Mondo

La megatendopoli ora teme gli uragani

Situazione e bilancio degli aiuti di Agire

di Maurizio Regosa

Un milione e mezzo di persone sotto le tende rischiano di dover fronteggiare una nuova emergenza. 14 i milioni raccolti dal network di ong italianeUna interminabile sequela di tende per un milione e mezzo di persone. Provate a immaginare di essere lì. È come se l’intera città di Milano vivesse in strutture di fortuna. Non potesse lavorare, dipendesse da voi e dalla vostra capacità di superare i prevedibili problemi organizzativi e logistici. Ecco: a distanza di sei mesi dal devastante terremoto di Haiti, la situazione è questa. «Molto lavoro è stato fatto, tantissimo rimane da fare». La sintesi è di Marco Bertotto, direttore di Agire, l’agenzia che ha raccolto oltre 14 milioni, ai quali si sono aggiunti quasi 4 di donazioni private direttamente alle 9 ong socie che stanno lavorando a Hispaniola. I numeri parlano chiaro. La generosità degli italiani ha permesso di raggiungere 164mila persone (in particolare bambini, donne in gravidanza e anziani), di distribuire tende e teli a oltre 7mila famiglie. Di realizzare quasi mille latrine e 57 pompe idriche, di riattivare oltre 70 strutture educative. Di dare avvio a programmi di assistenza psico-sociale per circa 25mila minori, di intraprendere azioni per facilitare il ricongiungimento di quelli rimasti soli.
Risultati importanti (cui si sommano il cash for work e il sostegno alla produzione agricola di sussistenza), ma ancora non sufficienti. «Questo intervento umanitario non ha precedenti per dimensioni», sottolinea Bertotto. Né per difficoltà, si potrebbe aggiungere. La situazione della poverissima Haiti era drammatica di suo. Dopo il sisma ci si è ritrovati a ficcare i paletti delle tende su quelle che un tempo erano baraccopoli. «Ora alla stagione delle piogge sta per succedere quella degli uragani. Lo confermano molti centri scientifici che in questi giorni hanno lanciato numerosi allerta».
L’allarme finisce così con il sovrapporsi sulla valutazione che Agire ha tracciato per rendicontare in trasparenza l’uso delle risorse raccolte per Haiti: su www.agire.it è possibile un tour virtuale di monitoraggio degli interventi tramite il progetto «Web-Gis» (sempre sul web, ha lanciato un bando per individuare esperti indipendenti che valuteranno i progetti in loco). «Abbiamo impiegato il 20% dei fondi, ovvero il 100% del programmato». Una spesa «ponderata, senza fretta» che sconta ritardi anche non previsti. Avevano pensato a ritmi più serrati. «Invece – ma riguarda tutte le organizzazioni impegnate ad Haiti, non solo quelle di Agire – la complessità di ogni intervento, la lentezza burocratica nel rilascio delle autorizzazioni, la corruzione, la speculazione fanno lievitare i costi».
I cartelli – le intese sotto banco fra imprese “concorrenti” – non sono solo cosa nostra. Sono anche faccenda haitiana: nell’isola devastata i prezzi dei materiali, ad esempio edili, sono andati alle stelle. «Ed è il motivo per cui molte organizzazioni hanno scelto una gestione diretta della ricostruzione edile». Ricostruzione che a dirla tutta è ancora di là da venire: «Non siamo ancora in questa fase. Ora c’è da far fronte all’emergenza uragani: stiamo già distribuendo coperture supplementari».

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