Non profit

La normalità? Può essere un telequiz

Franco Bomprezzi racconta la sua partecipazione a "L'Eredità" condotto da Amadeus.

di Franco Bomprezzi

Confesso che non avrei voluto parlarne in questa rubrica. Ma giorno dopo giorno mi accorgo che fra tante piccole e grandi apparizioni televisive che mi sono occorse nell?arco degli ultimi dieci anni, una sta battendo tutte per popolarità. Ebbene sì, ho partecipato come concorrente a una puntata del telequiz L?eredità condotto da Amadeus. Volevo vincere il malloppo e fuggire alle Cayman? Può darsi, ma non credo. Forse a livello inconscio sì, ma il mio ?io? razionale è sempre stato categorico: ho partecipato solo per divertimento, per scoprire dall?interno come funziona un telequiz visto mediamente da oltre cinque milioni di italiani ogni sera prima di cena. E poi perché ero incuriosito dalle barriere scenografiche, evoluzione raffinata e mediatica delle barriere architettoniche. I quiz, quasi tutti, prevedono postazioni ipertecnologiche su sgabelli altissimi, dopo alcuni gradini stretti e ripidi, e continui spostamenti dei concorrenti, che devono quanto meno non essere obesi, né claudicanti. Io, orgogliosamente in carrozzina, pensavo proprio di non poter essere ammesso. E invece no. Gli autori del programma, la redazione tutta, i tecnici, i falegnami, i fonici, lo staff della sede Rai di corso Sempione a Milano, hanno accolto la sfida con grande professionalità, spianando barriere, costruendo una piattaforma rialzata, utilizzando un servoscala. E così ho fatto la mia brutta figura cadendo banalmente su una domanda alla quale qualsiasi bambino appassionato di cartoons avrebbe saputo rispondere: una domanda su Jessica Rabbit. E qui sta il motivo di questa rubrica: la soddisfazione di essere stato per un giorno un concorrente normale di un telequiz normale. Ho giocato e ho perso, sono uscito di scena sorridendo. Non ho parlato di persone disabili, non sono stato intervistato sulla mia storia personale. Ho solo confessato di essere interista, il che ha molto a che fare con la disabilità, in effetti. Ma per il resto nessun privilegio, nessuna discriminazione. Un quarto d?ora di telequiz, senza pietismi, senza aggettivi, ha fatto forse più di un convegno di tre giorni.

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