Non profit

La mossa di Marchionne

Disdetti tutti gli accordi sindacali

di Lorenzo Alvaro

L’ad di Fiat Sergio Marchione ha deciso, per tutti gli stabilimenti del Gruppo, che il modello è Pomigliano. Niente accordi sindacali. Si preannuncia la bufera. È la prima prova per il governo Monti.

In rassegna stampa anche:

FINMECCANICA
BANCHE
AFRICA
EGITTO
 
 
“La Fiat dà la disdetta agli accordi sindacali. La mossa di Marchionne e il dilemma Cgil sul modello Pomigliano”, titola in CORRIERE DELLA SERA in prima pagina e approfondisce l’annuncio dato ieri dal numero uno della Fiat a p. 5 e 6. Un annuncio che segna la fine del contratto nazionale e la nascita – da gennaio – del contratto unico di gruppo, dopo la sperimentazione di quello che viene ormai definito “modello Pomigliano”. Dopo la lettera di disdetta inviata ieri, “già pronta” dice il Corriere “un’altra missiva: quella di convocazione dei sindacati (tutti, Fiom compresa) a incontri finalizzati a rimpiazzare il vecchio contratto nazionale dei metalmeccanici con l’obiettivo di assicurare trattamenti individuali complessivamente analoghi o migliorativi rispetto alle precedenti normative”. Niente di inaspettato per i sindacati, ma comunque dura la reazione di Camusso (Cgil), che attacca la “strategia del monopolista”, e intanto punta a portare al tavolo delle trattative Maurizio Landini di Fiom. Secondo il Corriere “il finale è scontato: la Fiom-Cgil non firmerà, così come non ha firmato un anno fa, e resterà fuori da tutti gli stabilimenti Fiat, perché il nuovo eventuale contratto prevederà che solo i sindacati firmatari possono costituire le Rsa. A p. 6 un lungo approfondimento di Dario Di Vico che, prendendo spunto dal caso-Fiat, passa in rassegna tutte le vertenze aziendali “della settimana”, aperte sul tavolo del neo ministro dello Sviluppo Corrado Passera: ci sono Whirlpool, Adelchi, Antonio Merloni, Agile (ex Eutelia) e Ansal. “Un test di governo”, titola il servizio, e migliaia di lavoratori in ballo.
 
“Fiat: addio accordi sindacali modello Pomigliano ovunque”: LA REPUBBLICA sceglie un taglio centrale per riferire la decisione di Marchionne, cui dà spazio all’interno nelle pagine economiche. Con una lettera la Fiat ha comunicato che dal 1° gennaio 2012 non avranno più efficacia «tutti i contratti e accordi collettivi aziendali e territoriali vigenti, compresi quelli che comprendono una clausola di rinnovo alla scadenza». Si riparte da zero, dunque. E dalle reazioni dei sindacati: «un atto grave e provocatorio… chiediamo una data per aprire un immediato tavolo di confronto. La forzatura di Marchionne è notevole ma reagiremo in modo sindacale», dice Rocco Palombella della Uilm. Con la sua scelta, Fiat punta a estendere gli accordi di Pomigliano e Mirafiori: meno tempi di pausa per chi lavora in linea, giorni di malattia pagati solo quando i tassi di assenteismo saranno sotto una certa soglia, non si potrà scioperare contestando norme contenute negli accordi, i rappresentanti sindacali in fabbrica non saranno eletti dagli operai ma nominati dalle sigle sindacali.  La decisione di Marchionne è stata giudicata negativamente anche da Fiom e da Cgil, così come da gran parte dello schieramento politico, da Casini a Vendola, sottolinea Paolo Griseri che in un altro pezzo sottolinea che si tratta della «prima grana per il ministro Fornero». «L’effetto dell’estensione a tutto il gruppo Fiat dell’accordo di Pomigliano (o similari) è che 70mila lavoratori italiani non potranno essere rappresentati in fabbrica dal sindacato… Un vulnus democratico evidente». Al neoministro il compito di trovare una strada per distinguere e risolvere le due diverse questioni: l’obbligo per un sindacato di rispettare anche gli accordi che non ha firmato e l’obbligo per una azienda di avere in fabbrica i sindacati rappresentativi del voto dei lavoratori, a prescindere dalla loro linea politica.
 
