Non profit
La lezione di Kony 2012 per il non profit
Il video più cliccato di sempre è riuscito dove molti falliscono: catturare i giovani
Ha galvanizzato i giovani americani, ha ispirato una marea di donazioni e suscitato anche aspre reazioni critiche. Ma per una parte del mondo non profit, il successo senza precedenti del video sul signore della guerra africano Joseph Kony ha rispolverato un sentimento sgradevole quanto terra terra: l’invidia.
<<Ha fatto emergere un potenziale enorme>>, ha spiegato al New York Times Suzanne Nossel, direttore esecutivo di Amnesty International USA. La scorsa settimana, la campagna è stato un tema caldo di discussione tra i leader del non profit. <<Non è la prima volta che una campagna raggiunge un risultato simile>>, ha aggiunto, <<ma non su un singolo problema o una singola azione o, meno che mai, su un solo video>>.
Il video, prodotto da Invisible Children, un’organizzazione non profit della California, ha battuto ogni record su Internet dopo la sua pubblicazione su youtube il 5 marzo, attirando un pubblico globale di decine di milioni di persone in pochi giorni. Un successo senza precedenti che ha suscitato anche diverse reazioni da parte di alcuni dirigenti del settore umanitario, convitnti che il video abbia semplificato un problema complesso, e anche da cittadini dell’Uganda e di altri paesi che hano sperimentato la furia del sanguinario Kony, che hanno giudicato il filmato troppo “bianco” e il suo messaggio troppo del tipo “gli americani che salvano gli africani”.
Ma tra unna critica e l’altra, molti hanno preso appunti. Innanzitutto, la diffusione del video, rapidissima tra i giovani sotto i 25 anni, ha colpito Marc Dubois, direttore esecutivo della sede britannica di Medici Senza Frontiere. <<E’ uno spartiacque>>, ha detto. <<Invisible Children ha dimostrato che il potenziale di idealismo giovanile esiste, e può far crescere non solo la consapevolezza di una causa, ma anche la raccolta fondi per sostenerla>>.
<<In genere ci rivolgiamo a chi possiede smartphone, legge libri e viaggia in aereo>>, ha detto, parlando in veste non ufficiale dei suoi colleghi presidente del non profit. <<Certo, i ragazzini non faranno mai una donazione da 10.000 dollari in una volta sola, ma la faranno un po’ alla volta. Comunque doneranno. E lo faranno anche i loro genitori>>.
Il coordinamento che sta dietro Kony 2012 ha dato una lezione a tutto il mondo del non profit realizzando una campagna basata sui social network che però è riuscita anche ad arruolare diverse celebrities, un altro modo per coinvolgere i giovani e insegnare qualcosa ai gruppi più tradizionali. Per di più, è riuscita a tenere alta l’attenzione sui social media anche quando veniva duramente attaccata e criticata. <<La maggior parte delle associazioni sparisce letteralmente quando accade qualcosa del genere>>, sottolinea Lucy Bernholz, visiting scholar presso la Stanford Center on Philanthropy and Civil Society. <<Ed è la cosa peggiore che si possa fare: suscitare un acceso dibattito e poi uscire dalla stanza>>. Immediato il paragone tra Invisible Children e il caso Komen, la fondazione anticancro completamente annichilita dalle critiche per aver sospeso i finanziamenti a un gruppo abortista (vita.it ne aveva parlato qui).
Certo, l’impatto del video non ci sarebbe stato senza il lavoro tradizionale di advocacy, incontri e pubblicità digitale e non che Invisible Children ha portato avanti per anni. Ma il caso Kony2012 è stato davvero dirompente. L’agenzia di misurazione di contatti online Visible Measure ha calcolato che il video principale e i link ad esso hanno fatto totalizzare un totale di 100 milioni di clic in sei giorni. Un record assoluto che ha scalzato quello precedente detenuto dall’esibizione di Susan Boyle a Britain’s got Talent, che ci mise nove giorni per arrivare a 100 milioni di contatti.
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