione. Molte le promesse, poche le realizzazioni, grande la delusione della gente. Un primo forte e visibile segnale dell?avvio del cambiamento dovrebbe quindi essere un maggiore impegno per gli aiuti, l?assistenza e la ricostruzione, riducendo lo scarto esistente tra gli stanziamenti per la cooperazione e quelli per la missione militare.
La priorità alla componente militare è stata inoltre confusa e ambigua, mista tra sostegno alle istituzioni afgane e guerra ?al terrore? e a chiunque o qualunque Stato fosse sospettato di sostenerlo, tra legittimazione Onu e pigra accettazione di scelte compiute, tra strategia di rafforzamento delle capacità istituzionali e di sicurezza afgane e azioni di prepotente e continuata sostituzione esterna, tra riconoscimento della sovranità del governo e delle istituzioni afgane e soffocamento della loro autonomia, tra piani di sviluppo e obiettivi militari, tra interessi dell?Afghanistan e interessi della Nato.

2.Un sintetico documento di analisi della situazione in Afghanistan e di proposta è stato diffuso l?8 novembre scorso dalle Ong del Forum Solint che hanno voluto esprimersi in proposito anche in vista del dibattito sul rifinanziamento della missione militare (vedi in www.intersos.org ?L?urgenza di decisioni politiche non più rinviabili?). Questa ulteriore riflessione intende riprendere e rafforzare alcuni punti, nell?imminenza del dibattito parlamentare.

3.La necessità di un ripensamento e un cambiamento della strategia da parte italiana ed europea è reale e urgente. Ripensamento che dovrà, quasi certamente, mettere in discussione decisioni prese solo un anno fa, nel febbraio 2006, dalla Conferenza di Londra che ha varato l? ?Afghanistan Compact?. Occorrerà in definitiva rispondere con la massima chiarezza alla domanda ?che ci stiamo a fare in Afghnistan?? Domanda a cui nessun Governo italiano e nessuna forza politica ha dato risposta dal 2003 in poi, da quando Isaf si è trasformata in Nato e ha stabilito sinergie con Enduring Freedom, senza alcun dibattito e alcuna valutazione delle conseguenze per la politica complessiva in e verso l?Afghanistan e a livello regionale. I tempi sono purtroppo stretti per potere approfondire nel dovuto modo, tra le forze politiche italiane ma soprattutto con l?Ue e la Nato, una simile questione prima del voto sul rifinanziamento della missione. Questo sarà comunque approvato, dato anche il sostegno convinto di parte dell?opposizione. Sarà quindi necessario, a nostro avviso, che tale voto venga accompagnato da una mozione, vincolante e verificabile tra sei mesi, che impegni il Governo ad esigere in sede europea e in sede Nato i necessari chiarimenti per dare finalmente risposta alla domanda sui precisi scopi e finalità della missione, sulla sua collocazione nella strategia più generale e prioritaria del sostegno all?Afghanistan e al suo processo di consolidamento istituzionale e di sviluppo, sulle conseguenti e coerenti scelte politiche e azioni, anche militari, ma non solo, da mettere in atto. Senza chiarezza condivisa si rischia di procedere per inerzia, fedeli ad un?Alleanza che sa difendere bene i propri interessi ma male ha difeso, almeno finora, quelli dell?Afghanistan. In mancanza di chiarezza condivisa si potrà anche rinunciare alla partecipazione all?Isaf, senza per questo essere accusati di infedeltà all?Alleanza. Molto dipenderà anche dal Governo italiano: se in questi anni i Governi sono stati distratti e disattenti, prendendo per oro ciò che veniva fatto luccicare nelle strategie e decisioni relative all?Afghanistan, il 2007 dovrà invece rappresentare l?anno dell?approfondimento e della chiarezza. Ne va della dignità e della coerenza politica del nostro paese, oltre che della più ampia sicurezza globale che non può essere governata dalla armi ma dalla politica.

