Famiglia

La mia città è più bella di Parigi

Gilles è un ragazzo di 28 anni, autistico che trovò nella sua mente una metropoli fantastica. Disegnandola, parla al mondo di se stesso

di Cristina Corbetta

A otto anni Gilles ha scoperto, da solo, il concetto di numero primo; ha osservato per un attimo la cifra 1987, poi ha detto alla mamma che in quel numero «non c’erano» il due, il tre, il nove, il quattro, l’undici; insomma che «non c’era niente». Due anni prima aveva disegnato in prospettiva perfetta alcune strade di New york, con il Word Trade center sullo sfondo. E mentre la sorella maggiore imparava le tabelline, Gilles calcolava in un attimo il risultato di moltiplicazioni con due cifre. Gilles era, ed è, autistico; oggi ha 28 anni, e il paragone con il personaggio interpretato ad Dustin Hoffman del film Rain man viene spontaneo; lo sa bene il papà di Gilles, Paul Trehin, economista dell’Ibm e segretario dell’Organizzazione mondiale per l’Autismo nonchè vicepresidente di Autisme Europe: «La mia figlia maggiore dice che Gilles è un “rain man” geniale, ma naturalmente tutti noi adoriamo Gilles e il nostro giudizio può essere di parte. La lotta che ogni giorno combattiamo è per i ragazzi come Gilles ma anche per quelli meno fortunati di lui: un autistico intelligente appare ancor più geniale perchè ci sono alcune caratteristiche della malattia che esaltano le qualità intellettuali. Ma le difficoltà sono tante, e la storia di mio figlio lo dimostra».
I primi dubbi sulla “normalità” di Gilles iniziano quando il bambino ha 16 mesi: in alcune situazioni si isola, sembra addirittura che non ci senta. Iniziano le peregrinazioni tra un medico e l’altro: «A quel tempo abitavamo in Francia; non riuscivamo a trovare uno specialista che ci formulasse una diagnosi dei problemi di Gilles. Poi, per caso, ci è capitato sott’occhio un breve articolo sull’autismo. Il caso descritto sembrava il ritratto di Gilles. Ma i medici dicevano che il bambino non poteva essere autistico, perchè aveva buoni rapporti con la madre. Ricordo quegli anni come un periodo davvero confuso. Poi ci siamo trasferiti negli Stati Uniti, per il mio lavoro; e lì le cose sono cambiate».
A parte un intervallo di tre anni, durante il quale si trasferiscono a Parigi, i Trehin prendono casa vicino a New York, e per Gilles arriva il momento della scuola; come ogni bambino autistico, ha problemi di comportamento: spesso grida, picchia, non si controlla; ma i genitori trovano una scuola dove il bambino viene inserito in una sezione speciale di sette alunni, seguiti da un’insegnate di sostegno, da una specialista e da una psicologa oltre che dall’insegnante. Può seguire un programma individualizzato che gli permette di sviluppare una socialità accettabile, oltre che di modificare alcune “risposte” come l’ecolalia, cioè la ripetizione esatta di quanto sente dire da un altro. Negli Stati Uniti i Trehin incontrano poi il professor Donald Cohen, responsabile del centro di ricerca di Yale, che fa una diagnosi precisa di autismo per Gilles. Durante tutti questi anni, Gilles continua a disegnare: «Era passato dagli scarabocchi che fanno di solito i bambini ai disegni tridimensionali. Spesso era ossessivo: per mesi ha disegnato lampioni, poi per altri mesi le barriere autostradali, con quella percezione del dettaglio che è un tratto tipicamente autistico. Ma certamente evidenziava un talento non comune, così come aveva straordinaria capacità matematiche. Se gli chiedevamo come faceva a risolvere operazioni tanto complicate, rispondeva semplicemente: “Calcolo nella mia mente”, e non diceva altro».
I Trehin tornano in Francia, poi, sempre per lavoro, si trasferiscono in Gran Bretagna: «Gilles aveva raggiunto un grado accettabile di socialità, ma il rapporto con la medicina ufficiale, e con gli altri ragazzi, non è sempre stato pacifico; abbiamo incontrato psicologhe che di fronte a Gilles hanno allargato le braccia dicendo che non riuscivano a entrare in contatto con lui. Abbiamo visto ragazzi trattare male Gilles, escluderlo. Spesso lo ha salvato il suo talento per la matematica e il disegno, che lo rendeva popolare tra i compagni».
Intanto, Gilles disegna: aerei e case; poi strade, ponti. Case e strade diventano parte della sua vita: piano piano disegna una città intera, che chiama Urville. Disegna a mano libera, con un senso perfetto della prospettiva e una cura incredibile per i particolari; alle strade e agli edifici dà nomi di fantasia, e inizia a scrivere una guida di questa città: «Lui dice che vorrebbe vivere di questa sua arte, ma sa che è molto difficile: oggi Gilles lavora due giorni alla settimana presso un centro di formazione sull’autismo, dove svolge compiti semplici. Ma la sua passione sono i disegni di Urville, questa città immaginaria che ha iniziato a creare quando aveva cinque anni, e non ha più smesso». Gilles non è guarito, non guarirà mai; ma vive in modo pacifico e attivo. E gli altri ragazzi come lui? Papà Paul lotta perchè a tutti i bambini autistici venga offerta almeno una possibilità.

Info: i disegni di Gilles Trehin si trovano al sito
perso.libertysurf.fr/URVILLE/

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