Tendenze
La Milano Fashion Week non è ancora “Fur-Free”
Dei 65 brand presenti nel calendario ufficiale della Settimana della moda solo 17 non hanno pellicce nelle loro collezioni, 33 le hanno tolte dall’ultima e sono 7 quelle che ancora le usano. Con il suo sito “Moda senza animali” Lav accompagna le case verso la transizione ecologica favorendo i “next-gen materials” che, in base a un sondaggio sono preferiti dall’85% dei consumatori italiani
La Milan Fashion Week, in corso in questi giorni nel capoluogo lombardo, non è ancora ufficialmente “Fur-Free”, ma è sulla buona strada.
La Camera Nazionale della Moda che l’organizza, sottolinea una nota della Lega anti vivisezione – Lav, non ha ancora seguito l’esempio della corrispondente inglese, che già dalla Spring-Summer2019 e dalla Fall/Winter2019/20, ha presentato collezioni tutte prive di pellicce, bandendo definitivamente le pellicce animali dalla London Fashion Week a partire dall’anno in corso, con decisione del British Fashion Council.
Animal free, una strada segnata
Ma anche per la moda italiana la strada sembra segnata verso una maggiore attenzione all’uso di materiali alternativi a quelli di origine animale. A dettare il cambio sono scelte stilistiche, commerciale e anche di sostenibilità dei brand.
Nel calendario ufficiale dei fashion show, infatti, sono presenti 65 brand e sono solo 7 quelli che stanno ancora facendo uso di pellicce animali, 33 quelli che non le hanno utilizzate nelle ultime collezioni. Ben 17 i marchi che hanno assunto un impegno Fur-free attraverso una specifica corporate policy o con dichiarazioni pubbliche.
Non solo, alcuni brand hanno iniziato a dismettere anche altri materiali animali oltre la pelliccia, come la pelle di canguro, la piuma e l’angora.
I brand della moda e la sostenibilità
«Tutti i principali brand globali della moda dichiarano di essere impegnati nella contribuzione al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu, ma pochi adottano politiche coerenti nell’approvvigionamento responsabile di materie prime, come la pubblicazione di una roadmap di progressiva dismissione dei materiali animali – palesemente non definibili “sostenibili” – a cominciare dalle pellicce! Già dal 2015 Lav si confronta con le principali aziende della moda (brand e retailers) per fare comprendere le criticità nella produzione di materiali animali (non solo pellicce, ma anche piume, pelli e filati) e la disponibilità di materiali alternativi più sostenibili e che non derivano dallo sfruttamento degli animali», dichiara Simone Pavesi, responsabile Lav Area Moda Animal Free.
I Next-Gen Materials
Lav ha creato il sito Moda Senza Animali per fornire ai brand informazioni utili sui Next-Gen Materials e per metterli in competizione pubblicando in un dedicato database le Animal Free Policy adottate dai singoli brand.
Il futuro della moda è Animal Free e non lo sostengono solo gli animalisti, ma anche i comportamenti dei consumatori. A dirlo una recente rilevazione Doxa commissionata da Lav e condotta tra i consumatori moda in Italia, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Regno Unito ha dimostrato una propensione all’acquisto di prodotti moda Animal Free dal 75,4% all’85,4%; e – sottolinea una nota – i brand più lungimiranti ne stanno prendendo atto, adeguando l’offerta di prodotti più sostenibili ed etici.
I consumatori europei
Dai dati della rilevazione emerge anche che i consumatori europei conoscono l’esistenza dei materiali alternativi a un livello medio alto. Tra i materiali alternativi più noti risultano quelli della pelle (dal 53% in Francia al 72% in Uk) e delle pellicce (dal 51% in Spagna al 69% in Uk). Seguono lana e piuma. Meno nota invece l’esistenza di materiali alternativi alla seta, conosciuti da meno di 4 intervistati su 10 in tutti i sei paesi coinvolti nella rilevazione.
Italiani e spagnoli sono i consumatori con il minor livello di conoscenza dei materiali alternativi, rispettivamente 1 /4 e 1/ 3 del campione conosce solo un materiale alternativo.
La moda animal free piace agli italiani
Per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti di capi di abbigliamento e accessori di moda “animal free” l’Italia risulta il Paese con quello più positivo con una quota del 37%, seguono Germania (33%), Francia (31%) e Spagna (30%). Più contenuta la quota in Uk e Olanda (28%). In generale i consumatori si dichiarano coerenti con i propri valori e sono disponibili a cambiare negozio o marca piuttosto che comprare un capo d’abbigliamento con materiali animali: 58% degli spagnoli; 56% degli italiani; 55% dei francesi; 50% dei tedeschi.
I risultati della rilevazione e i cambiamenti in atto anche tra i brand portano Pavesi a sostenere che già oggi «lo shopping animal free non è semplicemente una “tendenza” ma una consolidata quota del mercato».
In apertura immagine da una sfilata alla Milano Fashion Week, credit AP Photo/Antonio Calanni
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