Politica

La leggenda del Grande inquisitore e noi

di Riccardo Bonacina

Lo scorso 18 maggio, al Teatro i a Milano, si è svolto un appuntamento del ciclo “Ex cathedra. Letture e passioni da condividere”, promosso da Fondazione Vita e Associazione Testori. Toccava al professor Silvano Petrosino, condividere la sua passione per “La leggenda del grande inquisitore” (da i Fratelli Karamazov, Dostojevskij). Una tra le giovani universitarie presenti all’incontro mi ha inviato ieri sera la sbobinatura della lettura di Petrosino, ne risporto qualche passaggio per condividerlo con voi.

Al centro del testo vi è una antropologia, cioè una visione dell’uomo, presentata in modo serio rigoroso, devo dire spaventosamente convincente dal Cardinale, che configura una visone dell’uomo che giustifica il Totalitarismo. Se l’uomo è ciò che dice il Cardinale l’unico forma di governo non può che essere il totalitarismo, qualsiasi forma abbia, anche la più sottile. La storia racconta de Il Grande  Inquisitore di Siviglia (a capo di tutta l’Inquisizione) che circondato dalle guardie mentre sta attraversando la piazza della città si accorge che molte persone si sono raccolte attorno ad un uomo, che ha fatto un miracolo: ha risuscitato una bambina morta. Il cardinale capisce subito che questa persona è Gesù tornato sulla terra, allora ordina alle sue guardie di prendere Gesù e di metterlo in carcere. Alla sera il Cardinale decide di far visita a Gesù e quindi scende nel carcere. Da qui inizia il dialogo che in realtà è un monologo del Cardinale nei confronti di Gesù in carcere.

Sai Tu che passeranno i secoli e l’umanità proclamerà per bocca della sua sapienza e della sua scienza che non esiste il delitto, e quindi nemmeno il peccato, ma che ci sono soltanto degli affamati? ‘Nutrili e poi chiedi loro la virtú!’, ecco quello che scriveranno sulla bandiera che si leverà contro di Te e che abbatterà il Tuo tempio. Al posto del Tuo tempio sorgerà un nuovo edificio, sorgerà una nuova spaventosa torre di Babele, e, quand’anche essa restasse, come la prima, incompiuta, Tu avresti però potuto evitare questa nuova torre e abbreviare di mille anni le sofferenze degli uomini (…) E allora saremo noi a ultimare la loro torre, giacché la ultimerà chi li sfamerà e noi soli li sfameremo, in nome Tuo, facendo credere di farlo in nome Tuo. Oh, mai, mai essi potrebbero sfamarsi senza di noi! Nessuna scienza darà loro il pane, finché rimarranno liberi, ma essi finiranno per deporre la loro libertà ai nostri piedi e per dirci: “Riduceteci piuttosto in schiavitú ma sfamateci!”. Comprenderanno infine essi stessi che libertà e pane terreno a discrezione per tutti sono fra loro inconciliabili, giacché mai, mai essi sapranno ripartirlo fra loro! Si convinceranno pure che non potranno mai nemmeno esser liberi, perché sono deboli, viziosi, inetti e ribelli. Tu promettevi loro il pane celeste, ma, lo ripeto ancora, può esso, agli occhi della debole razza umana, eternamente viziosa ed eternamente abietta, paragonarsi a quello terreno? E se migliaia e diecine di migliaia di esseri Ti seguiranno in nome del pane celeste, che sarà dei milioni e dei miliardi di esseri che non avranno la forza di posporre il pane terreno a quello celeste? O forse Ti sono care soltanto le diecine di migliaia di uomini grandi e forti, mentre i restanti milioni, numerosi come la sabbia del mare, di esseri deboli, che però Ti amano, non devono servire che da materiale per i grandi e per i forti? No, a noi sono cari anche i deboli. Essi sono viziosi e ribelli, ma finiranno per diventar docili (…)

La discussione è posta subito sotto il principio della verità, il problema della verità. Il Cardinale non aspira ai soldi, alla villa in Sardegna, a qualche televisione. Egli aspira alla verità e vuole fare il bene degli uomini. Questo è un elemento decisivo, De Lubac dice: “Il Cardinale non ha mai lasciato spazio nel proprio cervello al minimo atomo di utopia, egli non comincia con il sognare una liberazione, perché ciò che lui vuole è il benessere della società, e conosce fin dall’inizio le condizioni, cioè egli pone nettamente in antitesi libertà e felicità, o la libertà o la felicità. Ciò che in particolare rimprovera a Cristo è di aver avuto fiducia nell’uomo”. Il cardinale è a questo livello del discorso, non è un rivoluzionario, non rompe i bancomat e non brucia i cassonetti, pone un problema di verità. La posizione del Cardinale è questa: la visione dell’uomo che ha Gesù è falsa, Gesù si è ingannato ha sbagliato; contro questa allucinazione di Gesù il Cardinale opporrà un’antropologia “realista”- secondo lui. È come se il Cardinale dicesse: “l’uomo non è come dici tu ma come dico io e ora te lo faccio vedere”. Ecco la verità di questa antropologia realista: l’uomo non cerca la libertà, la verità la giustizia, il bene, l’uomo vuole solo essere sfamato, diciamo meglio l’uomo vuole godere, non vuole essere uomo, e per affermare questa pulsione a godere spesso preferisce morire (PULSIONE DI MORTE) nulla è più intollerabile per l’uomo che la libertà…riduceteci piuttosto in schiavitù ma sfamateci (cioè fateci godere), questa secondo il Cardinale è la caratteristica dell’uomo.

