Formazione

La lotta alla povertà ha già 30 milioni di voti

Parla Patrick Watt "Al governo salirà chi convince sul futuro dei Paesi poveri oltre che sui trasporti"

di Carlotta Jesi

Tony Blair ha un?agenda politica da polso. O meglio, un braccialetto: bianco, di lattice, con la scritta «make poverty history», trasforma la povertà in un pezzo di storia. È un regalo della società civile inglese che, dopo averlo duramente criticato per la guerra in Iraq, s?è mobilitata per inserire l?Africa, la cancellazione del debito estero dei Paesi poveri e il commercio giusto tra le priorità del suo governo per il 2005. Anno in cui Blair tiene la presidenza di turno dell?Unione europea, del G8 e in cui chiede agli elettori un terzo mandato da premier.
Tutte occasioni che il primo ministro inglese sembra deciso a sfruttare. Da gennaio, nell?ordine, ha: creato una Commissione per l?Africa con l?obiettivo di garantire il diritto alla vita e alla salute dei suoi abitanti; annunciato che intende mantenere la promessa fatta all?Onu di destinare lo 0,7% del Pil in aiuto allo sviluppo e che userà la sua influenza come ospite del G8 di luglio per chiedere a tutte le grandi potenze del mondo la cancellazione del debito estero dei Paesi poveri. In più c?è il braccialetto bianco, che fa arrabbiare i conservatori – «l?attenzione di Blair per l?Africa è solo un trucco per far dimenticare ciò che ha fatto in Iraq» – e insospettire i cronisti: con 30 milioni di elettori che dichiarano di aver fatto qualcosa per sostenere la lotta alla povertà della società civile, indossare il braccialetto della Make poverty history campaign non è solo un calcolo politico?
«Anche se lo fosse, non importa», risponde a Vita Patrick Watt, policy officer di ActionAid International, una delle ong che ha lanciato la campagna internazionale per trasformare la povertà in un pezzo di storia e che ha lavorato fianco a fianco con Tony Blair per mettere l?Africa al centro della sua agenda.
Vita: Non importa?
Patrick Watt: No. Per la prima volta nella storia politica inglese, l?aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri è un tema centrale su cui si vincono o si perdono le elezioni. Per la prima volta, l?Africa è una priorità. Se sotto c?è un calcolo politico, è secondario.
Vita: Lei crede che ci sia?
Watt: Credo che l?interesse per il tema dello sviluppo, sia per il premier Tony Blair sia per il ministro del Tesoro, Gordon Brown sia genuino. Credo che entrambi abbiano colto l?importanza di questi temi dopo il successo delle campagne Jubilee 2000 e Drop the debt ai G8 di Genova e di Colonia. Li ha colpiti la grande mobilitazione internazionale di associazioni, ong, scuole, sindacati e Chiese. Delle Chiese, soprattutto. Entrambi sono cristiani e spesso hanno citato il senso di ?giustizia? che gli viene dalla fede come una delle motivazioni del loro impegno per lo sviluppo. Questo non toglie che l?Africa sia un argomento interessante anche per altre ragioni.
Vita: Quali, per esempio?
Watt: Sul debito dei Paesi poveri e sulla lotta alla povertà in questo momento la Gran Bretagna potrebbe trovare un accordo e un agire comune con gli Stati Uniti, vicinanza che invece sembra impossibile su temi come il Medio Oriente in cui Londra si allinea su posizioni strettamente europee.
Vita: A pochi mesi dal G8, sembra vero il contrario: a Washington non interessa l?International Financial Facility proposta da Gordon Brown per liberare nuovi fondi da destinare ai Paesi poveri e anche sulla cancellazione del debito non c?è accordo. Crede che la divergenza di opinioni su questi temi che spesso esprimono il vostro premier e il vostro ministro del Tesoro possano confondere Washington e altri governi?
Watt: Effettivamente ci troviamo in una situazione quasi paradossale: al tavolo di governo siedono tre persone molto potenti – Blair, Brown e il ministro degli Aiuti, Hillary Benn – che quasi fanno a gara per proporre azioni sociali e umanitarie e che, nell?immediato, sembrano avere obiettivi diversi. Credo però che in vista del G8 si arriverà a una definizione di obiettivi comuni. E che, alla società civile, questa attenzione-rivalità sul sociale faccia gioco: crea uno spazio per fare lobby che prima d?ora mai avevamo avuto.
Vita: Neppure quando a capo della Cooperazione e degli aiuti internazionali c?era Clare Short, la ministra che si dimise dopo la dichiarazione di guerra all?Iraq?
Watt: Neppure. Il rapporto tra le grandi ong per lo sviluppo e la Short era meno idilliaco di quanto lei lo dipingesse. Benn ha creato uno spazio di confronto più critico.
Vita: Che tipo di contatti avete con Blair? In che modo, esattamente, siete riusciti a fargli mettere l?Africa in agenda?
Watt: Nell?ultimo anno, insieme alle altre ong che in Gran Bretagna si occupano di sviluppo, l?abbiamo incontrato almeno tre volte anche grazie al ruolo di traid union svolto da Bob Geldof, che conosce il premier da tempo e che l?ha sensibilizzato sui temi per cui ci battiamo da sempre. ActionAid Internatio-nal, inoltre, ha uno stretto rapporto con Gordon Brown: a dir la verità vediamo più spesso lui che il premier.
Vita: Si dice che sia il ministro del Tesoro la vera anima sociale del governo Blair, è d?accordo?
Watt: Brown è di certo più popolare, specie per un certo elettorato di sinistra che non ha perdonato a Blair di aver mandato i soldati inglesi in Iraq. Credo che l?interesse e l?impegno di Brown sui temi del debito estero e dell?aiuto allo sviluppo sia più antico e, in parte, più informato. Ma questo anche per il ruolo che svolge nei summit internazionali.
Vita: Alle elezioni del 5 maggio la coppia Blair-Brown ha parlato di due importanti risultati sociali: la crescita della percentuale di Pil destinata all? aiuto allo sviluppo che oggi si attesta sullo 0,34%, anche se rimane lontana dallo 0,7% del Pil promesso all?Onu, e la decisione inglese di ripagare il 10% dei debiti che i 22 Paesi più poveri devono alla Banca mondiale e alla Banca africana dello sviluppo. Come giudicate questi risultati?
Watt: In modo critico. La nostra percentuale di Pil destinata in aiuto allo sviluppo è migliore di quella di altri Paesi europei, tra cui l?Italia, ma la promessa di destinare lo 0,7% del Pil è stata fatta nel 1997, il governo si sta muovendo troppo lentamente, soprattutto se paragoniamo questo suo agire alla velocità con cui destina fondi e uomini per la guerra in Iraq. Quanto al ripagamento di una parte del debito estero, si tratta di una cifra che già stava nel budget di governo e non di un nuovo stanziamento. Inoltre è una misura di cui beneficiano ancora troppi pochi Paesi.
Vita: Cosa vi aspettate dal prossimo G8 e dalla presidenza inglese dell?Ue?
Watt: Nessuno di noi crede che le decisioni prese quest?anno cambieranno il destino dell?Africa nell?immediato. Una cosa è certa, però: cambieranno e hanno cambiato l?atteggiamento dei politici nei confronti dei Paesi poveri. Alle elezioni d?ora in poi vince chi convince gli elettori sull?aiuto allo sviluppo oltre che sul sistema di trasporti e sulla crescita economica del Paese.

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