Famiglia

«La mia vita è totalmente cambiata grazie alla comunità di Domus de Luna»

Il racconto di Michela, oggi 23enne, fatto attraverso una studentessa universitaria che ha seguito il corso “Raccontare Vita” (organizzato dall’Università degli studi di Cagliari in collaborazione con Vita a Sud, CSV Sardegna Solidale e Fondazione Domus de Luna, e coordinato dal professor Vittorio Pelligra). Tra commozione e dolore, i passaggi più difficili della giovane sarda in una famiglia molto fragile

di Marinella Arcidiacono

«La mia vita è totalmente cambiata in meglio. Sono rinata, “dalla A alla Z” nel modo di fare, ragionare e prendermi cura di me. È come se mi avessero tolto il cervello e me ne avessero messo un altro». Parole di pancia, parole del cuore, parole consapevoli. Michela Lecca, non ci pensa su due volte. Lascia che siano le emozioni a parlare per raccontare la sua storia di riscatto, rinascita e bellezza. La sua voce è vivida, a tratti spezzata dalla commozione del ricordo, di quel percorso “voluto” e iniziato appena cinque anni fa che l’ha portata a “vita nuova”. «Sono entrata in comunità a 17 anni, per mia scelta, insieme a mia sorella che aveva 15 anni, a causa di situazioni complicate in famiglia», dice. «Da quando avevo 10 anni e lei 8, fantasticavamo di fuggire di casa con uno zainetto. Eravamo esasperate».

Classe ’98, innamorata della Sardegna, la sua terra, e del suo mare che raggiunge ogni qual volta può, per perdersi tra il riecheggiare delle onde e l’orizzonte lontano, crede fermamente nella forza del cambiamento e di quella del buon esempio. «Ero una ragazza molto ribelle. Mia madre viveva una situazione di fragilità. Sono intervenuti gli assistenti sociali e, dai 14 ai 17 anni, ho fatto un percorso con loro e con lo psicoterapeuta. Ho capito l’importanza di andare in comunità e ho convinto mia sorella a seguirmi. Poi, il giorno in cui sarei dovuta andare, non ce l’ho fatta e ho mandato lei. Per me era difficile distaccarmi da quella che era la mia vita, dalle mie abitudini, dal posto in cui ero nata, dalle amicizie, dalla mia libertà. I miei genitori hanno preso malissimo l’allontanamento di mia sorella, mi addossavano la colpa di averla convinta. Mio padre non mi ha parlato per un mese. Un giorno sento di essere pronta, chiamo l’assistente sociale e le dico: “domani vengo in comunità”. Così è stato». Questo momento segna il “prima” e il “dopo” nella vita di Michela. Fino al compimento dei 18 anni, “Casa cometa” (centro dedicato all’accoglienza e alla cura degli adolescenti fuori dalle famiglie, con sede a Pirri) è diventata la sua nuova casa. «In comunità ho continuato il percorso con gli psicoterapeuti e ho iniziato un programma individuale e familiare. Mi ha aiutato a fare introspezione, affrontare il trauma che vivevo, recuperare il rapporto con i miei genitori e anche progettare nuovi obiettivi per poter essere indipendente».

Michela, “indipendente” lo è diventata grazie alla sua tenacia, forza di volontà e voglia di essere protagonista della propria vita. Dopo un’esperienza come commessa, ha avuto l’opportunità di lavorare al ristorante della Cooperativa dei Buoni e Cattivi, dapprima come aiuto cuoco e oggi, dopo un periodo di tirocinio, con un contratto di cameriera da sala. Così come nell’effetto domino, un piccolo cambiamento può produrne uno analogo e un altro ancora, collegare vite e sorti. L’ardua impresa di innovazione sociale innescata da Ugo Bressanello ne racchiude il senso pratico ed etico e si riallaccia, trasversalmente, alla testimonianza di Michela. Correva l’anno 2005 quando l’uomo, allora vicepresidente di Tiscali, si licenzia da una carriera consolidata e in ascesa per aiutare i bambini in difficoltà. È questo il suo sogno, la mission che condivide con la moglie Petra. Tutti gli dicevano “tu vuoi la luna” e loro, forti di ciò che desideravano, hanno deciso di dare vita in Sardegna a una fondazione e di chiamarla “Domus de Luna”, la “Casa della Luna”, un nome che sa di lingua e terra sarda. «Abbiamo iniziato e non ci siamo più fermati», afferma il presidente della Onlus. «L’adozione di uno dei nostri tre figli è stata determinante. Abbiamo capito che c’era un mondo parallelo di bambini che vivono come invisibili, 30mila minori in Italia. A seguito della norma sulla chiusura degli orfanotrofi (legge 28 marzo 2001, n. 149), io e mia moglie abbiamo deciso di fare qualcosa. Sono stato un volontario e donatore per molti anni in diverse associazioni amiche. Quando non potevo fare volontariato fisicamente, cercavo di essere vicino attraverso le donazioni. A posteriori credo che avrei potuto fare molto di più. Non avevo la percezione reale di quello che è l’impatto di coloro che soffrono, degli ultimi, di chi vive ai margini, nelle periferie anche mentali. Dopo l’avvio della Fondazione ho iniziato a capire meglio».