Prima pagina (di spalla) per il caso Fiat su IL SOLE 24 ORE. All’interno, due pagine fitte: prima, a pagina 14, si dà conto dei «dubbi» di Marchionne sul futuro del gruppo in Europa, visto che le prospettive parlano ancora di un calo di vendite e Fiat sta «rivedendo gli obiettivi» per l’anno prossimo. «Che cosa succederà agli stabilimenti italiani?» è la domanda che si fa anche il SOLE. Risposta: Pomigliano produce (da ieri) la Panda e dovrebbe riassumere 133 lavoratori; Mirafiori e Grugliasco vanno a rilento mentre per Melfi il futuro è nero: altra cassa integrazione da Natale. A Melfi e Cassino si lanceranno nuovi prodotti, ma nel 2013, e nel frattempo? Nel frattempo ecco la «bomba»: «disdetta degli accordi sindacali e dei contratti dal 1° gennaio 2012, in contemporanea con l’uscita da Confindustria», come spiega un altro articolo a pagina 15. E mentre Fiat  dice ai sindacati di essere disponibile «a nuovi incontri per valutare le conseguenze del recesso ed eventualmente predisporre nuove intese», le sigle reagiscono in modo diverso: «Fim, Uilm, Fismic e Uglm sono pronte ad aprire il confronto e sollecitano l’immediato avvio del tavolo», mentre la Cgil considera la disdetta «una scelta destabilizzante» e Landini della Fiom annuncia «azioni legali e le denunce», e «un’azione sindacale per tutta la categoria». A commento, un corsivo di Stefano Liebman dal titolo «Senza uscita la via giudiziaria scelta da Fiom» in cui si dice che l’iniziativa Fiat è «un’importante occasione di verifica della capacità di tenuta del fronte sindacale davanti alle sfide della modernizzazione industriale» e la scelta della Fiom invece è «un evidente segnale di debolezza»; secondo il SOLE infatti «la partita sindacale può e deve essere giocata, magari anche duramente, ma sempre e solo al tavolo del negoziato». Infine interessante l’infografico, da cui si evince che i lavoratori interessati dalla disdetta sono in totale 28.900 e gli accordi disdettati da Fiat, oltre al contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, sono in tutto 19 (dal 1971 al 2007).
 
“Fiat disdice gli accordi sindacali: Ora discutiamo nuovi contratti”. Titolo asciutto su LA STAMPA sul caso Fiat. E l’annuncio del Lingotto di voler disdire tutti i contratti va a finire a pagina 27, in una pagina di Economia & Finanza. «La Fiat compie un altro passo verso il total rinnovamento delle relazioni del lavoro nei suoi stabilimenti italiani» attacca l’apertura, che poi da conto delle reazioni dei sindacati, «che sono tutte di preoccupazione, ma con accenti diversi». Per la Fiom è «un atto di fascismo aziendalistico», per la Fim Cisl il responsabile del settore auto Bruno Vitali immagina «un contratto Fiat nazionale» con «regolamenti personalizzati per settore e stabilimento», per Fim la disdetta era «una decisione attesa». A piede i successi di Fiat al di là dell’Atlantico: “Con Chrysler quindi al mondo. Quest’anno 4,2 milioni di auto”.
 
AVVENIRE tratta la questione Fiat e le reazioni sindacali nelle pagine economiche, ma a pagina 2 gli dedica uno degli editoriali, a firma di Francesco Riccardi. In generale i toni tentando di “ridimensionare” la questione, essendo il «nuovo passo conseguenza diretta della già annunciata uscita da Confindustria e Finmeccanica». «Siamo all’atto incostituzionale, all’versione, al fascismo aziendale, come già strillano alcuni esponenti barricaderi della Fiom e della sinistra estrema?», si chiede Riccardi. La risposta è secca: «Evidentemente no». E sottolinea come nel comunicato dell’azienda ai sindacati e ai lavoratori sia scritta la volontà di «promuovere incontri» per arrivare, traduce Riccardi, «a stringere un nuovo contratto-cornice valido per tutto il gruppo, che preveda poi alcune norme specifiche per i singoli stabilimenti». La Fiat, concede Riccardi, «è ovviamente in posizione di forza», ma «per firmare un contratto bisogna sempre essere in due»: il contratto quindi dovrà essere «buono» anche per le sigle e i lavoratori, e la Fiom dovrà sedersi al tavolo, «se vorrà restare nelle fabbriche e non auto escludersi». In assenza di un nuovo accordo infatti «la Fiat sarebbe costretta ad applicare sempre i vecchi contratti. Nonostante l’uscita da Confindustria e al di là delle disdette».
 
