Politica

La mia “coscienza cattolica” e la legge Cirinnà

di Riccardo Bonacina

Cosa c’entra la Cirinnà quater (ovvero alla sua quarta versione) con i fantasmi agitati dal Family day il 30 gennaio scorso? Ho aspettato qualche giorno a scriverne perché ho dovuto sbollire una certa rabbia nel vedere una piazza composta nella sostanza di orfani di Berlusconi e di un blocco tutto politico e di centrodestra (certificazione di questo l’incontro del portavoce del Comitato organizzatore con Angelino Alfano prima della manifestazione e la partecipazione dei vari Giovanardi, Gasparri, Meloni, Mauro e compagnia cantando) che ha per due ore e mezza inscenato una manifestazione all’insegna delle bugie: dai numeri dei partecipanti agli slogan. Chi dice citando il Vangelo dal palco: “La verità vi farà liberi”, non può dire una bugia dopo l’altra a un popolo, magari sprovveduto e orfano di una causa politica e di un po’ di ideologia cristianista, ma nella gran parte in buona fede.

Quel giorno si è affermato tra l’altro che quella legge “negherà ai bambini di avere un papà e una mamma” (letterale, made in Giusy D’Amico), che aprirà le porte all’invasione di bimbi nati da uteri in affitto, che equipara le unioni civili al matrimonio. Questo hanno detto Gandolfini, Amato, Adinolfi, la Miriano (per citare la leadership, se così la vogliamo definire, culturale dell’evento).

Peccato che semplicemente nessuna di queste cose sia vera. Gandolfini ha avuto un bel dire che quella piazza non “era contro nessuno”, peccato che nella sostanza e senza pause la manifestazione si è risolta un “no alla Cirinnà”. E Gandolfini, imprudentemente e, a mio parere impudentemente, si è addirittura appellato alla coscienza cattolica del premier e dei senatori affinché il disegno di legge fosse cestinato.

La mia “coscienza cattolica”, sia pur imperfettissima, invece mi suggerisce di mettere in fila qualche elemento di verità.

  1. Una legge da fare. Il disegno di legge Cirinnà (che ha unito le tante proposte sul tema) non nasce da un disegno perverso, ma da una spinta della Corte Costituzionale, in cui sono presenti peraltro eminenti giuristi cattolici, che in più riprese ha fortemente invitato il legislatore a porre rimedio a una discriminazione e a una sottrazione di diritti verso le coppie omosessuali. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 138/10, si è addirittura riservata la possibilità di intervenire – nell’inerzia del legislatore – ad assicurare protezione in specifiche situazioni, garantendo alla coppia omosessuale un “trattamento omogeneo” rispetto a quello della coppia coniugata». I diritti vanno riconosciuti, insomma. La Corte costituzionale, ancora, con la sentenza n. 170/2014 ha senza mezzi termini detto che il legislatore deve intervenirecon la massima sollecitudine per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame per il profilo dell’attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti”.  Nel Luglio 2015 è stata la Corte europea dei diritti umani a dire con forza che l’Italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso sesso. I giudici di Strasburgo hanno condannato l’Italia per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali. La Corte ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo, quello sul “diritto al rispetto della vita familiare e privata”. La Corte, inoltre, sottolinea che tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa c’è la tendenza a riconoscere i matrimoni omosessuali, con 24 su 47 stati che hanno adottato una legislazione in tal senso, e ha ricordato che la Corte Costituzionale italiana ha invitato ripetutamente a creare una protezione legale anche in Italia.
  1. La legge ora in votazione in Senato è oggi alla sua quarta versione accogliendo molte correzioni di parlamentari cattolici. Evita per esempio il registro ad hoc per le unioni civili, le coppie saranno iscritte, più correttamente, nell’archivio dello stato civile; soppressi alcuni rimandi agli articoli del codice civile che regolano il matrimonio: i diritti e i doveri delle coppie unite civilmente sono elencati negli articoli 3 e 4 che si riferiscono alla vita familiare e agli obblighi di mutua assistenza e di contribuzione ai bisogni comuni e ai diritti sociali derivanti dalla condizione di coppia, sono previsti i diritti successori dei coniugi limitandosi a regolare convivenze e unioni civili regolandone giuridicamente diritti e doveri e istituendo un patto di reciproca assistenza (alla coppia riconosce e alle altre forme di convivenza diritti di assistenza sanitaria, carceraria, unione o separazione dei beni, subentro nel contratto d’affitto, reversibilità della pensione e i doveri previsti per le coppie sposate).
  1. Riguardo alla Stepchild adoption (art. 5) va sottolineato che essa estende alle coppie unite civilmente la possibilità di adottare il figlio del coniuge, se il giudice dopo aver esaminato il caso lo riterrà opportuno. Quello che succede già da tempo nei tribunali italiani. A Roma per esempio sono già una quindicina le sentenze del tribunale dove al partner (o alla partner) gay è stato consentito di adottare il figlio naturale dell’altro (o dell’altra). Sentenze che hanno fatto leva su quanto già previsto dalla legge 184 che alla lettera b) dell’art. 44 permette di adottare il figlio del coniuge. I giudici hanno esteso quella norma alle coppie di fatto. L’art. 5 della Cirinnà quater semplicemente darebbe un quadro normativo a ciò che succede già a livello giurisdizionale nei tribunali italiani. Con la convinzione che la tutela del minore significa anche garantire la continuità degli affetti. E tenendo presente che oggi in Italia oltre un bambino su 4 nasce fuori dal matrimonio e da coppie di fatto.
  1. E riguardo alla pratica dell’utero in affitto? Non vi è alcuna possibilità di veder riconosciuta nell’ordinamento italiano la maternità surrogata – la cd. pratica dell’utero in affitto – condotta all’estero. A vietarla è, infatti, la legge 40 del 2004 (non toccata dalla Consulta sotto questo aspetto). Non solo, da tale divieto discende necessariamente la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, ed il suo collocamento presso un altro nucleo. A gelare definitivamente le speranze di una coppia che si era recata in Ucraina in cerca di una legislazione più permissiva è la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza 24001/2014) che chiude ogni spiraglio. Per la legge, infatti, chi lo ha condotto in Italia, anche se munito di un certificato di nascita estero, è soltanto un «genitore apparente», per cui il minore va considerato «in stato di abbandono». E tale divieto, ribadisce, la Corte non è stato travolto dalla sentenza 162/2014 della Consulta che ha dichiarato incostituzionale la proibizione della eterologa. La Cirinnà quater su questo punto può mettere più paletti? Certo, si avanzino proposte senza buttare tutto a mare.

Ecco le quattro (piccole) verità che la mia “coscienza cattolica” mi imponeva di sottolineare.

Cosciente che una legge né salverà le famiglie né le distruggerà più di quanto già soffrono, ed anche cosciente che questo rimane un Paese senza vere politiche familiari. Ma già, questo al Family day non era a tema visto che non è stata avanzata neppure una proposta ma una finale generica lamentela. Ci sarebbe invece molto da dire e da fare, ci sarebbero proposte da avanzare, invece come l’Angelo Novus di Klee che avanza con lo sguardo rivolto al passato, il Family day non ha saputo esprimere altro che un no ad una legge che si farà e sollevare una fantasmagoria di paure su temi talmente rilevanti e importanti che ben altra trattazione e spessore culturale richiederebbero.

Per tornare alla “coscienza cattolica”, impudentemente invocata da Gandolfini, io mi ispiro a un motto di Sant’Agostino: In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas (“unità nelle cose necessarie, libertà in quelle dubbie, carità in tutte”). Tutto qui

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