Politica

La Lega e il Romano

Salvataggio del ministro indagato per mafia, base in rivolta

di Franco Bomprezzi

Il Governo regge, con 315 voti, anche alla prova fiducia nei confronti del ministro Romano, indagato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso. Determinanti i voti compatti della Lega, che paga però nuovamente un prezzo molto alto con la base, sempre più insofferente di fronte al centralismo romano di Bossi.

“Respinta la sfiducia al ministro Romano”, titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA, che però punta, a centro testata, sull’esclusiva: la pubblicazione integrale della misteriosa lettera della Bce al Governo italiano, all’origine della manovra di agosto. Il voto parlamentare di ieri apparentemente conferma la tenuta della maggioranza, ma in realtà nasconde tensioni forti e difficoltà palesi, soprattutto della Lega. Già Aldo Cazzullo, in prima, scrive nell’editoriale “Il Paese guarda, attonito”: “Le sentenze spettano solo alla magistratura. Non ai giornali. Ma neppure al Parlamento. Il Parlamento è chiamato a escludere che un eletto di cui si chiede l’arresto sia vittima di una persecuzione; o a dare una valutazione politica sull’opportunità che un ministro di un dicastero importante resti al suo posto, nonostante sia indagato per mafia. Il paragone con gli anni tra il ’92 e il ’94 non regge. I casi di Papa, di Milanese, di Romano non sono storie di ingranaggi della macchina del finanziamento illecito ai partiti: una macchina perversa, che però implicava una responsabilità collettiva, di sistema. Qui siamo di fronte a parlamentari accusati di ricevere regali costosi, auto di lusso, yacht in cambio di informazioni su inchieste giudiziarie o posti nei consigli d’amministrazione di aziende pubbliche; e a un ministro su cui incombono accuse che potrebbero rivelarsi anche più gravi di quelle che hanno condotto in carcere il suo ex compagno di partito Totò Cuffaro. Il garantismo impone di considerarli innocenti sino alla sentenza definitiva; l’opportunità politica e il principio di uguaglianza di fronte alla legge consigliano invece un passo indietro, sollecitato in passato dallo stesso presidente della Repubblica, nel caso infelice di Brancher, ministro per poche ore. Qui invece siamo al paradosso per cui Tremonti finisce imputato nel suo stesso partito non per avere mal riposto la fiducia nell’ex braccio destro, ma per non aver contribuito a «salvarlo»”. A pagina 8 la cronaca di ieri. Scrive Monica Guerzoni: “La sfiducia presentata da «Franceschini e altri» contro il ministro dell’Agricoltura è stata respinta con 315 voti. Mentre la minoranza si è fermata a 294: assenti Commercio e Lo Monte dell’Mpa, il finiano Tremaglia e la democratica Marianna Madia che ha partorito da due giorni. A nulla è valso il soccorso alle opposizioni del repubblicano Francesco Nucara, né il non-voto dell’ex finiano Antonio Buonfiglio (Pdl) e dell’ex amico di Romano, Calogero Mannino. Sei gli assenti del Pdl, tra cui Angeli, Armosino e Versace. Cristaldi, e Franzoso sono malati, Papa è in carcere. Ma la Lega mantiene i patti e contribuisce a salvare il ministro siciliano, imputato per associazione di stampo mafioso. La maggioranza regge, anzi si rafforza. Tanto che Berlusconi, conteggiando gli assenti, vede l’agognata «quota 325». E persino l’ex ministro Claudio Scajola esce esultando: «L’abbiamo sfangata»”. E così conclude: “ Per Di Pietro, che sventola un manifestino contro la «Lega Poltrona», aver salvato dalle dimissioni l’ex centrista è «un attentato alla Costituzione». In Aula si è visto (e sentito) di tutto. I finiani che alzano cartelli «Alla faccia della LEGAlità». I deputati del Pdl che gridano «traditore!» a Casini. Il leghista Fogliato che si lancia in una dichiarazione di voto teatrale, in cui parla solo di agricoltura tra i lazzi e gli strali delle opposizioni. Una seduta tanto «surriscaldata» che Casini invita a stendere un «velo pietoso». E il presidente Gianfranco Fini cala il sipario: «È iniziata la campagna elettorale»”. Incidente politico nelle file dell’opposizione: i radicali non votano, e il Pd oggi valuterà addirittura l’ipotesi di espulsione dal gruppo parlamentare. E mentre Berlusconi, soddisfatto per l’esito del voto, rilancia addirittura l’ipotesi di una commissione d’inchiesta sull’operato della magistratura, a pagina 11 il CORRIERE registra la strana situazione della Lega: “Bossi, stop sulle pensioni. «Non tocco i poveracci». E ai vescovi: dite messa”. Così conclude Marco Cremonesi: “E intanto, il Carroccio fa quadrato. Le difficoltà con la base, che traboccano dai forum politici come dalle interviste dei media, impongono al movimento di serrare i ranghi. Nessuno, ai piani alti del movimento, si illude: il voto che ha confermato la fiducia al ministro Saverio Romano a molti militanti non è piaciuto affatto. E certo non hanno aiutato le ironie di molti esponenti delle opposizioni riguardo al presunto «scambio» tra il salvataggio di Romano e il siluramento del leghista Dario Fruscio, che fino al giugno scorso si ostinava a voler far pagare le multe agli agricoltori che hanno sforato la produzione segnata. E così, ieri Roberto Maroni e il capogruppo Marco Reguzzoni sono stati visti discutere a lungo: qualcuno ieri già parlava del «patto di Montecitorio». Una non belligeranza in nome di Umberto Bossi e del partito”. Il CORRIERE  pubblica anche una lettera molto accorata del sindaco leghista di Macherio, Giancarlo Porta, che si dice “deluso e tradito dai miei”. Ecco che cosa pensa: “Ho anch’io i miei sospetti sui mille interessi della Lega, ma ormai la tenaglia probabilmente ricattatrice del premier ci sta portando alla deriva, sia come Italia che come Lega. Mi prende una profonda tristezza nel vedere traditi i miei ideali di onestà, rettitudine e coerenza di idee, tristezza che sconfina in grande delusione”. E una circolare interna della Lega, commentata da Marco Cremonesi, mette il bavaglio ai sindaci riottosi, e si ipotizza perfino l’espulsione del popolare sindaco di Verona, Tosi.

