Politica

La mia classe senza ponte

Dopo l'uscita del premier che apre alle classi ponti Lubna Ammoune, redattrice di Yalla Italia racconta la sua esperienza scolastica nel nostro Paese

di Redazione

Come risolvere la questione dell’inserimento dei bambini? Questione problematica o grande chance? Nella mia classe c’erano quattro studenti stranieri, di cui due arrivati in Italia a metà percorso scolastico. Mai separati o spostati in altre classi, mai percepiti come peso o causa del rallentamento nei programmi da seguire. Meriti? Dei professori che ci hanno guidato e insegnato ad apprendere un metodo da applicare alla vita e allo studio, per prepararci prima come citttadini, poi come studenti, a capire che prima vengono i valori, poi le nozioni e i concetti e a percepire la scuola come punto di partenza e non d’arrivo. Non era un allarme o un ostacolo, ma una sfida e nella mia classe, grazie alla grande ricchezza d’intelletto e di passione che è stata trasmessa, abbiamo saputo valorizzare presenze di persone portatrici di due culture.

I professori e i compagni tra loro si sono impegnati ad accelerare il perfezionamento della conoscenza della lingua italiana e all’inizio di ogni anno scolastico venivano delineate modifiche ai programmi delle varie discipline: non riduzioni ma arricchimenti e temi interculturali e interdisciplinari. E le domande immediate e incalzanti che venivano poste, piu’ che sui paesi d’origine che riguardano radici e passato, vertevano sul futuro: “cosa possiamo fare insieme?” e “verso quale futuro possiamo muoverci?”.

I miei compagni di scuola hanno avuto aggiunte alla mole di studio e non sempre ne erano felici, eppure usciti dal liceo si sono resi conto della ricchezza di queste conoscenze che non avrebbero avuto in una classe monoculturale. Sono già pronti alla “società multicolor” in continua trasformazione ed evoluzione e hanno categorie di pensiero che abbracciano e interpretano con piu’ punti di vista il reale. Non ci sono state ricette preconfezionate, eravamo un caso tanto particolare quanto nuovo eppure con serietà, impegno, pazienza e molto lavoro a vantaggio di tutti è stata investita energia in un atteggiamento propositivo e lungimirante, portatore di ricchezza e benessere.

Dopo la lingua, che è il primo ostacolo ma superabile con corsi pomeridiani e non in classi segregate, sono le percezioni dell’altro a dover essere approfondite e accompagnate da una condivisione di un patrimonio culturale comune, senza sminuire l’unicità e la bellezza di ogni “parte del mondo”. E’ stata proposta una ridefinizone in cui ciascuno ha avuto qualcosa da offrire, con disponibilità ad imparare, anche se lo sforzo era talora maggiore rispetto alla consuetudine. E’ stata una ricchezza per ciascuno di noi, perché attraverso ricerche e inviti a proporre letture ognuno ha affrontato aspetti della cultura d’origine dei propri avi che non sarebbero state accostate altrimenti, trasmettendo anche una sensibilità di approccio al testo diversa e per questo preziosa da capire e scoprire. Tutti hanno contribuito all’inserimento e alla preparazione di una società nuova, valorizzando le diverse ricchezze, attraverso un lavoro di pazienza, saggezza, lungimiranza, tenacia e coraggio. I nostri sono stati cinque meravigliosi anni, con tante ambizioni iniziali che si sono rivelate sfide e conquiste, piccole vittorie che hanno portato alla crescita umana e alla consapevolezza intellettuale, che sono risultati ma soprattutto punti di partenza. La scuola, che deve comunque saper gestire il flusso in termini numerici e avviare sempre corsi di italiano,  è il laboratorio principale dove l’integrazione vera viene fatta insieme e dove insegnare significa assumere la diversità come  valore fondante. Si apprende che le classi plurali sono opportunità privilegiate di conoscenza tra le diversità e si ha un’occasione d’incontro per imparare che la qualità della vita sta nella qualità delle relazioni con compagni e insegnanti. E questa è stata la nostra normalità.

di Lubna Ammoune


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