Famiglia

La mala educaciòn

di Benedetta Verrini

Secondo un’indagine dell’associazione “Donne e qualità della vita”, i nostri bambini risultano essere tra i meno amati dagli albergatori europei a causa del loro comportamento irrispettoso delle regole basilari: urlano, corrono, sono capricciosi, scrivono sui muri, rompono oggetti e via dicendo. I loro coetanei del nord Europa, invece, siedono tranquillamente a tavola con i genitori, non protestano per ciò che trovano nel piatto e parlano senza urlare.

Il cliché del bambino straniero che al ristorante se ne sta tranquillo e compassato mi ha sempre insospettita (avrà la sedia elettrificata? è stato minacciato? è sotto sedativi?). In ogni caso, bisogna ammettere che in Italia la distanza tra una naturale vivacità e la vera maleducazione, nei luoghi pubblici, si sta assottigliando sempre di più: provate a stare in un parchetto un intero pomeriggio per averne un assaggio.

L’educazione dei figli è un argomento che divide, sempre. E’ una dimensione in cui si fatica parecchio a vedersi dall’esterno, a fare autocritica, a far tesoro di buoni consigli. Ciò che ti permette di evolvere, spesso, è il confronto con altre famiglie: parlare con gli altri consente di relativizzare problemi apparentemente insormontabili (“anche il tuo sclera ogni volta che si va al supermercato?”, “come fai a metterlo a nanna senza che ti costringa a restare con lui tutta la sera?”, “morde i compagni d’asilo, che si fa? museruola?”).

Poi, ci sono casi in cui la differenza di visione, nell’educazione, ti allontana per sempre. Se non condividi (e quindi non sopporti) il fatto che i figli dei tuoi amici non vengano mai richiamati all’ordine, che seguano modelli di comportamento diversi dai tuoi, che abbiano forme di svago molto lontane da quelle che proponi ai tuoi figli (si va dalla scelta dei cartoni animati fino ad arrivare, molto più avanti, al rifornirli o meno di videogiochi e telefonini) è chiaro che difficilmente continuerai a frequentarli.

Tra le situazioni più classiche, quelle della cena o della festa di compleanno in cui tu ti ritrovi a fare il sergente maggiore mentre gli altri genitori se ne stanno a chiacchierare in pieno relax (magari mentre i loro figli compiono gesti efferati ai danni di cose, animali domestici e altri minori…).

Alla fine, allora, è giusto tenere il guinzaglio stretto o lungo? Penso che ogni genitore scelga la linea che lo fa stare meglio, e poi spera che i semi gettati diano frutti. Chi suda le classiche sette camicie per insegnare ai figli a essere gentili, a non toccare le cose altrui, a condividere i propri giochi, a dire grazie, a chiedere scusa o permesso, lo fa nell’Italia di oggi, un paese umiliato dove chi frega il prossimo è considerato furbo, dove chi prevarica passa per vincente. Dunque, mi domando (non priva di angoscia), chi cerca di educare sta effettivamente educando o sta castrando, sta creando elementi deboli, fragili, senza gli anticorpi per reagire alla più generale “ferocia” della massa?

Non ho una risposta, ovviamente. Penso che sulla lunga distanza la buona educazione sia sempre un’arma vincente. Almeno, fai un figurone quando vai al ristorante.

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