Per la sua apertura LA REPUBBLICA sceglie un passaggio dell’esternazione del premier: “Berlusconi: inchiesta sui magistrati” richiamando nel sommario: “Salvo il ministro accusato di mafia. Scontro su Bankitalia, slitta la nomina”. Forte, si fa per dire, del voto in Aula che ha salvato Romano (315 contro 294), Berlusconi ha rilanciato l’idea di fare una commissione d’inchiesta sulla magistratura. Mentre nella base leghista è rivolta: va bene che Bossi avrebbe patteggiato con il premier uno scambio (salviamo Romano, tu non tocchi le pensioni), ma ogni limite ha la sua pazienza come diceva Totò. E per rendersene conto basta sintonizzarsi su Radio Padania: «mai più il nostro voto», «salvare quel ministro è una bestemmia», «vi disprezziamo». Di contro però in aula tutti i deputati leghisti erano presenti e hanno votato come si doveva… Ieri tra un voto e l’altro, il Senatur ha trovato il tempo per farsi sentire o meglio fotografare con il dito medio alzato dopo aver sibilato un «Meglio Grilli, perché è milanese».

La “vittoria” della maggioranza sulla sfiducia al ministro Saverio Romano va in prima  su IL GIORNALE (“Pm e sinistra silurati” ma i salvatori, nella maggioranza e nell’opposizione (Radicali e Lega) vanno alle pagine interne. Le parole del Carroccio vanno a pagina 3, nel taglio basso: “Bossi «in Italia i magistrati sono i primi a fare casino». Un ministro delle Riforme che in occasione del voto contro Romano parla un po’ di tutto, sulla durata del governo (“Speriamo di durare fino al 2013, abbiamo iniziato a ragionare per cercare di risolvere i problemi”) e sui possibili avversari nella corsa alla ripresa, Conferenza Episcopale e a Confindustria. Un appello a svegliarsi agli industriali («Devono svegliarsi farsi vanti perché non basta metterci i soldi, servono le idee») e richiamo “ruvido” alla Cei «I vescovi dovrebbero dire qualche messa in più». Ma sul malcontento della base leghista nulla.

