Sostenibilità

La lotta agli sprechi comincia dal piatto

di Redazione

A noi bambini era assolutamente vietato lasciare qualcosa nel piatto. E sì che allora, tempo di guerra, i cibi non erano della qualità di cui oggi noi godiamo e una certa resistenza sarebbe stata ammissibile.
Ricordo punizioni severe, piatti di carote o spinaci riproposti per giorni ai pargoli recalcitranti, feroci reprimende e riferimenti ai bambini africani che, allora come oggi, “morivano di fame”. Bene: lo spettacolo al quale chiunque può assistere nelle case e soprattutto nei ristoranti, osterie, alberghi, è quello d’intere porzioni di cibo abbandonate nei piatti e destinate al secchio delle immondezze. Bellissime bistecche, fette di torta, lasagne e risotti, una volta spilluzzicati, vengono abbandonati al loro destino, che è immancabilmente, quello della pattumiera. Questo si rileva non solo nei locali più eleganti e sofisticati ma anche in luoghi ove la clientela dovrebbe essere più sensibile e attenta ai dettami dell’ecologia.
Per me e per mia moglie (reduce dalle tremende privazioni dell’assedio di Budapest nel 1944) non esiste la possibilità lasciare qualcosa nel piatto; e anche la poco elegante tecnica della “scarpetta” è praticata con maniacale perizia. E la norma di rimettere a tavola la sera le pietanze avanzate a pranzo è assolutamente rispettata, anche se rivedendo per la terza volta i resti di una cena estratti dal congelatore li definisco “il cibo del Capitano Scott” con riferimento ai viveri trovati dopo anni nella capanna dello sventurato esploratore Robert Falcon Scott, morto congelato vicino al Polo Sud.
Questo, naturalmente, riguarda gli sprechi domestici non considerando il campo degli sprechi alimentari degli esercizi commerciali come mercati, supermercati, rivendite e altri ove questa è la tragica norma.


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