Sostenibilità
La libertà dei consumatori vale più di un sacchetto di bio-plastica
Il Consiglio di Stato mette la parola fine al bluff dei sacchetti bio-imposti per legge: i consumatori potranno portare da casa e riutilizzare le loro borse purché biodegradabili. «Se le buste reperite autonomamente fuori dal locale commerciale sono idonee - scrivono i giudici - non è possibile vietarne l'utilizzo». Una vittoria per il consumerismo, una sconfitta per chi usa la retorica dell'etica e dell'ambiente solo per coprire interessi economici di parte
di Marco Dotti
La libertà dei consumatori non vale un sacchetto di bio-plastica. L'etica e la responsabilità nel consumo valgono più di qualsiasi interesse lobbystico.
È dunque da accogliere con grande soddisfazione l'argomentazione con cui il Consiglio di Stato (potete leggere il parere integrale qui) dovrebbe aver messo la parola fine al mercimonio sui sacchetti biocompostabili.
Il Consiglio di Stato, su richiesta del Ministero della Salute, ha chiarito la disciplina contenuta introdotta dall’art. 9 bis, d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito nella legge 3 agosto 2017, n. 123.
Il consumatore, al quale si voleva imporre un balzello impedendogli di usare sacchetti bio portati da casa , può – così il Consiglio di Stato – «utilizzare sacchetti in plastica autonomamente reperiti», purché «idonei a preservare l’integrità della merce e rispondenti alla caratteristiche di legge». E l’esercizio commerciale non può «vietare tale facoltà» al consumatore.
Il consumatore potrà comprare le borse di plastica fuori dal supermercato. Si legge nel Parere del 29 marzo 2018, n. 859 che: «non sembra consentito escludere la facoltà del loro acquisto all’esterno dell’esercizio commerciale nel quale saranno poi utilizzate, in quanto, per l’appunto, considerate di per sé un prodotto autonomamente acquistabile, avente un valore indipendente da quello delle merci che sono destinate a contenere».
Non solo: potrà anche usare borse in materiale diverso dalla plastica, «in luogo delle borse ultraleggere messe a disposizioni, a pagamento, nell’esercizio commerciale – contenitori alternativi alle buste in plastica, comunque idonei a contenere alimenti quale frutta e verdura, autonomamente reperiti dal consumatore; non potendosi inoltre escludere, alla luce della normativa vigente, che per talune tipologie di prodotto uno specifico contenitore non sia neppure necessario».
Una diversa interpretazione – dichiara il Consiglio di Stato – «tradirebbe lo spirito stesso della norma, che è quello di limitare l’uso di borse in plastica. In analogia con tale conclusione, di conseguenza, al fine di scongiurare differenziazioni che, allo stato, non trovano giustificazione in alcuna norma, deve concludersi che l’esercizio commerciale deve permettere anche l’uso di borse in plastica leggere autonomamente introdotte dal consumatore nel punto vendita».
Coop ha però sottolineato come la sentenza del Consiglio di Stato sia «di difficile attuazione nella gestione operativa dei punti di vendita, ma soprattutto per l’impossibilità di verificarne l’idoneità rispetto alle leggi vigenti».
Al riguardo Coop ha risposto: «Auspichiamo che vengano interpellate le associazioni della distribuzione per evitare che le norme diventino ancora più complicate delle attuali, di difficile applicazione per i consumatori e per gli operatori dei punti di vendita. Nel merito dei provvedimenti riproponiamo con forza l’esigenza di autorizzare le aziende a fornire gratuitamente sacchetti ultraleggeri compostabili per i consumatori; sarebbe un vantaggio per i consumatori e una semplificazione importante per gli operatori. Coop inoltre è interessata a favorire l’utilizzo di strumenti diversi dai sacchetti monouso e quindi a sperimentare l’utilizzo di borse riutilizzabili che possono produrre un ulteriore vantaggio per l’ambiente».
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