La “Domus de luna Onlus”, nata a sostegno di bambini, ragazzi e mamme in situazioni di disagio, è cresciuta nel tempo. Come un grande albero dalle radici ben salde, si è espanso dando spazio a nuove diramazioni. In questi primi 15 anni sono nate Casa delle Stelle, Casa Cometa, Casa del Sole, Domu Pitticca, La Locanda, Il Circolo dei Buoni e dei Cattivi, L’Exmè e Codice segreto. Questi spazi di innovazione sociale, rami di una stessa pianta, accolgono la sofferenza, il disagio e numerose situazioni problematiche. Grazie al supporto di donatori, fondazioni, persone dal cuore grande, di volontari e figure professionali specifiche, si insegna e si pratica la gentilezza, l’umanità e l’ascolto, dando una mano a chiunque ne necessiti. Ci si prende cura degli infanti da 0 a 12 anni, degli adolescenti fuori dalle famiglie, delle mamme con i loro figli, delle famiglie che hanno bisogno di aiuto, di ragazzi con disabilità e ancora, di chi vive in situazioni di povertà. Il tutto è il frutto di un lavoro certosino e organizzato nei minimi dettagli per accogliere al meglio il prossimo in un abbraccio solidale. L’obiettivo è interrogarsi sui bisogni e rispondere in maniera concreta, senza replicare modelli che si basano sulla carità. Un esempio virtuoso di impresa sociale che mette al centro la persona, il rispetto per l’ambiente, la promozione del territorio e delle sue aziende (marchi, prodotti a km zero) e ancora l’arte, la musica e la bellezza nelle sue svariate forme. Il Covid ha evidenziato ancor più la necessità di fare innovazione sociale e di sperimentare. C’è una nuova schiera di poveri, quelli che lo sono diventanti a causa della pandemia, chi ha perso il lavoro, chi ha dichiarato fallimento. C’è chi non riesce a portare a casa un tozzo di pane, gli omogeneizzati, il latte in polvere e i pannolini per quella nuova vita che s’appresta a conoscere il mondo.

Ogni martedì e giovedì la via Antonio Sanna a Pirri, sede del centro giovani Exmè (ex mercato), cambia “faccia”, si affolla di donne, uomini e bambini, in fila anche col freddo e la pioggia, per ritirare una busta con la spesa. Fino a pochi mesi fa, la coloratissima struttura pullulava di iniziative culturali legate all’arte, alla musica, allo sport con in prima linea giovani vogliosi di parteciparvi. Oggi lo scenario è cambiato. «Per la prima volta, in questi 9 mesi, a seguito del Covid-19, facciamo assistenza», spiega Bressanello. «Il domani cerchiamo di curarlo ma oggi abbiamo dovuto dare priorità al presente, alle urgenze. Qui all’Exmè nel giorno di consegna ci sono più o meno 300 famiglie. Sono 3.600 in totale i beneficiari dell’iniziativa “Ti abbraccio con la spesa”. Stiamo cercando di essere il più possibile rigorosi, mantenendo rispetto e buonsenso. Ci sono persone arrabbiate che cerchiamo di ascoltare e, per quanto possiamo fare, c’è sempre qualcosa che non va».

I volontari e gli operatori dediti alla consegna delle buste di alimenti agiscono con delicatezza, umanità e rispetto. Si fa in modo che le persone aspettino fuori il meno tempo possibile. Si integra il momento della distribuzione del cibo con un sostegno psicologico. Gli educatori accolgono i bambini in uno spazio giochi. La musica di sottofondo fa da “ammortizzatore” e allieta l’attimo fuggente e gli stati d’animo più irruenti. C’è sempre un sorriso e una parola di gentilezza per tutti, nessuno escluso. Esempio di innovazione nell’emergenza. «L’urgenza oggi è quella di salvare la tavola dove il padre deve portare da mangiare e viene qui a ritirare la spesa di nascosto dalla famiglia. L’urgenza – sottolinea Bressanello – è dare una risposta a questo esercito crescente di disperati ai quali, con le istituzioni e i servizi sociali, non si riesce ad arrivare. Ci troviamo in una nuova situazione, con nuovi beneficiari che vivono una condizione diversa da quella a cui eravamo abituati a conoscere. Era difficile gestire l’ordinario, ancor più ora lo straordinario».

Come il suono di un megafono che si espande, così la persona che riceve una carezza emozionale, replica, di conseguenza, delle buone azioni. Ci sono donne che preparano i dolci o le conserve per restituire il bene ricevuto e uomini che si propongono per svolgere dei lavoretti pratici. C’è poi chi sceglie di fare volontariato, come Michela, per contribuire all’effetto domino solidale: «Sono stata aiutata in prima persona e so bene cosa vuol dire. Vedo persone arrabbiate e penso che un giorno sono stata arrabbiata quanto loro a causa di quel labirinto che ti logora dentro. Credo di essere stata molto fortunata». Il suo tono di voce adesso è squillante. «Per me la comunità è stata una madrina, in sostituzione della figura genitoriale. Ho fatto pace con il passato ed oggi è un buongiorno per vivere una bella giornata!».

Storie di vita che s’intrecciano nella forza del coraggio e nel cambiamento, in cui tutto è possibile. Domus de Luna è un esempio di propagazione del bene comune, di esperienze e percorsi di crescita che si influenzano positivamente, autentica innovazione sociale.

Questo articolo, scritto da una studentessa iscritta al corso “Raccontare Vita” (organizzato dall’Università degli studi di Cagliari in collaborazione con Vita a Sud, CSV Sardegna Solidale e Fondazione Domus de Luna, e coordinato dal professor Vittorio Pelligra), è uno dei tre testi selezionati per la pubblicazione tra i 43 partecipanti.

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