Mondo

La mia povera Africa, tradita dagli Africani

Dopo il G8 di Gleneagles cosa ne sarà del continente più martoriato del pianeta? Si annuncia una pioggia di aiuti. «Ma a noi servono investimenti». Che però continuano a mancare.

di Joshua Massarenti

Assieme a Thabo Mbeki (Sudafrica) e Olosegun Bosanjo (Nigeria), Abdoulaye Wade, presidente del Senegal, è la figura politica più autorevole del continente Africano. Prova ne è il fatto che dal 2001 è una presenza fissa del G8. A ridosso del summit di Gleneagles, Wade decide di affidare a Vita le sue riflessioni sulle ragioni che hanno portato il suo continente sull?orlo del precipizio. Lo fa a cuore aperto e soprattutto senza tacere le responsabilità degli stessi africani. Vita: Presidente, per la prima volta nella sua storia il G8 ha messo l?Africa in cima alla sua agenda politica. Come interpretare questa scelta: un privilegio una tantum concesso all?Africa oppure una presa di coscienza reale dell?Occidente nei confronti del continente africano? Abdoulaye Wade: Penso che l?impegno personale del premier inglese Tony Blair sia stato l?elemento determinante di questa scelta. Vede, il premier inglese non considera l?Africa come un?entità a parte, ma bensì un continente integrante del mondo la cui miseria comporta rischi troppo elevati, oltre che moralmente inaccettabile. Il suo approccio consiste nel riunire in brevissimo tempo una somma di denaro molto cospicua per finanziare lo sviluppo in Africa. Ma la vera novità sono i settori su cui il rapporto della Commissione per l?Africa da lui istituita chiede di investire. Vita:Quali? Wade: L?educazione e le infrastrutture, cioè settori che da sempre ritengo prioritari. Quando quattro anni fa ho chiesto che le infrastrutture venissero prese seriamente in considerazione, la gente asseriva che era più importante affrontare l?Aids. Certo, l?Aids è un freno allo sviluppo. Ma sono altrettanto convinto che la lotta contro le malattie è una lotta persa in partenza se la qualità minima di vita di un cittadino non viene garantita. E il miglioramento delle condizioni socioeconomiche passa per lo sviluppo di infrastrutture, essenziali per la circolazione dei beni e delle persone. Vita: Lei ha parlato dell?educazione come un settore prioritario su cui investire. Può spiegare perché? Wade: Una borsa di studio non è un consumo ma un investimento per il futuro. Si parla molto del Piano Blair comparandolo a un Piano Marshall quando invece non lo è. La differenza tra l?Africa di oggi e l?Europa all?indomani della seconda guerra mondiale consiste nell?assenza di una massa di persone preparata per ricostruire un intero continente allo sfascio. In Europa c?erano uomini e donne formati e quindi pronti a creare nuove infrastrutture. In Africa no. Adesso i donatori mi danno ragione quando vedono il Senegal riservare il 40% del suo budget all?educazione. Vita: Come giudica il debito cancellato dal G7? Wade: Positivamente. Ma non posso ritenere la questione chiusa. Intanto perché su 53 Paesi africani, solo 14, tra cui il Senegal, hanno visto il loro debito cancellato. Noi chiediamo una cancellazione totale perché non siamo convinti del meccanismo di questo debito. Ancora oggi molti Paesi sono costretti a prelevare l?80 o il 90% delle risorse provenienti dall?esportazione per pagare i loro debiti. Questo vincolo impedisce qualsiasi tipo di strategia di investimento nello sviluppo. Vita:Quale alternativa propone? Wade: Io chiedo un auditing del debito. Tuttora, non si capisce chi fissa gli interessi o quali siano le condizioni di imposizione di questi debiti. Io suggerisco di attribuire a gabinetti internazionali l?esame al microscopio di un campione ristretto di debiti. Studiando i debiti contratti da alcuni Paesi, ho scoperto cose incredibili. Debiti inesistenti, debiti decuplicati oppure riciclati. I debiti contratti vanno pagati, ma per i Paesi africani è cruciale sapere esattamente quanto devono rimborsare e vedere all?orizzonte il giorno in cui non saranno più indebitati. Vita: Intanto i Paesi ricchi hanno ribadito la promessa di riservare lo 0,7% del Pil agli aiuti pubblici allo sviluppo entro il 2015? Wade: Questa storia va avanti da anni. Negli anni 70 i Paesi dell?Ocse si erano posti l?obiettivo di riservare lo 0,7% del proprio Pil agli aiuti pubblici allo sviluppo. A trent?anni di distanza non si è nemmeno raggiunto lo 0,4%. Più che alle promesse io preferisco attenermi ai fatti. Ma le dirò di più. Ancor prima di pensare ai soldi che arrivano da fuori, gli africani devono sbloccare le proprie risorse. In Africa esiste già un piano di sviluppo, il Nepad. Assieme all?Unione africana, sono