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La legge francese sull’Economia sociale e solidale

di Alessandro Mazzullo

 

In Italia, in attesa che la Costa Concordia e il famigerato Ddl governativo sulla Riforma del Terzo Settore arrivino in porto (son passati più di 10 giorni dall’annunciata approvazione in Consiglio dei Ministri!), i cugini francesi approvano la Legge sull’Economia sociale e solidale!!

Si tratta di una legge molto articolata (98 articoli!!)! Ma ancor più articolato è il sistema dell’Economia sociale e solidale (ESS)che ne esce tratteggiato:

1)      un Ministero per l’economia sociale e solidale[1];

2)      il Consiglio superiore dell’economia sociale e solidale (art. 4);

3)      una Camera nazionale dell’economia sociale e solidale (art. 5);

4)      le camere regionali dell’economia sociale e solidale (art.6)

5)      la previsione di apposite politiche regionali con gli enti locali (art. 7);

6)      le Conferenze regionali annuali sull’economia sociale e solidale (art.8)

7)      i poli territoriali della cooperazione economica che riuniscono le imprese dell’economia sociale e solidale nel medesimo territorio (art. 9), ecc.

Fa un certo effetto pensare che in Italia, nel 2012, abbiamo abolito l’unico organo pubblico rappresentativo di questo mondo: l’Agenzia del Terzo Settore!

Tra gli obiettivi della legge francese, la definizione del perimetro dei soggetti dell’ESS (artt 2 e 11.) che vede affiancarsi alle strutture tradizionali (associazioni, fondazioni, mutue e cooperative) anche le imprese commerciali “qui poursuivent, elles aussi, un objectif d’utilité sociale, ont instauré une gouvernance démocratique et réinvestissent la majorité des excédents de gestion dans l’entreprise” (art. 1). L’art. 4, in particolare, detta una specifica disciplina delle imprese che possono fregiarsi dell’etichetta di imprese solidali di utilità sociali e, tra queste, riconosce di diritto “les associations et fondations reconnues d’utilité publique et considérées comme recherchant une utilité sociale au sens de l’article 2 de la loi” (art. 11). Tali imprese potranno accedere agli EuSEF del Reg. UE n. 346/2013 cui viene fatto esplicito riferimento (art. 14) e agli appalti pubblici socialmente responsabili (art. 13).

Al di là dell’analisi normativa, ciò che risulta evidente è l’importanza attribuita dalla Francia a questo che non è più considerato un settore economico, quanto piuttosto un modo innovativo di fare Economia!

Del resto la stessa definizione residuale di “Terzo Settore”, in Francia , è considerata anacronistica rispetto ad una realtà che, come ricorda lo stesso Governo, ammonta a 2,4 mln di dipendenti (1 ogni 8 lavoratori privati), con un ricambio generazionale stimato intorno alle 600.000 unità fino al 2020 e con un incremento delle nuove assunzioni rispetto all’anno precedente pari al 23% (contro il 7% della media nazionale). Un settore, infine, che rappresenta il 10% del Pil francese!

E in Italia? In Italia si spera che il lavoro avviato dal Sottosegretario Bobba e dal Premier Renzi non incontri anche in questo campo quegli ostacoli che sembra incontrare il più generale processo di riforma del Paese. Ma è chiaro che di strada da percorrere ce n’è tanta, se solo si pensa all’incapacità dei mass media, e forse di larga parte dello stesso mondo del c.d. Terzo Settore, di cogliere il cuore della Riforma in cantiere e delle sue implicazioni culturali, economiche e sociali.

Ma a questo proposito e insistendo sull’apertura del post, che fine ha fatto la Riforma del Terzo Settore?


[1] Già istituito nel 2012.

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