4.La politica dovrà infatti riprendere il ruolo prioritario. L?annunciata conferenza internazionale sull?Afghanistan potrà essere l?occasione per individuare un nuovo percorso che, partendo dalla situazione afgana e dal piano strategico ed operativo per farvi fronte nel riconoscimento e rafforzamento della sovranità dello Stato e delle sue istituzioni, veda coinvolti anche i paesi dell?area in una visione geostrategica dei problemi e delle soluzioni da proporre. E senza l?impegno dell?Unione europea e l?egida delle Nazioni Unite tale coinvolgimento difficilmente potrà essere ottenuto.

5.L?azione di aiuto, assistenza e cooperazione andrebbe comunque rafforzata, da subito, segnando una netta distinzione e separazione tra cooperazione civile e azione militare. Distinzione non significa contrapposizione. La chiarezza sulla diversità dei compiti, ruoli e attività è stata la condizione che ha permesso, in altri contesti di crisi, forme di interlocuzione e talvolta di positiva collaborazione tra componente civile e componente militare, per una migliore tutela delle popolazioni e per un più sicuro avvio della ricostruzione sociale, fisica e politica. Garantendo questa chiara distinzione, riconoscibile da tutti, le Ong del Forum Solint ritengono che la cooperazione, sia governativa che non governativa, possa operare anche nella provincia di Herat. Non sussistono infatti maggiori difficoltà e insicurezza rispetto alle altre province occidentali e settentrionali del paese e alla stessa Kabul dove le Ong italiane hanno agito, in modo continuativo, per ben cinque anni. La presenza operativa a Herat, senza alcuna tutela armata, di Ong di altri paesi e del loro personale internazionale lo dimostra.
La cooperazione nelle province occidentali ed in particolare in quella di Herat non può però, a nostro avviso, essere vista disgiunta da quella realizzata dalle Ong italiane e dalla stessa Cooperazione italiana in altre province e a Kabul. Si tratta talvolta di una presenza che è riuscita a costruire rapporti di fiducia, con le comunità e le autorità locali, valorizzandole, a rispondere a reali bisogni, a rafforzare stabilità e sicurezza. Si tratta di un plusvalore italiano che non deve essere, a nostro avviso, sottovalutato; andrebbe anzi continuato e rafforzato, in una visione di insieme e non limitata alla sola provincia di Herat.
Occorre inoltre tenere presente che, proprio grazie alla relativa sicurezza nella provincia di Herat, una trentina tra Ong e organizzazioni internazionali vi stanno operando da tempo. Per le province vicine sarebbe insopportabile constatare una tale concentrazione di interventi rispetto al proprio vissuto di povertà e di ?abbandono?. Potrebbe essere immaginata, per l?area occidentale, una priorità italiana che, partendo da Herat, copra interventi anche in alcune province più a nord, fino a quelle di Faryab e Mazar-i-Sharif, province dove le Ong italiane hanno lasciato il segno. Sarebbe un apprezzato segnale politico di attenzione alle popolazioni e di messa in pratica della distinzione degli obiettivi tra cooperazione e azione militare. Intervenire nella sola provincia di Herat rischierebbe inevitabilmente di fare apparire la cooperazione come funzionale e strumentale alla presenza militare italiana.
La collaborazione delle Ong con il team della Cooperazione italiana a Herat potrà realizzarsi, a beneficio reciproco, attraverso intese che rispettino la piena indipendenza ed autonomia della realtà non governativa. Si tratta, con quello dell?imparzialità, di principi irrinunciabili per ogni organizzazione umanitaria.

6.Le Ong avranno presto un tavolo di confronto con il Ministero degli Esteri. A nostro avviso, è bene che tale tavolo, su una questione così delicata e complessa, sia aperto a tutti i principali soggetti istituzionali, negli Esteri ma anche nella Difesa, direttamente coinvolti nelle decisioni che dovranno essere prese. Occorre infatti tentare di giungere all?elaborazione di una piattaforma condivisa di strategia e di azione di cooperazione, nel rispetto delle reciproche autonomie, nei contesti di Herat e di altre province afgane.
Le Ong italiane che hanno operato nel 2006 in Afghanistan sono: Aispo, Intersos, Coopi, Cesvi, Alisei, Emergency.

(Nino Sergi, per il Forum Solint)


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