Sottolineo un altro punto molto attuale: Sai Tu che passeranno i secoli e l’umanità proclamerà per bocca della sua sapienza e della sua scienza che non esiste il delitto, e quindi nemmeno il peccato, ma che ci sono soltanto degli affamati? Questo sarebbe il realismo?? Il cardinale è come se dicesse: “Ma come la si fa lunga sul problema della giustizia, del bene, della verità, ma come si perde tempo..non esistono queste cose. Mi ha ricordato un parlamentare che a “Porta a Porta” ha detto: “Io non sono cattolico per cui per me non esiste il peccato ma solo il reato” .
Come se il peccato non fosse proprio in relazione a quell’esperienza esistenziale dell’uomo per cui si dice: “ah peccato!”, “peccato ho perso un’occasione!”. E l’occasione è una sola nella vita: essere uomini. PECCATO! L’esperienza del peccato, come occasione mancata “avrei potuto fare il bene e ho fatto male, avrei potuto scrivere bene e ho scritto male, avrei potuto studiare bene e ho studiato male, avrei potuto amare e non l’ho fatto, e sostanzialmente AVREI POTUTO ESSERE UN UOMO E NON LO SONO STATO”.
Ma allora arriviamo a quello che è il cuore dell’antropologia del Grande Inquisitore, che lui definisce realista: gli uomini sono deboli, viziosi, inetti e ribelli (ogni volta che leggo mi trovo d’accordo con il cardinale…io sono debole vizioso inetto e ribelle). Pensate al “Grande fratello”: la gente torna a casa dal lavoro e lo guarda, invece di baciare la moglie o o affacciarsi alla finestra!
Ultimo, importantissimo appunto del Cardinale: quello che dici Tu Cristo è solo per un’élite, tu ti preoccupi solo di poche persone non di tutto il mondo: che sarà dei milioni e miliardi di esseri che non avranno la forza di posporre il pane terreno a quello celeste. Il Cardinale dice “a noi sono cari anche i deboli” (come i politici che dicono che ascoltano “la gente”).
Acconsentendo al miracolo dei pani, Tu avresti dato una risposta all’universale ed eterna ansia umana, dell’uomo singolo come dell’intera umanità. Qui il Cardinale è grandioso dice: “ti sei sbagliato perché tu ti rivolgi ad un elite, non alla massa- e noi siamo per la massa, per la gente- , a noi invece sono cari anche i deboli” (Scappare sempre quando uno dice che gli sono cari i deboli…infatti a uno a cui sono veramente cari i deboli non lo dice).

(…) noi daremo loro la tranquilla, umile felicità degli esseri deboli, quali essi furono creati. Oh, noi li persuaderemo infine a non inorgoglirsi, ché Tu li innalzasti e in tal modo insegnasti loro a inorgoglirsi: proveremo loro che sono deboli, che sono soltanto dei poveri bimbi, ma che la felicità infantile è la piú dolce di tutte. Essi diverranno mansueti, guarderanno a noi e a noi si stringeranno, nella paura, come i pulcini alla chioccia. Ci ammireranno e avranno paura di noi, e saranno fieri che noi siamo cosí potenti e cosí intelligenti da aver potuto pacificare un cosí tumultuoso e innumere gregge (…) Certo li obbligheremo a lavorare, ma nelle ore libere dal lavoro organizzeremo la loro vita come un giuoco infantile con canti e cori e danze innocenti. Oh, noi consentiremo loro anche il peccato, perché sono deboli e inetti, ed essi ci ameranno come bambini, perché permetteremo loro di peccare. Diremo che ogni peccato, se commesso col nostro consenso, sarà riscattato, che permettiamo loro di peccare perché li amiamo e che, in quanto al castigo per tali peccati, lo prenderemo su di noi. Cosí faremo, ed essi ci adoreranno come benefattori che si saranno gravati coi loro peccati dinanzi a Dio. E per noi non avranno segreti. Permetteremo o vieteremo loro di vivere con le proprie mogli ed amanti, di avere o di non avere figli, – sempre giudicando in base alla loro ubbidienza, – ed essi s’inchineranno con allegrezza e con gioia. Tutti, tutti i piú tormentosi segreti della loro coscienza, li porteranno a noi, e noi risolveremo ogni caso, ed essi avranno nella nostra decisione una fede gioiosa, perché li libererà dal grave fastidio e dal terribile tormento odierno di dovere personalmente e liberamente decidere (…) Domani Ti arderò. Dixi”.