“L’agro Romano” è il titolo di apertura del MANIFESTO che dedica al voto di ieri anche due richiami, uno dei quali dedicato ai “malumori padani sulla «doppia» Lega”. “La Camera dei deputati respinge la sfiducia con 315 voti e salva il ministro Romano, indagato per mafia. Berlusconi esulta: «Abbiamo una maggioranza qualificata per completare la legislatura». Nel centrosinistra esplode il caso Radicali, che non votano e urlano «amnistia». Il Pd pensa all’espulsione”, riassume il sommario che rinvia alle pagine 2 e 3 che si aprono con il titolo “Un voto d’onore salva l’onorevole” e un eloquente sommario: “Patto rispettato e messaggi incrociati alla camera. Saverio Romano difende se stesso e la famiglia, il Pdl ricorda i favori, Di Pietro denuncia i quaquaraquà e la Lega parla d’altro. Ma la tensione esplode in aula”  mentre all’interno dell’articolo un altro sommarietto sottolinea: “ Il ministro lasciato solo dai colleghi dell’esecutivo lancia avvertimenti all’Udc e litiga col suo difensore”. Forte anche l’attacco dell’articolo: «Non dicono, alludono. Per mantenere al governo Saverio Romano nonostante le accuse di concorso in associazione mafiosa la camera si trasforma nel set di un film di picciotti (…)». Nella pagina accanto, la 3, l’apertura è sullo “Sprofondo Nord” con il titolo “La Lega sta con l’alleato Romano”. Nell’articolo si osserva che se da un lato la Lega non aveva nessuna intenzione di rompere l’asse con il Pdl dall’altro «lassù al nord sono guai per la Lega.  E il senatur lo sa (…)» E in aula si osserva che «I deputati padani sono un obiettivo fin troppo facile. Non mancano fischi e prese in giro (…)» E si conclude osservando che il motivo politico fondamentale dell’atteggiamento leghista sia «(…) salvare Berlusconi. Lo ha spiegato nei giorni scorsi il maroniano Flavio Tosi. Il sindaco di Verona ha dato voce a quell’area leghista che cerca di smarcarsi dall’asse Bossi – Berlusconi fino al punto di immaginare un nuovo presidente del consiglio. Tosi ha ammesso che Berlusconi dovrebbe fare un passo indietro, ma ha anche detto che in questo momento di crisi economica “non si può aprire una crisi politica al buio”. Insomma i tempi, e l’occasione sarebbero essenziali. Ammesso che il destino dei leghisti non sia ormai legato a doppio filo a quello del Cavaliere. E che il destino delle opposizioni non sia quello di stare sempre ad aspettare la spallata della Lega».

IL SOLE 24 ORE dedica richiamo in prima e pezzo di cronaca nelle pagine interne al caso Romano, che sottolinea ancora una volta la centralità del ruolo della Lega: «A tenere è ancora la Lega che ieri ha votato compatta e senza alcuna assenza. Umberto Bossi è arrivato al momento del voto prendendo posto proprio accanto al ministro dell’Agricoltura Romano e uscendo ha detto parole in tono con il premier: «Voto normale. I primi a far casino sono i magistrati che prima dicono no al rinvio a giudizio e poi vogliono far ripartire il processo». Sulla rete si scatenano le proteste e gli sfoghi dei militanti («non vi voto più») mentre in Aula l’intervento del leghista Sebastiano Fogliato elenca lungamente le tematiche di interesse del Carroccio: si va dal vino al formaggio, dalla pac agli animali clonati. Alla fine scoppia la bagarre con i deputati di Fli che espongono cartelli “Alla faccia della LEGA-lità” scatenando le urla dei padani. Ed è andato dritto sulla Lega pure Antonio Di Pietro: «Io chiedo a Maroni come farà a dare un voto di fiducia al ministro Romano. Vorrei sapere perché ciò che vale per i consigli comunali, obbligati a sciogliersi per sospetti di infiltrazioni mafiose, non valga per il consiglio dei ministri». E alla fine l’ex Pm mostra ai cronisti una vignetta nella quale campeggia una poltrona color verde-padania».

Marco Bertoncini su ITALIA OGGI offre una lettura dei comportamenti dei leghisti dietro le quinte. «I leghisti sono restii a qualsiasi esternazione delle proprie divergenze» si legge nel pezzo “Lega sempre più simile al Pci”. «Il modello, per la Lega, sembra essere quello dell’Urss, in cui tutto andava magnificamente fin quando non si prospettava un cambio della guardia, ben inteso causato da dimissioni “spontanee dei licenziati». Morale della favola: Il partito è dilaniato dalle polemiche interne ma all’esterno il Senatur non si discute. 

