La “Lettera alla scuola” dell’Atlante dell’infanzia
Cresce il numero dei bambini in povertà assoluta: 1 su 8 (il 14% in più dell'anno precedente). Ogni anno oltre 130mila ragazzi sono a rischio dispersione scolastica e l'abbandono contina a essere una delle sfide principali della scuola italiana. L'organizzazione ha lanciato "Fuoriclasse in Movimento" rete nazionale che promuove il confronto tra docenti, alunni e genitori per contrastarlo
È una “Lettera alla scuola” l’VIII Atlante dell’infanzia a rischio di Save the Children che è stato presentato oggi martedì 14 novembre, a Roma. Pubblicato da Treccani sarà nelle librerie dal 23 novembre. Alla presentazione in anteprima si è puntata l’attenzione sulla fotografia di un’Italia in cui le famiglie con minori in povertà assoluta in dieci anni sono quintuplicate. Dove ci si trova a fare i conti con gli effetti della recessione sulla motivazione dei giovanissimi e soprattutto di una nazione sempre più vecchia, con oltre 165 anziani ogni 100 bambini. Le strutture sono spesso inadeguate, con 4 istituti su 10 non dotati di laboratori a sufficienza.
A cinquant'anni dalla scomparsa di Don Lorenzo Milani nel sistema scolastico nazionale le diseguaglianze sociali continuano a riflettersi sul rendimento degli alunni.
Basti osservare come negli istituti con un indice socio-economico-culturale più basso più di 1 quindicenne su 4 (il 27,4%) è ripetente, mentre negli istituti con indice alto la quota scende quasi a 1 su 23 (il 4,4%). Uno studente di quindici anni su 2 (il 47%) proveniente da un contesto svantaggiato, inoltre, non raggiunge il livello minimo di competenza in lettura, otto volte tanto rispetto a un coetaneo cresciuto in una famiglia agiata. Tra i bambini e i ragazzi che vivono in condizioni di disagio è ancora elevato il rischio di dispersione scolastica: nelle scuole secondarie di secondo grado il tasso di abbandono in un anno è stato del 4,3%, pari a 112.000 ragazzi, mentre in quelle di primo grado il tasso scende all’1,35%, che corrisponde a 23mila alunni.
È da qui, dalla scuola, luogo dell’infanzia che dovrebbe superare le diseguaglianze, offrendo pari opportunità, coltivando l’istruzione, l’educazione all’affettività e alla socialità dei bambini per allontanarli dai fattori di rischio, che si snoda il viaggio dell’Atlante di Save the Children che quest’anno propone un percorso in sei capitoli attraverso la scuola italiana con l’obiettivo di osservare e ascoltare il nostro sistema scolastico dalla prospettiva degli studenti e, in particolare, di coloro che vivono ai margini rischiando, oggi come cinquant’anni fa, di venire espulsi (anche) dalla scuola. Che, commenta Valerio Neri, Dg di Save the Children dovrebbe essere luogo chiave nell’infanzia di ogni bambino: «è qui che i talenti e le relazioni vengono sviluppati, è qui che sono gettate le basi del loro futuro. Oggi continuiamo a trovarci di fronte a una scuola che, a volte, alimenta le disparità: raccontare il sistema scolastico, il modo in cui esso riesca o non riesca a superarle, significa affrescare la condizione dell’infanzia in Italia. Save the Children lotta affinché sia riconosciuto il diritto di tutti i bambini a un’eguale istruzione, a prescindere dal contesto sociale e economico in cui vivono. Bisogna percorrere i corridoi, entrare nelle aule, dare voce a pedagogisti, docenti e studenti, facendo tesoro del buono e individuando cosa è migliorabile. Ogni bambino deve accedere alle stesse opportunità, ha il diritto di essere protagonista e di essere ascoltato».
«A scuola i bambini si liberano dall’ignoranza, dai pericoli della strada, dalla povertà, dall’isolamento, talvolta dalla solitudine, spesso dalla fame e dalle malattie» afferma Massimo Bray, Dg della Treccani. «Ma è anche il luogo dove possono liberare la loro fantasia, il desiderio di conoscere, la voglia di capire, l’abitudine a stare insieme. Insomma è la strada più sicura per creare cittadini liberi e consapevoli»
«Negli ultimi decenni il quadro dell’infanzia in Italia ha subito trasformazioni epocali alle quali la scuola ha dovuto fare fronte» dichiara Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia Europa di Save the Children. «La denatalità ha comportato la perdita di un terzo della popolazione in età dell’obbligo scolastico; le rivoluzioni culturali e tecnologiche, così come l’ingresso di un milione di bambini di origine migrante nel sistema scolastico, hanno rappresentato una grande sfida di cambiamento per la scuola. Nel frattempo, per effetto della recessione, nuove povertà economiche e educative sono tornate a minacciare il futuro dei bambini. Davanti a queste vere e proprie rivoluzioni, la scuola italiana è stata spesso lasciata sola, non sorretta da risorse adeguate e politiche lungimiranti per poter reggere il passo dei tempi. In un paese segnato da grandi squilibri territoriali, l’Italia non ha mai sperimentato un dispositivo nazionale per sostenere le scuole nei contesti più svantaggiati».
