Non profit

La nave dei veleni è un piroscafo

Smentito clamorosamente il pentito che aveva parlato di un relitto radioattivo al largo della Calabria

di Gabriella Meroni

La nave affondata al largo di Cetraro (Cosenza) non solo non è la Cunsky, come ha certificato il ministero dell’Ambiente, ma potrebbe essere addirittura il piroscafo Catania affondato nel lontano 1917. Lo ha confermato il procuratore nazionale Antimafia, Pietro Grasso, intervenuto a una conferenza stampa sulla vicenda del relitto svoltasi giovedì 29 ottobre nella sede della Dna alla presenza del ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Grasso e Prestigiacomo hanno spiegato che al largo di Cetraro in Calabria non c’è nessuna nave dei veleni, come hanno concluso le autorità chiamate dallo stesso ministro e dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro a indagare sul relitto e sul suo relativo carico. L’investigazione ha messo in luce che l’imbarcazione affondata ha una lunghezza di 103 metri con una sovrastruttura centrale, nella quale si intravedono alcune “maniche a vento” cilindriche e non dunque bidoni con al loro interno materiale radioattivo. Inoltre, è stata rilevata la presenza di numerose cabine tipiche delle navi passeggeri e visionati anche alcuni interni.

Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha rilevato che «da quando è iniziata la vicenda della cosiddetta nave dei veleni, sicuramente una vittima c’è stata: la Calabria. Si sono fermati i pescatori, si sono preoccupati gli operatori turistici, si è allarmata la popolazione locale». Più in generale, Grasso ha sottolineato che «gli esiti odierni non bastano comunque a rassicurare una volta per tutte i calabresi e i turisti italiani e stranieri. Occorre un programma organico di interventi che accerti la realtà e verifichi tutte le situazioni, sia in mare che in terra, per bonifiche con uomini e mezzi adeguati. La lotta all’ecomafia non si chiude certo con la chiusura del caso Cetraro, al di là della giusta esigenza di evitare i responsabili allarmismi e negativi pregiudizi ma recuperando la fiducia nelle istituzioni». Quanto alle dichiarazioni, rivelatesi fuorvianti, dell’ex collaboratore di giustizia Francesco Fonti, il procuratore di Reggio Calabria, Pignatone le considera «palesemente inattendibili: riscontri negativi sono stati accertati per quanto riguarda questa specifica vicenda», ricordando altresì che Fonti dal 1994 godeva di un programma di protezione, poi abolito dopo una condanna a 13 anni per calunnia.


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