Le parate militari, anche se legate all’anniversario della nascita della Repubblica, mi lasciano sempre molto freddo, pur con tutta la comprensione e la stima per chi presta servizio nelle Forze Armate in modo leale ai principi di libertà e di pace che sono scolpiti nella Costituzione, ma anche nei nostri cuori. Però stamattina ho avuto per un attimo la visione di un’altra possibile sfilata, immaginando due ali di folla plaudente, la tribuna delle autorità, il sorriso del Presidente della Repubblica.
Apre la sfilata un drappello scelto di atleti in sedia a rotelle, chini sul manubrio della loro fiammante handbyke, orgogliosi dei propri muscoli, esibiti con soddisfazione, ragazzi e ragazze che ogni anno onorano il nostro sport paralimpico in Italia e nel mondo, anche se i loro nomi, a parte qualche rara eccezione, sono conosciuti da pochi.
Subito dietro la fanfara, con i musicisti dell’orchestra Esagramma e anche dell’orchestra Allegro Moderato: allegri, simpatici, bravi, mescolati con i loro maestri: i violini, le trombe, le percussioni, i clarinetti, intonando l’Inno alla Gioia, e poi magari perfino l’inno di Mameli.
Dopo la fanfara ecco il reparto motorizzato: una schiera di carrozzine elettroniche, guidate con il joystick, o con il fiato, o con lo sguardo, o con un solo dito, da persone autonome anche se fortemente limitate nelle possibilità di movimento. Un ronzio che riempie l’aria e scalda i cuori, con i motorini elettrici che non inquinano, e i mille colori degli adesivi sugli schienali, sulle spondine laterali, simboli di associazioni, ma anche di squadre del cuore, o di cantanti rock. Giovani e meno giovani, con distrofia, sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi multipla, tetraplegia, uniti dal desiderio di libertà e di indipendenza, emozionati nel passare sotto la tribuna presidenziale, ricambiati da un applauso forte e commosso.
Ma non è finita: dopo i “carri armati” arriva la fanteria. Un battaglione aperto da una fila di bastoni bianchi, e di cani guida, disciplinati e dolci accanto ai loro padroni che non vedono, ma seguono splendidamente il percorso da soli, e sentono attorno a sé il profumo della solidarietà e della condivisione. Nella seconda fila un plotone di non udenti, allegro e ciarliero: chiacchierano fra di loro o comprendendo il labiale o utilizzando la lingua dei segni, ognuno come gli pare. Dalla tribuna ricevono l’applauso muto, con le mani che vibrano nell’aria, all’unisono, in segno di amicizia universale.
Dopo i sordi ecco la schiera dei disabili intellettivi: sono tanti, sono contenti di esserci, sentono l’atmosfera di festa e svolgono il loro compito con puntiglio e serietà massima, si sono allenati per tanto tempo in vista di questa sfilata e non sbagliano. Qualcuno è accompagnato da un amico o da un parente, ma in molti si muovono ordinatamente da soli, sotto lo sguardo carico di affetto e di apprensione dei genitori, che sono appena dietro, l’esercito dei familiari, dignitoso, forte, compatto. Non si vede, ma hanno il petto carico di medaglie trasparenti, invisibili, quelle al valor civile, che si sono meritate giorno dopo giorno, facendosi carico quasi sempre in silenzio di un percorso di vita difficile ma non impossibile, se si fa rete, se ci si allea, gli uni con gli altri.
E chiude la sfilata il reggimento dei volontari, in tanti provengono dal servizio civile, ma ora non saprebbero più staccarsi dai loro amici con disabilità, e osservano dal fondo della fila questo strano esercito senza armi, ma con tanta dignità.
Ecco, questa sfilata mi piacerebbe che si svolgesse davvero, magari il prossimo 2 giugno. Costerebbe ancora meno di quella odierna. E renderebbe onore a un popolo di cittadini per bene, che resistono alle intemperie della crisi, e sperano in un futuro migliore, di diritti riconosciuti, di opportunità di vita uguale per tutti.
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