Parla di «clima surreale» in Parlamento, AVVENIRE, mettendo la notizia sulla fiducia al ministro Romano nel sommario del titolo di apertura di prima pagina, che invece è sul “Caos Bankitalia”. «Una seduta surreale» scrive la testata cattolica a pagina 9, «segno di quella politica liquida, come la definisce per l’Udc Ferdinando Adornato, che ha già convinto da giorni il partito di Casini a votare, ancora una volta, contro». E Avvenire segnala, anche nel caso del nuovo governatore di Bankitalia, la convergenza di Pd e Udc, che in una nota congiunta hanno espresso il proprio sconcerto accusando il governo, in mezzo alla crisi, di continuare «a tenere in bilico il Paese per mere esigenze personali o di equilibri interni». AVVENIRE evidenzia anche il “caso radicali” all’interno del Pd: i sei deputati iscritti al gruppo hanno a sorpresa disertato la votazione sulla sfiducia scandendo in aula la parola «amnistia», intendendo dimostrare contro il mancato accoglimento di una loro mozione sull’amnistia in Senato. Ne è seguita la condanna del capogruppo Franceschini e del presidente del partito Rosy Bindi, che ha definito «inqualificabile» il comportamento dei radicali e ha annunciato che il partito ne trarrà delle conseguenze.

Sull’effetto “Romano”, Saverio per gli amici, LA STAMPA dedica l’editoriale di Michele Brambilla e due pagine interne la 12 e la 13. «Il Paese rischia il fallimento – scrive laconico l’editorialista – gli imprenditori non ce la fanno a tirare avanti (ieri hanno contestato il ministro Matteoli) e i lavoratori non ce la fanno a tirare la fine del mese. Ma nel governo si riesce perfino a litigare sul nome del nuovo governatore della Banca d’Italia, che a quanto pare deve essere scelto in base al luogo di nascita. Insomma noi siamo preoccupati. E chi ci governa che fa? Un po’ litiga, un po’ si abbraccia e un po’ ci mostra il medio. Forse pensando di essere in sintonia con il Paese».  Carlo Bertini a pagina 12 ci offre la cronaca dell’accaduto e non nasconde l’imbarazzo leghista: «è un successo martoriato dall’imbarazzo della Lega, con Bossi che dice “i magistrati sono primi a fare casino” e Maroni che sfila sotto la presidenza per il suo no alla mozione, salutato da un grido isolato “vergogna!”. Ma attaccato poco prima frontalmente da Di Pietro». A sottolineare il disagio del mondo celodurista presente in Parlamento ci pensa Mattia Feltri nel suo “Miracolato ma nel gelo tutti gli siedono lontano” con qualche spennellata d’ambiente: «… quelli di Futuro e libertà (con il poster di Vauro per Il Fatto, il «Pornostato» di Patonza da Volpedo squadernato sui banchi) hanno esposto un cartello dalle intenzioni di molto superiori all’effetto («A proposito di Lega-lità», coi leghisti che rispondevano in coro rivolti a Italo Bocchino: «Be-gan! Be-gan!») e Fini faceva quello che cascava dal pero, «onorevoli colleghi… vi prego… riponete… non obbligatemi…». E siccome è tutto un teatro, anche l’interpretazione del leghista Fogliato aveva una sua verità: Romano lo si vota, non lo si difende, si parla di barbabietola da zucchero». 

E inoltre sui giornali di oggi:

NAZISMI
LA REPUBBLICA – “«Facciamola finita con gli zingari» La guerra ai rom incendia l’Est Europa” Andrea Tarquini descrive il neo-nazismo in alcuni paesi dell’Est. In Bulgaria i giovani si danno appuntamento su Facebook al grido «facciamola finita con gli zingari», dalla repubblica ceca, i neonazisti corrono a dar loro manforte; in Ungheria il lavoro utile è in pratica riservato ai rom; in Slovacchia sognano di sterilizzare le donne della minoranza. La novità è che però i rom non ci stanno a prendere botte ovunque: formano bande, reagiscono, viaggiano armati di machete.

OSPEDALI
LA REPUBBLICA – “Dalla pasta ai corsi di ballo per salvare gli ospedali in corsia arriva la pubblicità”. La legge ha autorizzato le Asl ad affittare spazi fuori delle aree destinate alla cura dei pazienti e loro ovviamente cercano di ricavare utili da questa opportunità. Succede al San Raffaele di Milano, all’ospedale Maggiore di Bologna, a Roma, Livorno, Savona, Firenze… Tra le sponsorizzazioni c’è di tutto: il servizio spazzacamino, le arance di Sicilia, un’azienda agricola, mister cucito, l’acqua minerale e la telefonia.

