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La guerra sporca alle Farc ora prende di mira i pacifisti

di Paolo Manzo

San José de Apartadó. Segnatevi questo nome se volete capire uno dei conflitti più sanguinosi che sta proseguendo da anni, quello colombiano, nell’indifferenza totale (o quasi) dei mass media internazionali. Oltre due milioni di sfollati interni ? una cifra record dal momento che forse solo il Sudan ne ha di più ? decine di migliaia di morti ammazzati e, sullo sfondo, la tragedia di intere regioni, strette da una morsa mortifera. Da un lato i paramilitari, dall’altro i guerriglieri delle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia e ? in teoria come attore super partes ? un esercito che invece troppo spesso si è macchiato di crimini brutali, passati sotto il tristemente nome di falsos positivos. In buona sostanza le forze armate colombiane nel portare avanti la “lotta al terrorismo” hanno ucciso, per anni e anni nella più totale impunità, contadini e persone che nulla avevano a che vedere con i guerriglieri, per poi inserire nei loro rapporti che, invece, si trattava di terroristi delle Farc.
A San José de Apartadó, un comune del dipartimento di Antioquia nella zona settentrionale della Colombia, questa guerra sporca la popolazione l’ha vissuta sulla propia pelle. E non solo per il tristemente celebre “massacro di San José de Apartadó”, dove nel 2005 un commando dell’esercito e di paramilitari ha sterminato a freddo un’intera famiglia di otto persone, ma anche per gli oltre 170 tra morti e desaparecidos che, tra il 1997 e il 2011, hanno sconvolto la comunità di San José. Ultimamente, grazie alla formazione di un Comitato di Pace, le cose sembravano andare meglio ma, a pochi giorni dalle celebrazioni del massacro del 2005, a inizio febbraio, uno dei membri più in vista della comunità, da sempre in prima linea nel tentativo di ricucire un dialogo di pace, è stato assassinato da uno squadrone della morte. Amnesty International ha lanciato un appello affinché la comunità internazionale si mobiliti. Sarebbe ora.

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