Non profit

La missionaria di don Benzi che fa lobby all’Onu

«Il mio compito è fare rete con le altre o ong per incidere sulle politiche delle Nazioni Unite». I risultati? «Si toccano con mano»

di Daniele Biella

Dalle baracche dello Zambia ai palazzi di vetro dell’Onu a Ginevra. In meno di due mesi, Mara Rossi, 53 anni, riminese di Coriano, ha rivoluzionato la sua vita. «Ho compiuto un salto davvero grosso», ammette. Un salto di almeno due “mondi”: dal terzo, quell’Africa povera in cui ha vissuto gli ultimi vent’anni come medico missionario per l’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (di cui è membro da quando aveva 17 anni), al primo, il luogo delle “stanze dei bottoni” in cui don Oreste Benzi, il fondatore dell’associazione, ha sempre cercato di entrare per far sentire «la voce dei senza voce».
Vita: Cosa ci fa a Ginevra una come lei?
Mara Rossi: Tre anni fa la nostra associazione è stata accreditata all’Ecosoc, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite. Da allora, alcuni di noi, a turno, hanno partecipato a conferenze a New York e Ginevra. Nel tempo ci siamo resi conto che per contare qualcosa bisognava “esserci” con più continuità. Per questo lo scorso settembre l’associazione ha deciso di aprire una presenza fissa vicino a una sede Onu, e si è scelta Ginevra perché è dove si affronta in modo più dinamico il tema dei diritti umani. Mi è stato chiesto di essere la prima a partire: dopo essermi assicurata che in Zambia sia la casa di fraternità sia la clinica che gestivo non avrebbero subito contraccolpi, ho accettato, e a fine marzo 2009 ho raggiunto la città svizzera, per viverci e lavorare.
Vita: Con quali compiti?
Rossi: Sono a Ginevra in qualità di “sentinella” delle migliaia di poveri con cui gli altri membri della Papa Giovanni hanno a che fare tutti i giorni. Assisto a conferenze tematiche, faccio conoscere le nostre linee d’indirizzo, partecipo a gruppi di lavoro, ad esempio sto scrivendo un documento che chiede alle aziende farmaceutiche azioni concrete per favorire l’accesso ai farmaci dei Paesi poveri. Ho un duplice mandato: rappresentare la nostra realtà sui temi in cui siamo più esperti – diritti dei minori, tratta di esseri umani e Aids – e stabilire un network con le altre ong, in particolare quelle cattoliche, come la Caritas internazionale. L’obiettivo è una advocacy efficace: un singolo ente poco conosciuto non può fare molto, ma se ci si unisce, la voce è più forte.
Vita: Si può incidere davvero sull’agenda Onu?
Rossi: Sì. Una volta appreso il linguaggio sintetico e diplomatico che si usa qui, è una continua attività di lobby: creo alleanze, conosco persone, sto alle costole delle delegazioni dei Paesi in cui l’associazione è presente, per dare loro i giusti input in base alle esperienze che l’associazione accumula sul campo. E funziona: ad esempio, sul tema giustizia internazionale, pochi giorni fa è stato letto in aula, apprezzato e messo agli atti un report dell’Operazione colomba (il corpo civile di pace della Papa Giovanni XXIII, ndr) sulla difficile convivenza tra coloni israeliani e abitanti palestinesi.


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