Questi i sei percorsi dei capitoli dell’Atlante che prende il via da un dato: in Italia vivono 669mila famiglie con minori in condizione di povertà assoluta che, una volta sostenuti i costi per la casa e per la spesa alimentare, possono spendere solo 40 euro per la cultura e 7,60 per l’istruzione al mese. I bambini in tale situazione – 1.292.000, il 14% in più in un anno – rappresentano il 12,5% del totale dei minori (il 12% al Nord, l’11,6% al Centro, il 13,7% al Mezzogiorno). L’inasprimento delle condizioni di povertà ha colpito, soprattutto, le famiglie numerose, con genitori giovani, di recente immigrazione. Una famiglia di origine straniera con bambini su tre vive in povertà assoluta. Il peggioramento della situazione economica è confermato dall’incremento dei minorenni in povertà relativa che nel 2016 hanno raggiunto il 22,3% (+20,2%).
La correlazione tra la condizione socio-economica e il successo (o l’insuccesso) scolastico in Italia è più forte che altrove: nelle scuole che presentano un indice socio-economico basso l’incidenza di ripetenze rispetto alle scuole con un indice elevato è 23 punti percentuali maggiore, laddove la differenza media nei paesi Ocse è del 14,3%.
Inoltre, sebbene negli ultimi decenni grazie al contrato alla dispersione scolastica si registri una tendenza positiva che ha visto il tasso di abbandono abbassarsi progressivamente dal 2008 a oggi, il fenomeno continua a rappresentare una delle principali sfide con cui la scuola italiana deve fare i conti, come mostrano i nuovi dati dell’anagrafe nazionale studenti del Miur resi disponibili nell’Atlante. Dati che consentono di tracciare un identikit più preciso degli alunni a rischio: tra i ragazzi delle secondarie di II grado, possibilità superiori di abbandono sono registrate tra i maschi, in particolare tra coloro che vivono nelle regioni del Mezzogiorno, soprattutto in Campania e Sicilia e tra quelli con i genitori di origine straniera. Il divario non è solo tra Italia e Europa, ma anche tra Nord e Sud del territorio nazionale.
La crisi economica rischia inoltre di avere un effetto negativo anche sulla motivazione degli studenti: la mancanza di lavoro e prospettive tra gli adulti di riferimento ha generato sfiducia in molti bambini e adolescenti, aumentando il rischio del fallimento formativo. In Italia meno di 1 un giovane laureato su 2 ha un lavoro (nell’Unione Europea il 71,4% di chi ha terminato l’università trova un’occupazione, in Italia appena il 44,2%, nel Mezzogiorno il 26,7%): non sorprende, dunque, che gli “scoraggiati” tra i 15 e i 34 anni siano cresciuti del 43% in dieci anni, raggiungendo quota 420mila (di questi 340mila si trovano nel Sud).
Il contrasto è poi tra i disconnessi culturali e gli ultraconnessi. Sei ragazzi su 10 (il 59,9%) tra i 6 e i 17 anni non arrivano a svolgere, in un anno, quattro delle seguenti attività culturali: lettura di almeno un libro, sport continuativo, concerti, spettacoli teatrali, visite a monumenti e siti archeologici, visite a mostre e musei, accesso a internet.
Mentre i bambini in condizioni svantaggiate non accedono mai, in un anno, al web, c’è una folta schiera di ultraconnessi: in Italia quasi 1 quindicenne su 4 (23,3%) risulta collegato a internet più di 6 ore al giorno, ben al di sopra della media Ocse ferma al 16,2% L’età in cui un bambino riceve il primo smartphone è scesa a 11 anni e mezzo.
Inoltre la scuola (non) è a misura di bambino, sottolinea un capitolo. Con solo il 4% del PIL nazionale speso nel settore dell’istruzione, contro una media europea superiore di quasi un punto percentuale (4,9%), non è facile per la scuola pubblica offrire una risposta adeguata alle problematiche che incontra. Le poche risorse si traducono in strutture spesso poco o male attrezzate: il 41% delle scuole secondarie di primo grado, per esempio, lamenta una scarsa dotazione di laboratori e ambienti di apprendimento adatti a sperimentare nuove prassi didattiche.
Quello italiano inoltre è un sistema scolastico che non sembra neppure a misura di insegnante. Il lavoro dei docenti, in questo contesto, è reso ancor più difficile dall’assenza di feedback: il 43% non riceve alcun commento o apprezzamento, anche solo informale, sul proprio operato. La scuola italiana, intanto, è vissuta con preoccupazione da molti alunni: il 56% studia con grande tensione.
