Sostenibilità
La legge funziona, sono le deroghe che fanno danni
Intervista a Fernando Spina (Infs).
Tutelare la fauna selvatica significa superare l?approccio emozionale al problema caccia sì, caccia no. È il punto di vista di Fernando Spina, dirigente di ricerca presso l?Infs – Istituto nazionale per la fauna selvatica.
Ecomondo: Qual è la sua valutazione sulla legge 157?
Fernando Spina: In generale la norma è soddisfacente; prevede un calendario venatorio che prende in considerazione le problematiche biologiche degli uccelli migratori. Questi, che si spostano dall?Africa verso nord per riprodursi, usano l?Italia come un ponte sul Mediterraneo. È per questo che qui la caccia si chiude a fine gennaio, prima che nel resto d?Europa. Per alcune specie, come il merlo, finisce correttamente anche prima; la data del 31 gennaio costituisce un compromesso, che si può ritenere tecnicamente accettabile.
Ecomondo: Spesso le Regioni anticipano i calendari…
Spina: La 157 è una base di partenza corretta, i problemi sorgono quando si passa all?applicazione locale. Spesso manca un approccio tecnico e, peggio, si mescolano ragioni di ordine diverso, che portano a forzature dei dettati della direttiva europea Uccelli. Le deroghe sono a volte usate in modo distorto, tanto che l?Ue ha aperto numerose procedure d?infrazione e rischiamo di pagare multe salatissime.
Ecomondo: Come per il mancato rispetto delle Zps e Rete Natura 2000?
Spina: Sì, infatti il nostro giudizio sul recente decreto ministeriale è positivo. Finalmente il decreto bandisce l?uso di pallini di piombo nelle zone umide.
Ecomondo: Gli Atc e i Ca sono adeguati?
Spina: Anche rispetto al concetto di unità di gestione è l?applicazione della 157 che non va bene. Ci sono Atc che coprono fino a metà di una provincia. Sono troppo vasti per creare un vero legame del cacciatore con il territorio.
Ecomondo: Cosa pensa dei ripopolamenti permessi dalla legge?
Spina: Le immissioni hanno conseguenze gravissime per la conservazione. Ad esempio, la starna italica è virtualmente estinta anche proprio a causa dell?immissione di starne dall?Europa centro-orientale e il capriolo italico soffre molto delle immissioni di caprioli di origine diversa. Le dimensioni delle popolazioni cacciabili sono in tal modo aumentate artificialmente, con costi economici elevatissimi, con animali allevati in cattività e non adattati al contesto. Si dovrebbe piuttosto investire per migliorare l?habitat naturale. Sono gravi anche le conseguenze culturali: i cacciatori sono abituati a non calibrare il prelievo rispetto alle dimensioni delle popolazioni naturali. Mancano statistiche sull?entità reale dei prelievi. Servirebbe un serio monitoraggio della fauna, non solo di mammiferi e uccelli, ma anche di rettili, insetti, anfibi, ignorati da un punto di vista normativo.
Ecomondo: I cacciatori dicono che la loro figura andrebbe rivalutata…?
Spina: C?è una polarizzazione tra chi è pro o contro la caccia. Per risolvere i problemi servirebbe invece un approccio tecnico-scientifico.
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