SCUOLA
AVVENIRE – “Allarme dalle paritarie: senza fondi è finita”. Le sigle della scuola paritaria lanciano l’allarme: non possono più permettersi un nuovo anno di traversie per il recupero e l’erogazione dei fondi statali. Questa volta lo fanno in qualità di Gruppo di lavoro per la parità, istituito nel 2009 dallo stesso ministro per l’istruzione Gelmini per indicare i punti critici nell’applicazione della legge 62/2000, quella sulla parità scolastica. Lo stanziamento previsto per i prossimi due anni – hanno scritto le associazioni in una lettera al governo – comporterebbe di fatto una riduzione del 45% delle risorse.

NUCLEARE
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina e articolo a pagina 7, nella parte bassa della pagina per la Svizzera che dice addio al nucleare “La Svizzera conferma l’addio al nucleare” titola l’articolo a pagina 7, mentre il sommario sottolinea “Stop alla costruzione di nuove centrali, si punta alle energie rinnovabili. Apertura «controversa» sulla ricerca atomica”, infatti nell’articolo si sottolinea che sono state «Rigettate invece le mozioni approvate dal Consiglio nazionale che imponevano di abbandonare anche la ricerca sull’atomo e sulle nuove tecnologie nucleari (…)» clausola che viene apprezzata dalla Confindustria elvetica e che invece viene giudicata contraddittoria da Verdi e sinistra. L’articolo si conclude presentando l’iter del provvedimento nei prossimi mesi ricordando che «Il popolo, comunque, grazie allo strumento più usato nella democrazia elvetica, avrà l’ultima parola con un eventuale referendum».

TOBIN TAX
IL SOLE 24 ORE – “Barroso: l’Europa avrà la Tobin tax”: «In un discorso sullo Stato dell’Unione dai toni accorati, giunto mentre è accusato da molti deputati di essere al soldo dei Governi, Barroso ha voluto presentare alcune proposte concrete pur di dare un senso al suo appello in un momento drammatico per il futuro della zona euro. Prima di tutto ha confermato la proposta di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie. L’obiettivo è di imporre un’imposta sull’85% delle transazioni effettuate sui mercati finanziari. Saranno esclusi i contratti sul mercato primario. Non è la prima volta che l’esecutivo comunitario si lancia in questa direzione: una proposta simile si è arenata nel 2010. Ieri Londra ha già espresso la sua opposizione.

PARMA
CORRIERE DELLA SERA – E’ arrivata al capolinea l’amministrazione comunale di Parma, il sindaco Vignali (Pdl) si è dimesso. Due pagine dedicate dal CORRIERE al caso Parma, 22 e 23. Commenta Dario Di Vico: “Vignali, professione commercialista, ha una gravissima responsabilità: ha contribuito a montare a Parma il prototipo della macchina dei debiti grazie a una costellazione di società miste pubblico-private che hanno agito in outsourcing e al di fuori dei normali controlli che passano per il ministero degli Interni. I Comuni notoriamente non si possono indebitare a causa del patto di stabilità interno, ma le società miste sì. Il magheggio è tutto qui. Così Parma si troverà a far fronte a un debito-monstre che innanzitutto occorrerà quantificare con precisione. Le opposizioni parlano di oltre 600 milioni, il sindaco sosteneva in agosto che fossero «soltanto» 408. I cittadini hanno diritto a sapere la verità. Le dimissioni del primo cittadino sono quindi solo il primo atto di un’operazione-trasparenza che va portata a termine in tempi brevi e che vale non solo per la città ducale”. 

ISLAM
IL GIORNALE – “La rivista del terrore che insegna a uccidere i nemici dell’Islam”, articolo su “Inspire” la presunta rivista edita da Al Qaeda che ispirerebbe a uccidere i “nemici dell’Islam”.

UNICEF
LA STAMPA – “L’appello dell’Unicef “Possiamo salvare 7,6 milioni di bambini””. Con questo titolo, a pagina 18, il quotidiano di Torino rilancia la campagna dell’organizzazione delle Nazioni Unite “Vogliamo zero” per la  sensibilizzazione e  raccolta fondi per la lotta contro la mortalità infantile. 

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