Ho vissuto tutta la vita, si può dire, per mio fratello. Mio fratello è Jerry Olsen, il grande Jerry Olsen.” Doninelli racconta la storia di una donna ebrea si fa suora dopo che il fratello chitarrista decide di farsi tagliare la mano perché non riusciva a fare un assolo in diciotto secondi. Questo è il filo rosso che lega tutta vicenda narrativa raccontata in forma diaristica dall’interno di un convento, che il lettore avverte non reale ma nemmeno del tutto fittizio. Da lì, da questa ossatura principale, si snoda tutta una vicenda di violenza, di alcool e droga che avvilupperà più o meno tutti i protagonisti della storia, i quali icasticamente rappresentano l’intera generazione di coloro che furono giovani durante gli anni settanta e le loro mitologie mediatiche. Alla matrice narrativa ed ideologica di Luca Doninelli calzerebbe alla perfezione la definizione che uno storico ha coniato per definire la nostra epoca tecnologica: la contemporaneità del non-contemporaneo. è questa una narrazione di povertà e redenzione, raccontata dal punto di vista di un “cervello bruciato dalla coca”, la cronaca di una ossessione, un luogo di incontro tra tradizione, pietà o sete di Assoluto ed una umanità sul punto di cancellare ogni forma di retaggio, ogni possibilità fecondazione nella Parola o fedeltà ad essa.
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