Falsa apertura, subito sotto la testata de IL MANIFESTO, per le ultime notizie dalla Fiat “Marchionne rottama gli accordi Modello Pomigliano per tutti” è il titolo « L’a.d. di Fiat realizza la sua “rivoluzione” con una lettera: dal 1° gennaio verranno disdetti tutti gli accordi sindacali vigenti negli stabilimenti. Pause ridotte e più straordinari, la Cgil non avrà rappresentanza. Dopo l’uscita da Confindustria, è l’ennesima doccia gelata sulla Fiom, che annuncia: “Metteremo in campo qualsiasi azione, comprese quelle legali”. Landini chiede al governo di cancellare l’articolo 8 e il segretario Camusso si appella a Monti (…)» si legge in prima pagina, all’interno l’intera pagina 7 è dedicata all’ultima mossa di Marchionne. Il titolo di apertura sotto la foto di una manifestazione allo stabilimento Fiat di Cassino è: “Fiat dopo Cristo: via tutti i contratti” mentre nell’occhiello si spiega “Il Lingotto nell’era Monti – Marchionne realizza la sua “rivoluzione” e con una lettera disdice gli accordi vigenti”. Nell’articolo si spiega in una sintesi cosa cambierà applicando il nuovo contratto firmato da tutti gli altri sindacati esclusa la Fiom «(…) Insomma, una decisa stretta di vite che però – dicono sia l’azienda che i sindacati firmatari degli accordi precedenti – dovrebbero anche rendere più pesanti le buste paga degli operai con lo scambio produttività/salario di risultato (…)». Di spalla sotto una foto di Marchionne un’ampia colonna è dedicata all’azienda che “scala il mercato” “4 milioni di auto vendute È la quinta della classe”. «Mentre in Italia fa rumore l’ultima lettera inviata da Sergio Marchionne ai sindacati, l’amministratore delegato si trovava fisicamente a Londra, dove ha parlato  (davanti alla Confindustria britannica) dei prossimi obiettivi del gruppo (…)» La colonna si conclude con quello che viene definito «un rinnovato endorsement per il neo premier», queste le parole di Marchionne riportate «Con Monti non potremmo avere avuto un candidato migliore. Ha l’esperienza per traghettare l’Italia fuori dalle difficoltà. L’unica cosa che può mettere a rischio il tentativo di salvataggio è un’interferenza involuta e irragionevole della politica. È il momento di fare le persone serie, il mondo ci sta a guardare. Questa volta niente cavolate».
 
IL GIORNALE titola in un box centrale in prima “Monti non decide, la Fiat non aspetta”. L’occhiello recita “Consiglio dei Ministri a vuoto. Marchionne disdetta tutti gli accordi”. Il pezzo di appoggio è del direttore Alessandro Sallusti « Se Berlusconi, in un giorno in cui la Borsa perdeva il 5 per cento e lo spread toccava i 490 punti avesse convocato un consiglio dei ministri per varare il decreto Roma Capitale, lo avrebbero linciato sui giornali e in piazza. Ma come? La barca affonda e il timoniere si occupa di quisquilie e nient’altro? Berlusconi no, ma Monti può farlo e ricevere pure gli applausi della stampa libera e indipendente».
 
«Marchionne (Fiat) sfratta il sindacato centralista» è il titolo dell’analisi del direttore di ITALIA OGGI Pierluigi Magnaschi, a pagina 2 del quotidiano. «Ai rigidi e ossificati contratti nazionali, la Fiat oppone una contrattazione sindacale a livello aziendale, con la possibilità, ovviamente, di ipotesi migliorative», scrive Magnaschi. Marchionne si batte contro una «ritualità incartapecorita, da Paese autartico, impaludato nella ripetizione di riti incompatibili con la modernità». Il direttore sta dalla parte dell’ad Fiat: «Che cosa significava la “convocazione delle parti” da parte del governo? Che le parti, quando non riuscivano ad addivenire ad un accordo, trovavano lo Stato che usava i suoi soldi (cioè di tutti) per far tornare i conti che non tornavano, mettendo così d’accordo gli imprenditori e i sindacati, a spese del resto dei cittadini. Senonché, oggi, il governo Monti (che potrebbe anche essere di qualsiasi altro) di soldi non ne ha più. Le aziende quindi debbono fare da sole i conti con il mercato. E la contrattazione aziendale risponde a questo criterio per cui le aziende più redditizie potranno elargire condizioni di maggior favore. È una contrattazione su misura, anziché un abito all’ingrosso. La Fiom vi si oppone perché non vuol perdere il controllo romanocentrico dei suoi iscritti e dei suoi funzionari. Teme che possano andare dove reputano sia meglio andare. Al pari della Confindustria (dalla quale, non a caso, la Fiat è già uscita) la Fiom è una organizzazione del secolo passato che non si rassegna ai tempi che sono cambiati ma che, facendo così, finirà per essere spazzata via da forze più grandi di essa. All’urto dei tifoni si resiste con la flessibilità. E si viene schiantati se ci si irrigidisce».