Noi daremo loro la tranquillità! Il cardinale non promette qualcosa di impossibile: noi daremo loro la tranquillità! Questa è la grande promessa del totalitarismo. La tranquillità, però, esige un prezzo: la rinuncia alla propria libertà. Se vuoi essere veramente sicuro devi rinunciare alla libertà, così sarai tranquillo. Non puoi essere tranquillo se non rinunciando alla libertà. Decidere è veramente un tormento…(si sta configurando una società in cui non sia più necessario neppure più essere buoni, le cose vanno automaticamente, ci sono le procedure) Organizzeremo la loro vita! (vedi la Scuola di Francoforte) come se l’uomo vivesse diviso sempre separato: c’è il momento del lavoro, poi divertimento (a tavola a letto non c’è rispetto), ci sono momenti in cui puoi non essere uomo (vedi sabato sera). Organizzeremo la loro vita: lavoro e tempo libero, peccato e non peccato (come se peccato fosse in relazione alla norma, così io cambio la norma e tu non sei più in peccato )  Ma se c’è un punto della coscienza della morale di un uomo è proprio in quella percezione che la morale non si può ridurre alla dimensione legale. Permetteremo o vieteremo loro di vivere con le proprie mogli ed amanti, di avere o di non avere figli. Qui si tocca uno dei punti dell’umano: la generazione, qui si decide, si programma, con un solo fine rendere tranquilli farti godere.
Insomma il Cardinale ha proprio ragione: mica possiamo rispondere: “mia mamma mi vuole bene, il mio fidanzato è carissimo…” e il Cardinale dice domani ti arderò. Ma il finale è sorprendente:

(…)  l’inquisitore, dopo aver taciuto, aspetta per qualche tempo che il suo Prigioniero gli risponda. Il Suo silenzio gli pesa. Ha visto che il Prigioniero l’ha sempre ascoltato, fissandolo negli occhi col suo sguardo calmo e penetrante e non volendo evidentemente obiettar nulla. Il vecchio vorrebbe che dicesse qualcosa, sia pure di amaro, di terribile. Ma Egli tutt’a un tratto si avvicina al vecchio in silenzio e lo bacia piano sulle esangui labbra novantenni. Ed ecco tutta la Sua risposta. Il vecchio sussulta. Gli angoli delle labbra hanno avuto un fremito; egli va verso la porta, la spalanca e Gli dice: “Vattene e non venir piú… non venire mai piú… mai piú!”. E Lo lascia andare per “le vie oscure della città”. Il Prigioniero si allontana.
– E il vecchio?
– Il bacio gli arde nel cuore, ma il vecchio persiste nella sua idea.

La posizione del Cardinale si può riassumere così: non è possibile essere uomo, vivere da uomo. È impossibile l’amore, la relazione con l’altro senza vergogna, paura, violenza; non è possibile. E noi questo ce lo sentiamo dire sempre, “..è che tu sei buono d’animo..non è possibile..sono momenti tuoi o di quelli che credono”. È il realismo che si coniuga con il cinismo NON E’ POSSIBILE ESSERE UOMINI. Vi leggo a riguardo un passaggio del secondo capitolo della Sapienza: “Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati. La nostra esistenza è il passare di un nulla e non c’è ritorno alla nostra meta. Godiamoci i beni presenti e facciamo uso di tutte le creature con ardore giovanile”. Ecco la descrizione della fenomenologia del Cardinale inquisitore: siamo nati per caso e la nostra vita è un soffio a cui segue sempre una morale, quindi  godiamoci i beni presenti.
Però – qui Dostoevskij è un gigante. Cosa fa Cristo? Si mette a discutere? No, Cristo: dà un bacio. Come se Cristo dicesse: “Non solo è possibile amare, è sempre stato possibile, ma questo possibile avviene qui ed ora PER TE”. È un’immanenza assoluta. Il religioso è l’opposto di una trascendenza assoluta, il religioso che riguarda l’umano è l’esperienza di un’immanenza assoluta, è possibile qui e ora; un bacio. Noi avremmo discusso con il Cardinale, avremmo detto: è possibile perché c’è stata madre Teresa di Calcutta, c’è stato san Francesco.. ma  ciò che è credibile secondo Von Baltasar è solo l’amore, perché è qui ed ora. L’unica verità convincente è quella che è per te, perché una verità che facesse a meno di te non sarebbe niente. QUI E ORA, e lo bacia.
E il bacio gli arde nel cuore, gli arde nel cuore perché quell’amore è verità ed è possibile per lui.

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