Mondo

La nuova rotta per sfamare il mondo

Iniziata ieri a Firenze la riunione informale dei ministri UE dello sviluppo, con iniziativa parallela di Concord Italia per discutere di cibo e democrazia mettendo allo stesso tavolo Ong, settore privato e governo.

di Joshua Massarenti

da Firenze

Ieri pomeriggio, a Firenze, i ministri UE dello sviluppo si sono riuniti per una riunione informale di due giorni (14 e 15 luglio) durante la quale si confronteranno su dossier caldissimi come l’immigrazione, la sicurezza alimentare, la crisi Siriana e quella in Repubblica Centrafricana, ma anche Expo 2015, evento mondiale che l’Italia, nonostante tutte le difficoltà, intende sfruttare per promuovere una nuova agenda globale sullo sviluppo sostenibile.

In occasione della Riunione informale dell’UE, Concord Italia (la confederazione delle organizzazioni non governative italiane, che sul suo sito propone la diretta del summit) ha lanciato due iniziative parallele: la prima si è svolta ieri con un dibattito incentrato sulla relazione tra cibo, democrazia e diversità. Allo stesso tavolo, si sono riuniti rappresentanti della società civile, del settore privato, della Commissione europea e del governo, tra cui il viceministro degli Affari esteri con delega alla cooperazione internazionale, Lapo Pistelli.

Senza sorpresa, l’ex relatore Speciale delle Nazioni Unite sul diritto all’alimentazione, Olivier de Schutter, ha presentato un bilancio drammatico sulla sicurezza alimentare mondiale. Mai come oggi si è prodotto così tanto per sfamare il pianeta, eppure oltre un miliardo di persone continuano a soffrire di fame e di malnutrizione. Il peccato originale ha un nome: produzione agricola intensiva, incarnata dalla Rivoluzione verde che negli anni ’70 ha visto la Comunità internazionale estendere dall’Occidente al resto del mondo un unico modello di produzione agricola fondato, tra le altre cose, sulla meccanizzazione dei processi di produzione e un largo uso dei prodotti chimici. Ma come ha ricordato De Schutter, gli effetti secondari sul pianeta sono stati talmente negativi da compromettere gli obiettivi fissati da molte organizzazioni internazionali di aumentare del 70% la produzione agricola mondiale entro il 2050 per nutrire oltre 9,2 miliardi di esseri umani. “Purtroppo le soluzioni proposte negli anni ’60-’70 e su cui ancora oggi ci affidiamo non rispondono più alle sfide complesse che ci attendono in futuro”. Intanto perché “il problema non risiede nella necessità di aumentare la produzione agricola, di cibo ce n’è per tutti”, ricorda De Schutter. “E’ invece necessario consentire l’accesso a tutti a un cibo di qualità, prodotto nell’ambito di un’agricoltura sostenibile rispettosa dell’ambiente”. A Nord come (soprattutto) a Sud, dove i mali che affliggono l’Occidente (come lo spreco di cibo e addirittura l’obesità) stanno diventando dirompenti. Da cui la necessità di “tornare al locale e all’agro-ecologia”, ponendo limiti (se non fine) a modelli di produzione dettati dal commercio internazionale.

Secondo Nora McKeon, dell’ong Terra nuova e membro del Concord Food Security Group, “la fame è il risultato dell'ingiustizia e non della scarsità di produzione. Il principale problema, semmai è la dominazione della catena alimentare da parte di un piccolo gruppo di multinazionali che influenzano l’agenda politica internazionale sulla sicurezza alimentare”. Ma a Firenze il settore privato italiano come la pensa? Più che sulle divergenze, Luca Virginio si è soffermato sulle battaglie comuni da intraprendere assieme alla società civile e al settore pubblico. Partendo dagli stessi presupposti: “oggi il nostro pianeta fornisce già abbastanza calorie da sfamare tutti quanti”, ha dichiarato il Direttore comunicazione e relazioni esterne del Gruppo Barilla, nonché vice Presidente della Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition, che ha riproposto come soluzione il Protocollo di Milano per migliorare il sistema alimentare dalla lotta all'obesità, allo spreco, alla fame dedicando impegno al controllo delle filiere. “Expo 2015 è un’occasione importantissima per promuovere il Protocollo sulla scena internazionale”, invitando le ong e il governo a sostenerlo in vista dell’esposizione universale.

Una sfida in più per Lapo Pistelli, che durante il semestre di presidenza italiana è chiamato a promuovere una posizione comune dell’UE sullo sviluppo in grado di affrontare le sfide globali e incidere sull’agenda politica internazionale. Un cammino tutto in salita se si pensa che la presidenza italiana è confrontata a due seri ostacoli: il tempo (“togliendo l’estate e altre ferie previste da qui a fine anno, abbiamo poco di quattro mesi per svolgere la nostra missione”) e l’avvicendamento di tutte le istituzioni UE, in primis la nuova Commissione europea che verrà luce in autunno. Insomma, “si farà quel che si può”, in un quadro internazionale complessissimo, a partire da quello europeo, “dove gli Stati membri hanno spesso idee diverse tra loro” – e lo si vede alla FAO, dove ogni Stato membro dell’UE va per conto suo promuovendo la propria agenda politica in totale violazione del Trattato di Lisbona, “per non parlare dei nostri interlocutori nel Sud del mondo”. Sulla sicurezza alimentare, Pistelli intravede quattro grandi sfide: la prima, è naturalmente quella di dover sfamare oltre 9 miliardi di persone nel 2050, con paesi in via di sviluppo confrontati alla crescita di una classe media con modelli di consumi molto simili a quelli occidentali. Poi la sfida climatica, “strettamente legata a quella energetica”, e infine la necessità di aiutare i cosiddetti “Fragile States”, gli Stati fragilizzati da conflitti e instabilità politica. E l’Italia cosa può fare? Secondo Pistelli “non si può più affrontare problematiche così complesse a compartimenti stagni, il dialogo tra ong, settore privato e settore pubblico è vitale. La riforma della legge 49 è stata fatta anche per rafforzare questo dialogo, perché ogni attore è complementare all’altro”. Dello stesso parere è Roberto Ridolfi, Direttore Crescita Sostenibile e Sviluppo presso la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo della Commissione Europea (DEVCO). “Oggi più che mai è necessario elevare la dignità dei piccoli produttori, e questo lo si può fare soltanto con gli investimenti, in particolar modo delle piccole e medie imprese. I primi a chiedercelo sono i governi africani”.

Secondo Francesco Petrelli, portavoce di Concord Italia, “non si può ignorare il ruolo del settore privato. Affrontarlo è una sfida e nel contempo un rischio. Il nostro ruolo è quello di inquadrare al meglio le potenzialità e le problematiche incarnate da questo settore”. A Firenze, Concord Italia ha portato una pietra in più nell’edificio del nuovo sistema Italia. Un edificio ancora tutto da costruire, in cui gli inquilini (ong, settore pubblico e settore privato) sono chiamati a costruire un’alleanza seria e strutturata, capace davvero di influire sull’agenda politica europea ed internazionale. Tra il semestre di presidenza ed Expo 2015, l’Italia ha quasi un anno per raggiungere i suoi obiettivi. La scadenza degli Obiettivi del Millennio è dietro l’angolo, l’era degli SDGs già iniziata. Di tempo ce n’è ben poco.
 


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