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La Manna: Il Papa viene all’Astalli per sconfiggere l’indifferenza

Intervista al presidente del Centro gesuita di Roma che da 30 anni accoglie persone in fuga dai conflitti armati e che il 10 settembre riceve la visita di Bergoglio: "il suo appello per la pace in Siria è un monito per non ripetere un altro Iraq"

di Daniele Biella

“Papa Francesco sveglia le coscienze e scalfisce l’indifferenza in cui molti di noi sono precipitati: averlo nella nostra struttura ci riempie di entusiasmo, ma la sua visita è uno stimolo a migliorare sempre di più il nostro modo di accogliere”. Il padre gesuita Giovanni La Manna Sj, presidente del centro Astalli di Roma, che riceverà Bergoglio nel primo pomeriggio di martedì 10 settembre 2013 assieme alle centinaia di profughi a cui il centro si dedica, sta preparando minuziosamente un incontro che sarà informale come quello del 7 luglio a Lampedusa, senza momenti istituzionali e con incontri privati carichi di significato, tra cui quello nella mensa generale della struttura tra i profughi e il pontefice. “L’abbiamo invitato e ha accettato telefonando di persona”, spiega La Manna, ricalcando quello che oramai può essere considerato come papa-style: rapporto più possibile diretto con la gente, con i fedeli e non solo, per trasmettere vicinanza, empatia e massimo rispetto. L’associazione centro Astalli è nata nel 1981 ed è presente oggi anche a Catania, Palermo, Trento e Vicenza: in via Astalli 14 a Roma vengono serviti ogni giorno 450 pasti e nel solo 2012 ben 21mila persone hanno usufruito dei servizi della struttura, comprendente i quattro centri di accoglienza, l’ambulatorio e la scuola di italiano.

Giovanni La Manna, qual è il primo aspetto che le viene in mente pensando a Papa Francesco, al quale fra pochi giorni stringerà la mano accogliendolo nel centro Astalli?
La continuità del suo operato. È stato a Lampedusa, viene da noi, lancia un appello molto sentito come quello dell’Angelus di domenica scorsa contro tutte le guerre, che seminano morte e profughi: il suo impegno verso chi è in difficoltà è incessante ed è un esempio per tutti. Per questo dico che la visita all’Astalli è una tappa del percorso, che ha come unico interesse il ridare valore alla vita umana, scuotendo gli indifferenti.

Secondo la sua percezione, in questi anni l’indifferenza verso chi scappa dalle guerre è aumentata o diminuita?
Diminuita, per fortuna. Il lavoro scientifico di denigrazione del diverso messo in atto dai politici che governavano qualche anno fa, ai tempi dei numeri record di profughi a Lampedusa (settembre 2011, ndr), sta venendo meno e lentamente la percezione sta cambiando. La parola ‘clandestino’ viene usata di meno e in toni meno dispregiativi, grazie anche al lavoro di buona parte del mondo giornalistico, e l’impressione di un cambiamento di rotta c’è eccome: l’immagine più bella sono i bagnati della spiaggia di Catania che aiutano gli stranieri disperati arrivati dal mare a raggiungere la spiaggia, organizzando una catena umana. Quella è l’Italia di cui, come ha sottolineato il presidente della Repubblica, bisogna andare orgogliosi.

L’appello contro la guerra lanciato ieri dal papa riguardava in primo luogo la Siria. Avete accolto famiglie siriane in queste settimane?
Sì, sempre di più, e il pontefice avrà modo di conoscerle. Arrivano pagando fino a 1400 euro a testa per la traversata, una follia. Anche per questo è ora che venga ridiscusso il concetto di asilo politico a livello di Unione europea: bisogna trovare un canale più sicuro per far viaggiare chi scappa dalla guerra, senza fare finta che il problema non ci sia.

Un eventuale intervento militare che effetto avrebbe sui profughi?
Sarebbe chiaramente dannoso, perché come ha detto papa Francesco, l’unica soluzione per ridurre il numero delle vittime e risolvere la quaestione è il dialogo e la diplomazia. Ma soprattutto il risveglio delle coscienze: dopo due anni di guerra e migliaia di morti, è assurdo che un attacco con armi chimiche, seppur atroce, giustifichi un’azione militare dagli esiti incerti se non negativi. E le persone ammazzate con i mitra, le pistole, le bombe dei mesi scorsi? È un atteggiamento farisaico…

Ipocrita?
Sì, la comunità internazionale sta sperimentando in questi giorni un fallimento totale del proprio ruolo: non sono bastati l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, siamo alle porte di un altro disastro umanitario. La speranza è che chi decida ritrovi la giusta lucidità, avendo come unico interesse la salvezza di tutto il popolo siriano, dei civili, di coloro che mettono in gioco la propria vita nel tentativo di porre fine al conflitto in modo pacifico.

Paolo Dall’Oglio, gesuita come lei, è da un mese nelle mani di supposti estremisti islamici. Ha notizie?
Aspettiamo con trepidazione e speranza un segno positivo. Chiaramente in casi come questi bisogna agire con la massima cautela, quello che possiamo fare noi è pregare per lui come per tutte le altre vittime della guerra in corso.

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