Famiglia

La Mazzantini svela il barbone che è in noi

Recensione del libro "Zorro, un eremita sul marciapiede" di Margaret Mazzantini (di Andrea Leone).

di Redazione

Dopo il successo di Non ti muovere (Premio Strega 2002), Margaret Mazzantini torna in libreria con Zorro, Un eremita sul marciapiede. Come fece qualche anno fa Alessandro Baricco con Novecento, la Mazzantini utilizza la forma drammaturgica per scrivere in realtà un racconto; l?elemento della scrittura è infatti decisamente prevalente su quello della rappresentazione; a parte qualche didascalia e qualche indicazione scenica nulla farebbe supporre che si tratti di un testo teatrale. L?autrice sembra abbandonare i modi liricheggianti e melodrammatici tipici delle sue opere precedenti a favore di uno stile più aspro e colloquiale, ma molto presto anche il parlato del protagonista con tutti i suoi sproloqui e turpiloqui obbedisce alle regole di una bella e compiaciuta scrittura. Dopo una lunga introduzione, la Mazzantini, armata dell?infallibile arma del sentimentalismo, inizia il suo delicato, amaro, prezioso, spesso divertito e divertente poema in prosa sull?emarginato, sul barbone-poeta. Seguiamo il monologo dell?uomo. è nato in una famiglia tutto sommato normale. Il padre torna a casa tutte le sere alle sette e trenta, la madre fa le lasagne tutte le domeniche. La madre è forte, ma fa finta di essere debole per compiacere i maschi. Poi il crollo. è stato un attimo. Perdere la normalità è un attimo. Ora il protagonista si lava in mezzo alla strada, cammina senza meta, vive sulle panchine, mette paura ai bambini che gli si avvicinano per fargli l?elemosina, va nei bagni pubblici e nei Mc Donald. Fa strani incontri. Ha i suoi amori, le sue avversioni. Suscita sensi di colpa nei passanti. Osserva la città e i suoi cambiamenti. Critica l?amministrazione. Il suo sguardo è disincantato e saggio. Non è un individuo anormale. Sarebbe potuto capitare anche a te: la sua presenza per le strade della città ha il significato incessante di questo monito. Margaret Mazzantini invidia i barboni. «Mi manca la leggerezza e la libertà che stanno appiccicate sulle facce di quei randagi stradali», ha confessato in una recente intervista. «Chi di noi», continua la scrittrice e attrice italo-irlandese, «non ha sentito il desiderio di accasciarsi per strada, come marionetta, gambe larghe sull?asfalto, testa reclinata sul guanciale di un muro?». Conclude la Mazzantini: «Ci manca quell?andare silenzioso totalmente libero, quel deambulare perplesso, magari losco, eppure così naturale, così necessario, quel fottersene del tempo meteorologico e di quello irreversibile dell?orologio».

Andrea Leone


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