Disuguaglianze

La morte non è una livella: bassa istruzione e povertà accorciano la vita

L’indagine Istat sulla mortalità dimostra che non solo età, malattie e territorio in cui si vive, ma anche la condizione socio-economica condiziona il come e il quando. Perfino il Covid-19 è stato più mortale per chi aveva solo la licenza elementare o nessun titolo

di Francesco Dente

La morte è una “livella” diceva Totò. Essere nobili benestanti o poveri netturbini non fa alcuna differenza una volta giunta l’ora. Come e quando arriva, però, non dipende solo dai capricci della sorte. Contano anche gli studi fatti e la ricchezza accumulata in vita. 

L’indagine Istat

A certificarlo è la recente indagine Istat sulle Disuguaglianze nella mortalità (anno 2021) che dimostra, cifre alla mano, che la fine dei giorni non è legata solo all’età, alle malattie e al territorio in cui si vive ma anche al titolo di studio, un indicatore di fatto della condizione socio-economica. Perché, spiegano i ricercatori, è fortemente correlato con altre misure della posizione sociale come la condizione occupazionale, la classe sociale, l’adozione di determinati stili di vita e l’opportunità di accesso alle cure. Siamo disuguali nella vita ma anche nella morte, insomma. Anzi, siamo disuguali al traguardo proprio perché partiamo con un certo distacco già ai nastri di partenza. 

Il Covid-19 ha colpito più forte i non istruiti

Basti considerare che perfino la mortalità da Covid-19, un virus che non sembrava facesse distinzioni fra ricchi e poveri o fra colti e non, è stata più forte nelle persone con un livello di istruzione più basso. Il tasso di mortalità standardizzato per 10mila residenti è stato 14,2 per le persone con nessun titolo o con licenza elementare contro 9,6 dei laureati

Secondo l’istituto nazionale di statistica, che ha preso in esame la popolazione con 30 anni e più (gli individui con età inferiore non sono stati inclusi poiché alcuni potrebbero non avere ultimato il proprio percorso di studi), nel 2021 chi ha conseguito al massimo una licenza elementare ha un tasso di mortalità pari a 148,6 per 10mila residenti, maggiore di 1,3 volte rispetto al tasso delle persone con un titolo universitario (108,8 ogni 10mila residenti).
Il divario tra i due titoli di studio è lievemente più marcato fra i maschi per i quali il rapporto tra i tassi è pari a 1,5 (193,5 contro 127 per 10mila residenti), mentre per le donne la distanza tra chi può contare su un basso titolo di studio e uno alto produce un rapporto pari a 1,4 (tassi rispettivamente pari a 122,5 e 87,9 per 10.000 residenti).

La relazione tra cause di morte e istruzione

Che nesso c’è fra la mortalità e la causa del decesso in relazione al livello di istruzione?
L’indagine Istat, che ha valutato 25 cause di morte, conferma «un gradiente a svantaggio dei meno istruiti per la maggior parte delle cause di morte». Le maggiori differenze per titolo di studio si osservano, sia nelle donne che negli uomini, nella mortalità per cirrosi, fibrosi ed epatite cronica, per tumori maligni dello stomaco e diabete, con un rapporto di mortalità tra titolo di studio basso e titolo di studio alto che varia fra 3,5 (cirrosi, fibrosi ed epatite cronica negli uomini) e 1,9 (diabete mellito negli uomini). 

Sono per lo più condizioni morbose nelle quali l’esposizione ai fattori di rischio è strettamente legata allo stile di vita – si pensi al caso dell’alimentazione e dell’abuso di alcol – e alla propensione alla cura, alla prevenzione, alla diagnosi precoce. Comportamenti influenzati a loro volta dal livello di istruzione. 

Nell’immagine in apertura il Cimitero Monumentale di Milano – Foto LaPresse/Claudio Furlan

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