Sostenibilità

La migliore centrale? È quella che non c’è

di Redazione

di Sergio Ulgiati*
Il problema dell’energia nei Paesi industrializzati non è risolubile in termini di nuove centrali da installare, bensì in termini di centrali da evitare. Fino ad oggi è stata perseguita la strada di una economia basata su grandi poli industriali, ad elevata domanda di energia, e su grandi consumi nel settore domestico e dei trasporti, a causa della scarsa efficienza energetica dei nostri edifici e della struttura di trasporto merci e passeggeri. Le conseguenze ambientali e sociali sul territorio circostante sono sotto gli occhi di tutti: inquinamento, devastazione estetica, asservimento del territorio alle necessità produttive. L’altra strada è quella della produzione e del consumo sostenibili, ossia basati su una struttura produttiva diffusa sul territorio, sull’efficienza energetica, sulle energie rinnovabili, e sull’uso locale delle risorse. Si possono ipotizzare due strade:
* la centrale “virtuale” (la centrale che non c’è?), che consiste nella riduzione dei consumi energetici grazie a una serie di accorgimenti per il risparmio e l’aumento di efficienza quali le caldaie a condensazione, i pannelli solari termici, la contabilizzazione autonoma del calore nei condomini, la sostituzione delle lampade a incandescenza con lampade ad alta efficienza, l’isolamento termico degli edifici;
* la centrale “diffusa” ossia una produzione elettrica equivalente a quella di una centrale tradizionale, ma ottenuta come somma di tante piccole installazioni solari fotovoltaiche, eoliche e da biomasse di scarto.
Nel corso del 2009 sono stati generati in Italia circa 900 MW di energia elettrica di origine fotovoltaica. Il rendimento energetico del fotovoltaico è salito a prestazioni vertiginose negli ultimi due anni, arrivando a un rapporto tra energia ottenuta ed energia investita oscillante tra 6 a 1 nei moduli più tradizionali a silicio e 40 a 1 nei più avanzati moduli a film sottile. Non c’è possibilità alcuna che il nucleare, tecnologia ormai obsoleta e fuori mercato, possa competere.
*Università Parthenope, Napoli


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