Una delle sfide è sicuramente la denatalità. In cinquanta anni gli under 15 sono passati da 12 a 8 milioni, perdendo circa un terzo della popolazione in età della scuola dell’obbligo. Nonostante la tendenza fosse stata invertita dall’ingresso di molti bambini di origine straniera, negli anni scolastici dal 2015/2016 a quello in corso è stata registrata un’ulteriore contrazione di 100mila alunni. Proseguendo questo trend tra cinque anni ci saranno 361mila alunni in meno e tra dieci 774mila.
Sebbene il numero totale di alunni diminuisca, aumenta invece quello dei bambini di origine straniera, che rappresentano il 9,2% degli studenti; tra coloro che non hanno la cittadinanza italiana il 58,7% è nato in Italia. Di fronte alla sfida dell’inclusione, tuttavia, solo nel 2,2% delle scuole del primo ciclo gli insegnanti ricevono formazione specifica.
Esiste anche una scuola fatta di innovazione, dedizione, emozioni positive che è ben raccontata all’interno dell’Atlante.
«Vi sono scuole che hanno svolto e svolgono un ruolo anticipatore, di avamposto, con un artigianato intelligente, un pensiero pratico. Accanto a tante eccellenze, nelle scuole italiane si incontrano tuttavia situazioni inaccettabili, di analfabetismo didattico, precarietà organizzativa, carenze strutturali, deserti relazionali, vere e proprie discriminazioni e ingiustizie che fanno pagare un prezzo enorme ai bambini più svantaggiati. Per riformare davvero la scuola si potrebbe cominciare investendo nella trasformazione delle zone più a rischio in comunità educanti, che nel concreto significa non lasciare il sistema scolastico solo a combattere la povertà educativa. Con la costruzione di comunità educanti dove oggi regnano il degrado urbano e la criminalità si va a lavorare in frontiera: quella che segna l’orizzonte del nostro Paese e della nostra democrazia», conclude Raffaela Milano.
Per rispondere a una delle sfide principali, quella del contrasto alla dispersione scolastica, Save the Children ha presentato Fuoriclasse in Movimento, iniziativa nata dallo sforzo congiunto dell’organizzazione e dei docenti delle scuole di primo e secondo grado, che mette in rete 150 istituti in tutta Italia, raggiungendo in modo diretto 20mila minori e coinvolgendo attivamente circa 2000 insegnanti e 1000 genitori.
L’obiettivo è cambiare le politiche scolastiche, partendo dal dialogo tra docenti, studenti e famiglie: strumento centrale in questo percorso sono i Consigli fuoriclasse, tavoli di confronto per definire insieme soluzioni e azioni di cambiamento nel campo della didattica, delle relazioni, della riqualificazione degli spazi scolastici in seguito all’analisi dei problemi e delle esigenze del singolo istituto e del territorio. La formazione ai docenti, i percorsi per i genitori e i laboratori con le classi sono tra le altre attività proposte.
Il programma, soggetto a valutazione di impatto, nel primo biennio ha raggiunto nelle scuole secondarie aderenti i seguenti risultati: il numero di assenze medio è stato dimezzato, passando da 12 a 6; i ritardatari cronici sono stati ridotti dell’8,6%; il 5% degli studenti ha migliorato il rendimento in 2 materie fondamentali; le famiglie disinteressate all’andamento scolastico dei figli sono diminuite dell’8,1%.
Risultati positivi registrati anche nelle primarie. Il coinvolgimento delle scuole avviene su due livelli: uno integrato in cui gli istituti sono supportati da Save the Children sia nella realizzazione dei Consigli fuoriclasse sia nella formazione di docenti e genitori. L’altro, dove gli istituti interessati costituiscono un polo formativo interscolastico (composto da almeno 3 scuole), che permette l’attivazione in loco di percorsi di formazione per insegnanti. La scelta del livello di coinvolgimento viene fatta a partire dall'analisi dei bisogni del territorio, valutando il contesto in cui è inserita la scuola, i dati sui divari nei livelli di apprendimento e il tasso di dispersione scolastica regionale. Sul portale online che racconta Fuoriclasse in Movimento il manifesto e i criteri di adesione, ma anche le mappe e i dati che consentono di seguire l’iniziativa.
Il volume di 360 pagine è curato da Giulio Cederna, corredato dagli scatti di Riccardo Venturi, da circa cinquanta mappe e grafici e da una ventina di contributi originali scritti da insegnanti, presidi, educatori, esperti della scuola, come Domenico Starnone, Franco Lorenzoni, Fabio Geda, Giancarlo Cavinato, Andrea Gavosto, Giancarlo Cerini, Umberto Galimberti. Una versione multimediale e interattiva è disponibile online
Le prime tre immagini sono fotografie di Francesco Venturi tratte dall'Atlante
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