Politica
La lezione del flop gialloverde: senza relazioni, non si governa
Il prosciugamento delle filiere relazionali è stato uno dei tratti caratterizzanti del modus operandi giallo verde. E lo è stato, fin dal contratto di governo dove il mondo del Terzo settore era completamente assente. Il suicidio del Conte-Salvini-Di Maio è incominciato così. Chi verrà dopo di loro lo tenga ben presente
di Redazione
Scrivono Johnny Dotti, Andrea Rapaccini e Francesco Gaeta nell’editoriale del numero di Vita che troverete in distribuzione a settembre: «Pensiamo che prima che oggetti (res), i Commons siano un “sistema di relazioni”, tra persone, ecosistemi da preservare, strumenti e sentimenti. Ne discende che la definizione di bene comune non si esaurisce nel titolo giuridico di chi ne ha il possesso, e dunque nel suo essere o meno sottratto alla disponibilità del mercato, quanto nelle finalità a cui il bene risponde – la più ampia e partecipata fruizione possibile – in virtù della sua rilevanza collettiva. Ciò che rileva è infatti proprio il sistema di relazioni, cioè il patrimonio di fiducia, gli incentivi alla cooperazione, gli scambi reciproci di informazioni che si innescano tra i portatori di interesse a una gestione partecipata. Abbiamo appreso dal lavoro di Elinor Ostrom che questo sistema non è dato una volta per sempre, ma evolve a seconda dei casi, dei territori, delle fasi storiche».
Il prosciugamento delle filiere relazionali è stato uno dei tratti caratterizzanti del modus operandi giallo verde. E lo è stato, fin dal contratto di governo dove il mondo del Terzo settore era completamente assente. Lo è stato, su temi e con timbri talvolta (ma non sempre) differenti, sia nella versione salviniana, sia in quella grillina. Se c’è stato un comun denominatore che in questi 14 mesi ha compattato questa maggioranza bicefala è stata la presunzione di poter fare a meno dei corpi intermedi e delle rappresentanze sociali. Detto in altri termini delle filiere relazionali, come un osservatore attento e indipendente come il professor Stefano Zamagni negli ultimi tempi non si è stancato di denunciare.
Partiamo dai Cinque Stelle. Il contrasto alla diffusione indiscriminate del gioco d’azzardo legale è stato uno dei cavalli di battaglia della loro trionfale campagna elettorale dello scorso anno figlia anche dell’ascolto del Movimento no slot e dei tanti soggetti sociali impegnati in quella battaglia. Una volta entrati nella cabina di comando la relazione con la società civile impegnata su questo fronte si è via via spenta, fino al paradosso per chi sino a ieri dichiarava che avrebbe fatto di tutto per vietare «senza se e senza ma tutta la pubblicità del gioco d'azzardo» di aver di fatto calato le braghe di fronte alle linee guida molto permissive dell’Agcom. E allo stesso modo: spallucce i pentastellati hanno mostrato di fronte anche alle osservazioni sul reddito di cittadinanza presentate e circostanziate dall’Alleanza contro le povertà (una rete larghissima di soggetti sociali che nel 2013 hanno deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese).
Ancora più fragorosa (ma non meno sostanziale) è stata la rottura delle relazioni fra Lega nazionale, nazionalista e sovranista e il tessuto dei soggetti sociali (cosa che non vale nella stessa misura sui territori, specie nelle piccole amministrazioni del nord, governati – non a caso spesso da molti anni – dalla stessa Lega dove il dialogo con i soggetti sociali è talvolta reale e proficuo). Della costante e artificiosa campagna contro le cooperative del business dell’accoglienza e le ong abbiamo detto e scritto più volte su queste colonne (e qui le responsabilità di Di Maio non sono secondarie). E lo stesso schema è stato usato per esempio, anche qui in chiave sfacciatamente propagandistica, contro il sistema degli affidi, delle comunità per minori e adolescenti e delle case famiglia. Un sistema, a cui Vita magazine dedica proprio il numero di settembre, che senz’altro va migliorato, ma che certo non merita attacchi generici e allusivi come quelli di Di Maio o di Salvini quando dice: «Non avrò pace fino a che l’ultimo bambino sottratto ingiustamente a mamma e papà non tornerà a casa dai propri genitori. Con la commissione d’inchiesta sulle case famiglia, temo che schifezze, falsità e truffe emergeranno in tante case famiglia italiane». Detto per inciso di commissioni sul tema solo per stare agli ultimi anni ce ne sono state una nel 2016 e una nel 2017.
Oggi in Senato è apparso plasticamente come dentro lo stesso governo la qualità delle relazioni fosse pessima, ma il Conte-Salvini-Di Maio si è suicidato (e in pochi si stracceranno le vesti) perché non ha saputo coltivare relazioni proficue con i soggetti civili e sociali che rendono l’Italia un Paese degno di essere vissuto. Quello che in appena 14 mesi è andato in crisi è il sistema di relazioni interno ed esterno del Governo Conte. Chi verrà dopo lo tenga ben presente.
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