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Salute Mentale

La Legge 180 è un bene comune: appartiene a tutti noi

Ieri è stata lanciata la campagna #180benecomune, che intende rilanciare il diritto alla salute, richiamando i contenuti della Legge 180, in un momento in cui i servizi territoriali sono in difficoltà e la politica sembra andare in una direzione diversa rispetto a quella tracciata dalle norme del 1978

di Veronica Rossi

Una statua di un cavallo blu in una via cittadina, dietro ci sono dei palloncini

«Rilanciare il diritto alla salute per tutti richiamando i contenuti della Legge 180, rimettendo in moto un impegno iniziato negli anni ’70 e in realtà mai interrotto. Impegno che avvertiamo urgente in un momento in cui le conquiste fatte, anche in termini di diritti civili e costituzionali, sono pericolosamente messe in discussione mentre si assiste a un grave arretramento nel campo della sanità pubblica e della salute mentale in particolare». È questo lo scopo della campagna #180benecomune, promossa dal Forum salute mentale – associazione che riunisce operatori, familiari, persone con esperienza di disturbi psichiatrici e cittadini interessati – e lanciata ieri alla Fattoria di Vigheffio, in provincia di Parma, luogo storico di inclusione sociale e lavorativa. Secondo Carla Ferrari Aggradi, psichiatra bresciana e presidente dell’associazione, l’impegno per la salute mentale – e per la salute in generale – riguarda tutti, senza distinzioni di colore politico.

Da dove nasce l’esigenza di questa campagna?

Nasce dai nostri incontri e dalle nostre discussioni, in seguito alla presentazione in Parlamento dei due Disegni di legge – per cui come Forum Salute mentale siamo andati all’audizione –, pensati per dare attuazione alla 180 a livello nazionale, non per cambiarla.

Perché è necessario dare attuazione alla 180?

In questi 46 anni la Legge, in seguito all’incontro con le Regioni, è stata spesso travisata, non attuata nella sua semplicità e nella sua complessità. La 180 prevedeva tutta una serie di servizi, che molto spesso non sono stati implementati. È stata data centralità al reparto ospedaliero, quando invece il punto fondamentale della norma sono i servizi territoriali di prossimità, che sorgono lì dove stanno nella quotidianità le persone che vivono un disagio. In più c’è una differenziazione tra le diverse Regioni che rischia di peggiorare gravemente con l’autonomia differenziata, mentre noi vogliamo che la Legge Basaglia sia attuata allo stesso modo in tutto il Paese. È per questo che vorremmo che la campagna coinvolga il più possibile associazioni, persone, realtà del Terzo settore e anche istituzioni. Il momento politico, sociale ed economico è molto difficile; ci sembra molto importante che ci attiviamo per la salvaguardia e il miglioramento dei servizi di salute mentale, ma anche del Servizio sanitario nazionale di cui la 180 fa parte.

In cosa consiste la campagna?

Nel coinvolgimento del maggior numero di realtà possibili, individui, collettivi, associazioni di tutti i tipi che vogliono attivarsi attorno al concetto di “bene comune”. La 180, come la 833 (La Legge che ha istituito il Ssn, ndr), sono beni comuni: appartengono a tutti noi e quindi tutti noi ci dobbiamo attivare. È questo che la campagna vuole fare: creare delle iniziative che portino a dialogare più persone possibile, diffondendo l’idea che la salute e la sanità sono di tutti, indipendentemente da qualsiasi pensiero politico. Faremo incontri online, ma anche e soprattutto di persona, per portare avanti delle progettualità che permettano di portare avanti la comunicazione sul territorio.

A conclusione della campagna, è in programma l’organizzazione di un grande evento a livello nazionale.

L’accordo tra le varie realtà è che si faccia un momento conclusivo. Ieri, durante il dibattito, è stata lanciata l’idea – su cui però bisogna discutere, perché tutti i partecipanti devono trovarsi d’accordo, il Forum non si arroga il diritto di decidere per conto suo – di trovarsi in autunno a Gorizia, che il prossimo anno sarà Capitale europea della cultura, al parco Basaglia, dov’era l’ex ospedale psichiatrico.

Avete anche stilato un decalogo, che contiene concetti importanti come “Bene comune”, “Resistenza”, “Cura”…

Sono i punti fondamentali della campagna, che vogliamo proporre a tutti gli aderenti e che si riferiscono ai contenuti della Legge 180: è una norma, certo, ma parla anche di diritti delle persone, di cura delle persone che vivono un disturbo, che non devono trovarsi sole ad affrontare delle situazioni difficili. C’è bisogno di un lavoro di gruppo, di una condivisione che raramente oggi avviene. Oggi dobbiamo recuperare una dimensione etica del nostro lavoro: non siamo solo persone che agiscono buone pratiche, dobbiamo anche curare buone relazioni, rispetto e ascolto dell’altro.