i due strumenti che gli africani devono rafforzare. Le sembrerà paradossale, ma oggi il problema dell?Africa non sono i soldi. I soldi, si trovano. Il vero problema è la capacità di mettere in applicazione progetti allorquando i fondi sono disponibili. Sono il primo a riconoscere che noi africani non siamo stati capaci di drenare i soldi piovuti da Nord. E temo che dopo questo G8 accadrà la stessa cosa. Si annuncia una certa somma di denaro che gli stessi africani non saranno in grado di recuperare. Vita: Che soluzione propone? Wade: I donatori ci parlano di co-responsabilità. Ma io voglio parlare di co-gestione. È necessario formare un Comitato del G8 e dell?Unione africana attraverso il quale fissare assieme gli obiettivi, individuare i progetti da attuare, finanziarli e soprattutto applicarli. Più che i finanziamenti, è l?attuazione dei progetti che mi preoccupa. E il dovere dei Paesi africani è quello di creare condizioni favorevoli agli investimenti stranieri. Vita: Lei parla di co-gestione. Intanto però si ha l?impressione che la proposta di Blair abbia offuscato il Nepad, una proposta africana? Wade: Non sono d?accordo. Il rapporto della Commissione per l?Africa ha ripreso gran parte delle proposte fatte dal Nepad. Penso il settore privato come motore per lo sviluppo, alle politiche di buon governo e alla regione come area geografica privilegiata su cui costruire lo sviluppo dell?Africa. Il Nepad è un ottimo strumento, purtroppo non siamo riusciti ad applicarlo. Vita: Che cosa intende dire? Wade: Da quando il Nepad è stato creato, il suo segretariato ha speso ben 15 milioni di dollari senza combinare un bel niente! È scandaloso oltre che preoccupante perché a finanziarci sono stati i donatori internazionali rispetto ai quali non possiamo presentare nessun progetto visibile. Penso pure ai popoli africani. Che figura facciamo nei loro confronti? Vita: A proposito di popoli africani, molti criticano i dirigenti del Nepad, quindi anche lei, per non aver coinvolto la società civile africana? Wade: Se i finanziamenti internazionali vengono concessi agli Stati, non vedo quale possa essere il ruolo della società civile africana. Ma se poi qualcuno è dell?idea che gli affari dello Stato vanno delegati alla società civile, allora è un?altra storia. La società civile, le organizzazioni non governative sono una realtà importante, ma il potere è stato conferito ai governi. Non è il caso di trasferire le responsabilità. Vita: Presidente, il commercio internazionale è la terza voce che incide negativamente sullo sviluppo del Sud del mondo. Nel dicembre prossimo si riunirà l?Organizzazione mondiale del commercio. Che cosa si giocherà l?Africa in quella occasione? Wade: Oggi i Paesi sviluppati dicono di voler sopprimere le sovvenzioni sui loro prodotti agricoli e tessili. Tuttavia, per motivi politici, molti di questi Paesi si sentono ancora nell?obbligo di dover sovvenzionare i loro agricoltori. Ma perché allora mi vengono a dire che sopprimeranno le loro sovvenzioni? Noi nel frattempo continuiamo a subire dei pregiudizi. E siccome sono loro a violare le regole, a loro chiediamo dei compensi finanziari finché non rispetteranno le regole internazionali già vigenti. Vita: Alle sovvenzioni si aggiungono le barriere doganali? Wade: Un altro danno devastante per il nostro continente perché se gli africani non riescono a esportare i loro prodotti nei mercati internazionali, non possono acquistare le valute estere necessarie al nostro sviluppo. Gli africani sono pronti a giocare il gioco della mondializzazione, ma con regole eque. Presidentissimo Amato all’estero criticato in casa Se il G8 ha deciso di fare del 2005 l?anno dell?Africa, il merito è in gran parte suo. Approdato democraticamente nel 2000 alla presidenza del Senegal dopo 30 anni passati all?opposizione (alcuni dei quali in carcere), Abdoulaye Wade ha pensato subito in grande presentando un nuovo Piano di sviluppo dell?Africa e per l?Africa. Era nel 2001 quando il Piano Omega suscitò l?invidia dei colleghi Mbeki, Bouteflika e Obasanjo che lo costrinsero a elaborare un piano comune. Da qui il Nuovo partenariato per lo sviluppo dell?Africa (Nepad) presentato al G8 di Genova. Tony Blair ha ripreso molte idee del Nepad nel rapporto Our common interest stilato dalla Commissione per l?Africa. «Sopi», cambiamento in wolof, la lingua nazionale senegalese , è da sempre il motto di Wade. Una battaglia che ha fatto breccia nei salotti internazionali ma che in patria è oggetto di critiche: Wade sarebbe più interessato alla sua carriera che alla povertà dei senegalesi.


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