Formazione

La metà viene sprecata

Dati, iniziative ed emergenze in occasione della giornata mondiale

di Redazione

Quanta acqua sprechiamo? La metà. Su 2 litri di acqua potabile consumata, un litro viene buttato via. Lo spreco del 47% dell’acqua potabile è dovuto principalmente a problemi di condutture, praticamente un colabrodo: ad affermarlo è il rapporto Istat pubblicato in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua.

Le maggiori dispersioni sono in Puglia, Sardegna, Molise e Abruzzo dove, per ogni 100 litri d’acqua erogata, se ne immettono in rete circa 80 litri in più. Le più basse invece sono in Lombardia e nelle due province autonome di Trento e Bolzano.

E’ diminuito dello 0,7% rispetto all’anno precedente (il 2008), invece, il consumo pro capite per uso domestico, pari a 68 metri cubi per abitante (186,6 litri al giorno). Il calo c’è in tutti i capoluoghi di provincia con una popolazione superiore ai 250 mila abitanti, eccetto Milano dove aumenta dell’1,5%.

Dalla ricerca emerge che gli italiani sono fra i più affezionati consumatori di acqua potabile in Europa. Hanno prelevato 152 metri cubi pro capite nel 2008 e consumato 92,5 metri cubi per abitante, molto superiore rispetto alla media europea di 85 metri cubi pro capite. Gli italiani consumano meno di spagnoli (100) e degli abitanti del Regno Unito (110), ma più di olandesi (73) e tedeschi (57).

Consumano di più i settentrionali. Al primo posto gli italiani del nord-ovest con 107,1 metri cubi per abitante, circa 15 metri cubi in più rispetto alla media italiana. I valori regionali più alti sono quelli della provincia autonoma di Trento (127,4 metri cubi per abitante) e della Valle d’Aosta (121,9). Il Centro consuma 96 metri cubi per abitante: si va dai 68,5 dell’Umbria e i 111,3 del Lazio. Il Mezzogiorno è invece l’area geografica con la minore erogazione d’acqua potabile: il volume annuo per abitante è pari a 80,6 con un valore massimo di 99,2 in Calabria e uno minimo di 63,5 in Puglia.

Grandi consumatori di acqua gli italiani e anche più soddisfatti del passato. Una famiglia lamenta irregolarità nell’erogazione dell’acqua nel 2010 contro il 16,2% del 2001. I problemi si registrano soprattutto nel Mezzogiorno (18,7%), in particolare in Calabria (33,4%) e in Sicilia (28,3%). Appena il 5,8% delle famiglie del Nord dichiara irregolarità. Il record di efficienza va alla provincia autonoma di Bolzano dove le lamentele sono dell’1,6%.

Aumenta persino la fiducia nell’acqua di rubinetto come acqua da bere regolarmente. Nel 32,8% delle famiglie c’è almeno una persona che preferisce non berla, erano il 42% nel 2001. I più diffidenti sono siciliani (64,2%), calabresi (52%) e sardi (49,8%).

C’è un solo dato davvero negativo, ma non è l’indagine dell’Istat a rilevarlo. E’ Cittadinanzattiva a sottolineare che l’acqua del rubinetto costa il +6,7% in più, con aumenti che superano il 30% a Palermo, Treviso e Viterbo. La Toscana è la regione più cara, Milano la città dove il servizio costa meno. In un anno una famiglia sostiene in media una spesa di 270 euro per il servizio idrico integrato. Come ricorda la Coldiretti, gli italiani più per l’acqua che per il vino: 19,71 euro mensili per famiglia vanno all’acqua; mentre al vino sono destinati solo 12 euro.

Agricoltura e acqua: attenti a quei due
Presentato oggi il rapporto ‘State of the world 2011′ di Wwf e del Worldwatch Institute, in occasione della Giornata internazionale dell’acqua in collaborazione col Barilla Center for Food and Nutrition all’Universita’ Luiss Guido Carli . Il rapporto «realizzato dopo due anni di ricerche in 25 Paesi africani», ha spiegato Danielle Nierenberg, co-direttore del documento, «racconta le pratiche agricole innovative, a basso costo e sostenibili che applicate localmente possono migliorare la produttività, ridurre gli sprechi e sfamare centinaia di milioni di persone, dando alle comunità piu’ povere del pianeta, e in particolare alle donne, la chiave per vincere la sfida della fame nel mondo nel rispetto degli equilibri naturali».

Ma veniamo ai dati del rapporto: a fronte di 900 milioni di affamati, si legge nel rapporto, la percentuale degli aiuti allo sviluppo dedicata all’agricoltura ha raggiunto nel 2010 il minimo storico del 4 per cento. E ancora: il 40 per cento del cibo prodotto a livello mondiale, con un’agricoltura intensiva altamente inquinante, viene sprecato prima ancora di essere consumato. Wwf e Worldwatch Institute propongono una ‘road map’ di innovazioni agricole gia’ realizzate con successo, come gli orti urbani di Nairobi, le pompe a pedali che in Africa sono capaci di aspirare l’acqua fino a sette metri di profondità e i metodi di coltivazione e di allevamento tradizionali e sostenibili. Per il direttore scientifico del Wwf Italia, Gianfranco Bologna, «l’agricoltura e’ giunta a un bivio. Ma se ben gestita puo’ andare oltre alla mera produzione: può fornire acqua pulita e proteggere la biodiversità». La palla passa ora ai responsabili del settore agricolo, ai ministeri, ai decisori politici, alle organizzazioni di agricoltori, a quelle ambientaliste e alla cooperazione allo sviluppo affinché – è l’appello del WWf – tutti «si impegnino a favore di un’agricoltura equa e sostenibile». E ha concluso Gabriele Riccardi del Brailla Center for food and nutrition: «Oggi e’ necessario che i nostri pasti siano sani, a ridotto impatto ambientale e in grado di ridurre la spesa per il Welfare».

Dal WWF alla Coldiretti che lancia l’allarme. Solo nell’ultimo anno sono costate almeno tre miliardi di euro e decine di morti le precipitazioni intense che hanno provocato frane ed alluvioni lungo tutta la penisola, dal Veneto alle Marche, dalla Toscana all’Abruzzo, dalla Basilicata alla Sicilia. L’associaizone di agricoltori sottolinea che in Italia i cambiamenti climatici in atto si manifestano con una maggiore frequenza degli eventi estremi con sfasamenti stagionali e una modificazione della distribuzione delle piogge.

Il vero problema dell’Italia è – sostiene la Coldiretti – l’alternarsi di periodi di grave siccità con quelli di pioggia intensa su un territorio reso fragile dal rapido processo di urbanizzazione. In Italia – sottolinea la Coldiretti – ci sono 5.581 comuni, il 70 per cento del totale, a rischio idrogeologico dei quali 1.700 sono a rischio frana e 1.285 a rischio di alluvione, mentre 2.596 sono a rischio per entrambe le calamità. All’elevato rischio idrogeologico non è certamente estraneo il fatto che negli ultimi 40 anni un territorio di cinque milioni di ettari equivalenti, è stato sottratto all’agricoltura che – afferma la Coldiretti – interessa oggi una superficie di 12,7 milioni di ettari, con una riduzione di quasi il 27 per cento.

Il progressivo abbandono del territorio e il rapido processo di urbanizzazione spesso incontrollata non e’ stato accompagnato da un adeguamento della rete di scolo delle acque ed è necessario intervenire per invertire una tendenza che – conclude la Coldiretti – mette a rischio la sicurezza idrogeologica del Paese.

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