E inoltre sui giornali di oggi:
 
FINMECCANICA
LA REPUBBLICA – “Così pagavamo i politici” è il titolo di apertura del quotidiano diretto da Ezio Mauro. Si riferisce all’inchiesta Enav nella quale entrano nomi di uomini pubblici come ex ministri (La Russa, Matteoli, Brancher), sindaci come Alemanno e segretari di partito come Casini. La tesi dell’indagine è che fondi neri arrivassero al Pdl e che ci fosse una vera e propria spartizione delle nomine. Un sistema corrotto, con gare d’appalto “pennellate” e fondi neri, creati con sovrafatturazioni fino al 60% del valore delle commesse. Con i vertici di Finmeccanica «pienamente consapevoli».
 
BANCHE
IL SOLE 24 ORE – Visto che il nuovo governo è fatto molto da banchieri, oggi il SOLE si diverte a immaginare i successori alle poltrone lasciate vuote dai ministri e affini. Per esempio: chi sostituirà Passera? Gli azionisti sembrano «concordi» sulla «soluzione interna», cioè «la conferma di Marco Morelli come consigliere delegato, affiancato da Gaetano Micciché nel ruolo di direttore generale con ampie deleghe e da un rafforzamento del direttore finanziario Carlo Messina». Ma questa via, data per certa ieri sera e spalleggiata dalle fondazioni azioniste, non si è concretizzata e quindi «la partita resta aperta» con un Bazoli che «non risulta aver sciolto le riserve né convocato il consiglio di sorveglianza cui spetta la designazione del nuovo manager», e che sarebbe propenso piuttosto a chiamare un dirigente esterno alla banca. Movimenti anche al Banco Popolare, dove il ministro Dino Piero Giarda era consigliere e oggi è dimissionario. Ma qui non si fanno ipotesi sul «dopo».
 
AFRICA
AVVENIRE – Della visita di Papa Benedetto XVI in Africa, AVVENIRE sottolinea come il Papa non abbia richiamato l’attenzione tanto sui mali e le debolezze dell’Africa, facendo appello alla solidarietà dei paesi più ricchi, ma abbia invece insistito sulle responsabilità dell’Africa stessa e sulle sue possibilità di sfruttare le proprie risorse umane e spirituali, che sono «giacimenti» di non minor valore di quelli naturali e che «chiedono solo di sbocciare». Perciò questo viaggio apre «prospettive di lavoro secondo una mentalità completamente nuova».   
 
EGITTO
IL MANIFESTO – Apertura dedicata a quanto sta accadendo in Egitto con una grande foto degli scontri al Cairo e il titolo a sfondare “Piazza punita”. “Un’altra giornata di sangue a piazza Tahrir, i manifestanti chiedono l’azzeramento della giunta militare ma l’esercito spara sulla folla: almeno 40 morti. Attivisti di 35 partiti e movimenti «scudi umani» per fermare la mattanza. Il governo annuncia le dimissioni e l’Egitto sprofonda nel caos alla vigilia delle elezioni” sintetizza il sommario che rinvia alle pagine 2 e 3 in cui si affrontano i vari aspetti della situazione con l’analisi affidata a Michele Giorgio dal titolo “L’esito della seconda rivoluzione egiziana è nelle mani dei Fratelli musulmani” con l’occhiello che spiega “Perché gli islamisti, favoriti alle elezioni, si mantengono prudenti”. L’analisi si conclude osservando: «(…) Troppa cautela potrebbe però esporre Badei alle critiche dei leader salafiti più radicali, che accusano la Fratellanza, di guardare troppo al conseguimento di traguardi politici immediati e troppo poco a una sollevazione popolare che, nei loro disegni, dovrebbe fare dell’Egitto un vero paese islamico». Pagina 3 si ape con un’ampia intervista al regista egiziano Ibrahim El Batout.


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