Welfare
La moda etica che ricuce le botteghe di periferia
Nel quartiere di Villapizzone a Milano l’atelier di Nicoletta Fasani è diventato un luogo di attivazione sociale. «Io e i miei vicini, con un’iniziativa partita dal basso, abbiamo dimostrato che è possibile immaginarsi una periferia diversa»
Il bello è la conseguenza del giusto”. È questo il claim delle creazioni di Nicoletta Fasani, designer di moda sostenibile che a febbraio, poco prima del primo lockdown, ha aperto il suo negozio-atelier a Villapizzone, quartiere nella periferia nordovest di Milano. E da come la stilista accarezza un suo capo e ti spiega la cura che mette in tutte le fasi della produzione — dalla ricerca dei tessuti alla vendita —, sempre nel rispetto dell’ambiente e delle persone, capisci quanto l’etica sia fondamentale nel suo lavoro. «Fin da bambina amavo lavorare con le mani», racconta.
«Una passione che mi è stata trasmessa dai nonni, uno pasticcere e l’altro calzolaio. Mi è sempre piaciuto anche studiare e mi sono laureata in filosofia. Lo studio e la manualità sono andate di pari passo e così, dopo la laurea, ho cercato di portare avanti contemporaneamente le due strade. Ho lavorato per quindici anni come educatrice, ma nello stesso tempo realizzavo le mie creazioni sartoriali. Ho aperto la partita iva e ho iniziato a vendere i miei abiti, prima con il passaparola e poi partecipando a fiere e manifestazioni. Sì, mi sono impegnata giorno e notte e quest’anno ho preso in affitto il mio negozio, per dedicarmi completamente alla moda».
La svolta sostenibile
All’inizio, Fasani sceglieva i suoi tessuti nei mercati o da stocchisti. Molte stoffe erano sintetiche, prodotte con metodi di lavorazione che impattano sull’ambiente. «Di pianeta, però, ce n’è uno solo e tutti dobbiamo fare la nostra parte per rispettarlo:», spiega. «Così mi sono messa a cercare delle alternative ai tessuti sintetici. Ho iniziato a prediligere le fibre naturali e biologiche, per esempio la seta, il cotone organico e la fibra di bamboo. O ancora la canapa e l’ortica, che sono isolanti e proteggono sia dal caldo che dal freddo. Un altro tessuto che amo è il cupro: deriva dal rame, somiglia alla seta ed è perfetto per i clienti vegani, che vogliono vestirsi senza sopprimere i bachi».
La semplicità della geometria è alla base delle collezioni. Nel 2011 Fasani deposita il brevetto del suo primo abito trasformabile, in bi-niki, formato da due rettangoli che si possono indossare in due modi diversi: «Gli abiti trasformabili si allineano con l’idea di moda etica». Continua Nicoletta: «Un capo può essere indossato più volte e in maniere differenti, in questo modo si evitano sprechi. Sono contro la fast fashion, mi piace aiutare la cliente a scegliere un capo che la valorizzi e duri nel tempo. Penso ai consumatori come “consumattori”, consapevoli delle proprie scelte».
Sempre in un ottica anti-spreco, Nicoletta organizza, nel suo negozio, laboratori di “scartoria” per adulti e bambini: partendo dagli scarti di tessuto, insegna a realizzare collane, bracciali e portachiavi, senza ago e fili, solo con mani e forbici. Nel 2019 il fatturato di questa piccola e vivace impresa di moda sostenibile è stato di 58mila euro. L’80% è arrivato dalla vendita al pubblico, il 15% dalla vendita attraverso altri negozi, il 5% dalle attività di laboratorio.
Da quest’anno è possibile anche acquistare online sul suo sito. «A febbraio ho preso il negozio in affitto senza alcun finanziamento agevolato» prosegue l’imprenditrice milanese, «se non ci fossero stati i lockdown, l’attività sarebbe stata da subito sostenibile, il Covid è stato un “bel” freno». Villapizzone fa parte di Milano, ma sembra un borgo di provincia, con alcuni scorci molto belli. Negli ultimi tempi, però, in via Mantegazza erano diverse le saracinesche abbassate e si respirava un’aria un po’ desolata. Poi, oltre alla bottega di Nicoletta, hanno aperto un liutaio, un pittore e la caffetteria e ristoro con cucina “Quasilocanda”.
Una data
Il 26 settembre, queste attività per la prima volta si sono messe insieme e hanno organizzato l’iniziativa “Botteghe aperte in via Mantegazza”. «Il pubblico era invitato ad entrare nelle nostre botteghe» spiega Andrea Stanzione, il liutaio del quartiere, «io ho mostrato il processo di costruzione di una chitarra classica, mentre un chitarrista suonava un mio strumento. Nella bottega del pittore Carlo Visco ciascuno poteva lasciare un segno su una tela bianca, e a fine giornata Carlo ha realizzato un’opera con i segni di tutti. Intanto Nicoletta, nella sua bottega, presentava la sua ultima collezione. Collaborare con altri professionisti, tutti animati dalla ricerca della bellezza, apre sempre prospettive interessanti».
«C’era la coda fuori dalle botteghe», ricorda lo stesso Visco, «le persone erano felici di vedere che questo quartiere è tornato a vivere, insieme si può trasformare la realtà». Nell’evento era coinvolta anche la Quasilocanda, impresa sociale che offre opportunità di inserimento lavorativo a persone con fragilità, tramite tirocini. «Le persone potevano bere un bicchiere di vino e mangiare un piatto cucinato in modo semplice e genuino», interviene Emanuela Sella, socia dell’attività aperta un anno e mezzo fa, con il supporto di alcune fondazioni. «Il nostro è uno spazio che ha il sapore di casa, che invita a fermarsi e a stare insieme».
«L’appuntamento ha avuto così tanto successo che abbiamo pensato di ripeterlo non appena sarà passato l’allarme Covid», chiosa Fasani: «Abbiamo visto che Villapizzone è sì un quartiere di periferia, ma è abitato da persone che credono nella condivisione e nello stare insieme. Sono felice di aver aperto il mio punto vendita qui. Io e i miei vicini, con un’iniziativa partita dal basso come Botteghe Aperte, abbiamo dimostrato che è possibile immaginarsi una periferia diversa. Anche facendo moda o altre attività, si può contribuire a migliorare l’ambiente che ci circonda. E pensare a questo dà un senso ancora più profondo al nostro lavoro di tutti i giorni».
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