Mondo

La mia Africa. Intervista a Incisa di Camerana

Intervista a Incisa di Camerana Dal 1995 è il consigliere speciale del direttore generale Fao, Diouf.

di Paolo Manzo

Ambasciatore Incisa di Camerana, come mai l?Africa sta così male? Il problema dell?Africa è cercare di aiutarli a valorizzare le loro risorse naturali per creare le precondizioni per uno sviluppo economico e sociale. L?obiettivo è dar loro le strutture di base: a livello economico, sociale, di amministrazione locale, di gestione della cosa pubblica. Creare una rete solida di struttura amministrativa, una coscienza civile e una partecipazione attiva della società. Dopo di che l?Africa si inserirà in modo non conflittuale nel processo evolutivo mondiale. Questo è fondamentale. Altrimenti? Non si costruiscono basi solide. Ricordiamo che sono decenni che l?Africa è oggetto di importanti e rilevanti flussi finanziari e di risorse umane da parte del mondo sviluppato, ma i risultati non sono brillanti. È sotto gli occhi di tutti. Purtroppo. In questo contesto quale il ruolo della Fao? Fondamentale. Il motivo? Perché non c?è processo di sviluppo economico e sociale – basta guardare alla storia dei Paesi occidentali – che non parta da uno sviluppo dell?agricoltura. E noi ci occupiamo proprio di questo, di agricoltura. Per questo è importante il ruolo della Fao per lo sviluppo dell?Africa. Uno sviluppo che non solo dà prodotti alimentari, ma dà anche e soprattutto radici solide alle comunità nel territorio. In un?area dove, spesso, queste radici sono sradicate dalla guerra? Da tanti elementi, non solo dalla guerra, e ciò comporta che l?agricoltura non sia considerata come prioritaria, mentre invece lo deve essere. Per due obiettivi fondamentali: l?alimentazione e l?inizio di un processo di sviluppo economico. Il contadino che porta al mercato le sue eccedenze, ha un introito col quale poi acquista altre cose e, gradualmente, si mette in moto un meccanismo di economia civile. Guardiamo un po? anche alla storia dell?Italia, per esempio. L?agricoltura da noi, se lei si ricorda, nell?800 era un elemento portante dell?economia. Poi, pian piano, ha diminuito la sua importanza con lo sviluppo parallelo dell?industria e di altre attività, come il terziario e il terziario avanzato. Quali le altre cause che hanno portato, secondo lei, l?Africa sull?orlo del baratro? La povertà, l?emarginazione legata alla povertà e il non inserimento di grandissime fasce della popolazione nel processo evolutivo delle loro società. In troppi sono stati emarginati, dalla mancanza di prospettive e alternative. Come vede, dal suo osservatorio privilegiato, il futuro dell?Africa? Io lo vedo in senso positivo ed è molto importante dare il giusto risalto a un grande programma, il Nepad, che è fondamentale. Perché nel Nepad c?è una partecipazione sentita, profonda, da parte degli stessi africani. Questo è fondamentale: l?inizio di tutto deve partire dall?Africa. Lo sviluppo sociale, politico, economico e poi ? di conseguenza ? anche politico, deve essere un prodotto africano al quale si affianca in senso paritario il mondo occidentale, che però consolida un impegno che è già un impegno africano. Parlando sugli aiuti alle organizzazioni internazionali con Mario Baccini (sottosegretario agli esteri, ndr) e con Ferruccio Provera (presidente della commissione esteri del Senato, ndr), entrambi mi hanno confidato di essere più favorevoli ? a causa della differente efficacia in termini di risultato ? alla cooperazione bilaterale. Rispetto alla multilaterale. Lei ha notato qualche cambiamento in proposito da parte del governo? No, non ho notato questo, che però è un vecchio problema che di tanto in tanto viene fuori. A mio avviso, anzi la nostra posizione come Fao, è che non ci sia dicotomia tra aiuto bilaterale e aiuto multilaterale. Ovviamente l?aiuto multilaterale, attraverso le organizzazioni internazionali, è uno strumento che può dare maggiori chance al bilaterale. È ovvio che, la decisione di aiutare e stabilire rapporti di cooperazione con un Paese in via di sviluppo sia una decisione politica. Che spetta allo Stato. Non c?è dubbio e, dunque, la decisione è bilaterale. Perché nasce da un accordo tra il governo italiano e il governo di un altro Paese. Poi ci sono i vari strumenti per implementare questi accordi e lì il canale multilaterale è assai utile, perché può consentire di fare confluire altri Paesi donatori. Coinvolgendoli. Si può, quindi, fare un progetto ? nato su iniziativa italiana bilaterale con il Paese in via di sviluppo ? a cui poi possono collaborare altri Paesi. Per dare maggiore impatto al progetto stesso. Evitando che sia settoriale. Insomma, anche in tema di aiuti, ognuno deve fare il suo mestiere. Una battuta sulle politiche di dumping dei Paesi occidentali? Non sono un esperto ma so che è un problema. So che ne stano discutendo, ma io mi occupo di altro, sono il consigliere speciale del direttore generale Diouf e curo i rapporti con le altre agenzie delle Nazioni Unite. Per far sì che ci sia un coordinamento, e poi mi occupo dei rapporti con gli altri Paesi. Non di dumping anche se so che è un problema…


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