Sostenibilità

La lana per salvare il mare

Il progetto Woolres, acronimo che sta per Wool Recycles Eco System, consiste in un kit di macchinari con cui attrezzare una nave per recuperare il petrolio sversato in mare utilizzando quella parte della produzione di lana difficile da vendere

di Monica Straniero

La lana cosiddetta sucida, cioè quella appena tosata e non ancora lavata è in grado di assorbire il petrolio disperso in mare. Nel corso del tempo le maree nere causate da incidenti a petroliere o a piattaforme petrolifere hanno causato infatti enormi disastri ambientali in tutto il mondo, i cui effetti sull’ecosistema purtroppo perdurano nel tempo. Sono passati cinque anni da quando la piattaforma petrolifera di proprietà della British Petroleum (Bp), esplose durante la realizzazione di un pozzo a 1.500 metri di profondità nelle acque del Golfo del Messico. L’incidente provocò il riversamento in mare di circa 780 milioni di litri di petrolio. La fuoriuscita continuò fino al 15 luglio 2010, quando la perdita venne arrestata. Ma ci vorranno anni o persino decenni prima di conoscere il reale impatto ambientale.

Così è nato il progetto Woolres, acronimo che sta per Wool Recycles Eco System. Un kit di macchinari con cui attrezzare una nave per recuperare il petrolio sversato in mare utilizzando la lana grezza, quella che gli allevatori hanno difficoltà a smaltire una volta tosati gli animali perché non è abbastanza fine per confezionare filati e tessuti di pregi. La lana appena tosata è infatti ricca di lanolina e altre impurità vegetali e minerali che la rendono estremamente coesa e idrorepellente ma lipofila, cioè in grado di assorbire i grassi, e quindi molecole di petrolio, in quantità 10 volte superiore al proprio peso.

«Un classico uovo di colombo, a basso costo e completamente ecologica», affermano gli ideatori del progetto, Luciano Donatelli, imprenditore ed ex presidente dell’Unione industriale biellese, Mario Rossetti, direttore Associazione Tessile e Salute di Biella ed infine Mario Ploneri, amministratore Delegato di Tecnomeccanica Biellese. Secondo gli inventori del progetto, il sistema sarebbe in grado di recuperare con 10 tonnellate di lana sucida ben 950 tonnellate di petrolio, pari a 6.350 barili. Questo perché la stessa lana può essere impiegata per almeno una decina di volte, mentre il petrolio così raccolto è poi direttamente processabile in una qualsiasi raffineria,

Un’alternativa ecologica rispetto all’attuale sistema, far depositare il greggio sul fondale mediante l'aggiunta di additivi chimici. Nel disastro disastro causato da BP, il solvente usato per sciogliere il petrolio ha seminato una vera e propria zuppa rossa tossica nei fondali, ancora più velenosa di quella di partenza.

Ma non è tutto. L’utilizzo della lana sucida permette anche di riciclare un sottoprodotto che in base alla normativa europea, rappresenta un “rifiuto speciale” con dei costi di smaltimento molto elevati per gli allevatori che tendono così ad abbandonarla nei campi o nelle discariche.

Il progetto Woolres che ha ottenuto un finanziamento dell’UE e della Regione Piemonte ed è pronta per essere venduta nel mondo, è un ottimo esempio di riqualificazione ambientale delle produzioni tessili che in Italia, a causa delle crisi, hanno registrato un forte calo. Lo sa bene il lanificio Reda, nel distretto biellese, che tre anni fa ha dato vita a una linea di abbigliamento sportivo in lana merino, completamente oil free.

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