Sì, con la cultura si mangia, checché ne dica qualcuno, anche famoso, a suo tempo, e potente. Ma con la cultura – ancora di più – si pensa, si gioisce, si gusta, si cresce e, in fondo, si vive meglio. E si partecipa alla vita della propria comunità cittadina costruendola pezzo a pezzo. È il senso dell’obiettivo posto dagli organismi dell’Ue quando hanno istituito, nel lontano 1999, la Capitale europea della cultura.
Nel 2019 toccherà a Matera che ha vinto, scelta dopo le oltre 20 “colleghe” candidate al primo turno e poi, nella fase finale del percorso, tra le sei della short list. Tutte città splendide e degnissime (guarda un po’ cosa ti riserva l’Italia bistrattata!) di accompagnare Plovdiv l’altra città scelta per la Bulgaria. Il Dossier presentato dal Comitato Matera 2019, ha proposto una serie d’iniziative, eventi, percorsi, progetti che – come si dice a Roma, altra capitale?… – “la metà basta”, per farla grande. Da qui al 2019 sarà un pullulare di soggetti ed eventi che si affanneranno a ricercare, temo anche con qualche interesse economico non sempre definibile – come dire – culturale. Restare vigili, sarà la parola d’ordine degli onesti. Ma per vincere la scommessa che ha trasformato il volto di città che l’hanno preceduta, imponendole, all’attenzione di tutta Europa, sarà importante, appunto, farla conoscere in Europa e non solo nei confini della patria italica.
Credo che non si parli a sufficienza delle capitali Europee della cultura, di qualsiasi Paese. Forse s’immagina che per turismo e patrimonio, le principali (che so, Parigi, Praga, Vienna, Berlino, Londra e via di città in città, di capolavoro in capolavoro) s’impongano in automatico e non ci sia bisogno di servizi giornalistici a sostegno o del passaparola. E invece faccio una domanda: alzi la mano chi sa quali sono state le due capitali europee della cultura per il 2014. Poche braccia alzate, eh?! Colpa loro, non si sono fatte conoscere? O del classico provincialismo italiano? Più probabile. Ma se vogliamo recuperare cominciamo allora a dare un’occhiata a quelle del 2015. Qui siamo più forti, sicuro… No, non ci siamo neppure ora. E allora ve lo dico io: Riga e Umeå, nel 2014, Mons e Plzeň per il 2015. Sorpresi, vero?
E se il passato è passato, ammesso e non concesso, proviamo a recuperare terreno, per quest’anno, e cominciamo a vedere in quale Paese si trovano, perché sono state scelte, cosa hanno in mente di fare, quali iniziative e progetti, la lingua, la storia, le tradizioni e altro. Magari così ci si sente un po’ più europei, no? Per la nostra avremo tempo. Quattro anni, per l’esattezza…
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