Il decalogo

  1. bene comune

Sono comuni tutti quei beni che contribuiscono a realizzare il benessere individuale e collettivo, passando anche per l’esercizio dei diritti fondamentali della persona. La 180, con i suoi principi che mettono al centro l’individuo e la sua dignità, riconoscendo diritto di cittadinanza, vi rientra a pieno titolo.

  1. i disegni di legge

Due disegni di legge come un manifesto ispirano questa campagna: 17 articoli che non modificano in alcun modo la legge 180 ma contribuiscono a indicare possibilità concrete per nuove politiche, nuove organizzazioni dei servizi e a rendere godibili i diritti affermati.

  1. la cura

Le persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale e i loro familiari pretendono la cura e finalmente la certezza di riprendersi la vita. Le conoscenze e le pratiche nate con la restituzione dei diritti hanno reso concrete queste possibilità. 

“Che la parola guarigione esiste vorremmo non ci fossero più dubbi”.

  1. le parole

Le parole che sono nate dalle pratiche quotidiane di attraversamento delle istituzioni totali sono oggi quanto mai necessarie per riconoscere le pratiche totalizzanti e la negazione della presenza preziosa dell’altro: la vicinanza, l’ascolto, la singolarità, la storia, i bisogni.

  1. la resistenza

Il patrimonio di esperienze individuali e collettive, di pratiche e di politiche, deve costituire un argine di contenimento allo svuotamento delle politiche di welfare, all’abbandono dei più fragili, al ricorso a nuove istituzionalizzazioni e discriminazioni. Per promuovere interventi sulle diseguaglianze, sulla povertà educativa, sull’emarginazione.

  1. le risorse

Il patrimonio di esperienze, di conoscenze e di buone pratiche va preservato e trasmesso alle nuove generazioni. La dimensione etica, la risorsa più importante, va ulteriormente sviluppata. Le cure, oltre ai trattamenti farmacologici e psicologici necessari, devono essere orientate all’abolizione della contenzione, della reclusione, al rispetto dei diritti. La cura, la presa in carico, deve affrontare nella banale quotidianità le condizioni di svantaggio sociale che incidono pesantemente sullo stato di salute e di benessere, sostenere le famiglie, accrescere il capitale individuale e creare un capitale sociale. 

  1. l’altro

Non possiamo perdere il senso del cambiamento. E’ accaduto qualcosa di profondo e impensabile. E’ cambiato radicalmente il nostro modo di vedere e incontrare l’altro, la nostra capacità di essere con l’altro. La chiusura di ospedali psichiatrici civili e giudiziari e la creazione di un sistema di salute mentale di comunità è il risultato della partecipazione, di un grande movimento collettivo che ha attraversato il nostro Paese.

  1. l’inclusione

La chiusura dei manicomi e la restituzione dei diritti di cittadinanza ha contaminato e attraversato tutte le aree confinanti: l’inclusione scolastica, l’abbandono degli ospedali psichiatrici giudiziari, dei brefotrofi, degli istituti, attenzione nuova e diversa alle forme di reclusione delle persone che invecchiano, modalità impensate di affrontare la disabilità.

Centottanta: nuove culture, diritti costituzionali, centralità della persona.

  1. gli operatori

Gli operatori della salute mentale, e non solo, hanno scoperto la possibilità del rapporto con l’altro. Nel fuoco dei cambiamenti sono diventati soggetti così come le persone che cominciavano ad incontrare come cittadini liberi all’interno del contratto sociale. Molti hanno sentito di appartenere al profondo processo di cambiamento che li vedeva protagonisti. La sordità del mondo accademico ha ostacolato i processi di crescita degli operatori. La formazione non ha saputo tener conto della dimensione storica che cominciava timidamente ad attraversare il campo, della singolare e unica presenza dell’altro. Non ha saputo insegnare a rapportarsi criticamente con la diagnosi. 

  1.  la rete

Forse la rete, pensare in rete, riconoscersi gli uni con gli altri, è il bene prezioso che abbiamo sperimentato con la 180. Lo sviluppo dell’extra clinico ha costruito immagini differenti e sempre nuove possibilità di cura e di inclusione. Cooperative sociali, percorsi di formazione, associazioni sportive e culturali, non potevano che nascere dalle crepe che si producevano nelle mura impenetrabili dei saperi psichiatrici messe ora alla prova da soggetti, cittadini, persone, non più malati di mente, che, come un fiume in piena, rivendicano visibilità, ascolto e la loro più certa presenza nel contratto sociale.


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