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La Libia fa marcia indietro e abbandona i “soccorsi” nel Mediterraneo

Dopo mesi di attacchi da parte della Guardia costiera libica alle Ong impegnate nelle operazioni umanitarie per assistere i migranti in mare arriva la clamorosa marcia indietro di Tripoli: abbandonano il controllo sulla zona di ricerca e soccorso

di Ottavia Spaggiari

Arriva dopo mesi e mesi di tensione nelle acque internazionali a largo della Libia e di attacchi crescenti alle Ong impegnate nel soccorso ai migranti nel Mediterraneo da parte della Guardia costiera libica, l’annuncio dell’abbandono da parte di Tripoli della zona di ricerca e soccorso (Search and Rescue, Sar).

La notizia è stata ottenuta da Sergio Scandura di Radio Radicale e confermata da Avvenire che, proprio con questa clamorosa marcia indietro da parte di Tripoli, ha aperto il giornale di giovedì.

A confermare la decisione del ritiro a Vita, anche il Segretariato dell’Organizzazione Marittima Internazionale (OMI) che in una e-mail ha dichiarato di aver ricevuto «una comunicazione da un rappresentante governativo della Libia del ritiro della missiva ufficiale precedente, datata 10 luglio 2017, inviata al Segretario generale sulla designazione da parte del governo di una regione di ricerca e soccorso (Srr) libica», l’OMI ha inoltre specificato che «Dal momento che non vi è mai stata una diffusione della comunicazione precedente, poiché mancavano alcuni chiarimenti da parte libica, non ci sarà nessuna diffusione (ufficiale n.d.r.) della comunicazione relativa al ritiro da parte del Segretariato», spiega l’OMI, sottolineando qui la mancanza di un mandato ufficiale, come se i libici avessero fatto tutto da soli.

Secondo la Convenzione Internazionale sulla Ricerca e il Soccorso marittimo, agli Stati viene richiesto di partecipare allo sviluppo di servizi di ricerca e soccorso per assicurare che l’assistenza si garantita a chiunque si trovi in una situazione di pericolo in mare. Questo dovrebbe essere fatto individualmente o in cooperazione con altri Stati e, con l’OMI.

Nessun ulteriore chiarimento. «La lettera informava semplicemente che l’avviso precedente veniva revocato» e che «una nuova comunicazione sarebbe stata resa disponibile “a breve”», conclude l’OMI.

La rivendicazione del controllo della zona Sar da parte di Tripoli era stata avanzata all’Organizzazione Marittima Internazionale (OMI) lo scorso luglio, per poi annunciare ai media all’inizio di agosto la decisione di lasciare entrare nell’area solo le imbarcazioni autorizzate da parte delle autorità libiche, proprio in contemporanea con la stretta definitiva sulle Ong sulla spinta di Roma e Bruxelles.

Il 10 agosto in una conferenza stampa a Tripoli, il generale Ayoub Qassem aveva dichiarato di voler mandare «un messaggio chiaro a tutti coloro che infrangono la sovranità libica e mancano di rispetto alla Guardia costiera e alla Marina», aggiungendo poi che la misura era diretta in particolare «alle Ong che fingono di voler salvare i migranti illegali e portare avanti azioni umanitarie». Come avevamo raccontato, gli ultimi mesi sono stati segnati da veri e propri attacchi alle navi umanitarie da parte della Guardia costiera libica, che in diversi casi ha utilizzato anche armi da fuoco.

L’ultimo tragico episodio il 6 novembre scorso, a 30 miglia dalla Libia, durante un’operazione di salvataggio a cui aveva partecipato anche l’Ong tedesca Sea-Watch insieme ad una nave militare francese e ad un elicottero della Marina italiana.

Oltre a rifiutarsi di rispondere alle chiamate via radio di coordinamento da parte delle altre tre imbarcazioni, la Guardia costiera aveva iniziato addirittura a malmenare e a minacciare quelle persone che era riuscita a portare a bordo, spingendoli a ributtarsi in acqua. Aveva poi finito per ripartire velocemente, ignorando l’appello di fermarsi lanciato via radio dagli altri soccorritori, nonostante un uomo, poi annegato, fosse rimasto attaccato ad una fune che spuntava dall’imbarcazione. Nella stessa operazione erano annegate almeno 20 persone e altre 5, tra cui un bambino di circa 4 anni, erano state recuperate senza vita dall’imbarcazione di Sea-Watch. Vita aveva raggiunto Gennaro Giudetti al telefono, il giorno dopo l’operazione di salvataggio, ancora sotto shock: «.(..)Mi amareggia pensare che c’è ancora oggi chi liquida quanto accade con frasi come “c’è un’invasione che va fermata”. E ancora di più il fatto che sto pagando con i miei soldi da contribuente l’accordo che il governo italiano ha fatto con la Libia, le navi donate alla Guardia costiera libica tra cui immagino la stessa che ieri si è macchiata di quanto ho visto. È follia pura. Per questo chiedo di potere andare a parlare quanto prima al ministero dell’Interno, davanti allo stesso ministro Minniti se avesse la cortesia di ricevermi. Gli vorrei dire di fermare immediatamente questo accordo. Non si può dire, ora più che mai, “chissà cosa succede veramente?”. Io c’ero, è tutto vero, sta succedendo e non deve succedere mai più».

Foto: Moas

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